GERMAN ANGST [SubITA] 🇩🇪

Titolo originale: German Angst
Nazionalità: Germania
Anno: 2015
Genere: Drammatico, Fantastico, Horror
Durata: 112 min.
Regia: Jörg Buttgereit, Michal Kosakowski, Andreas Marschall

Angosce (ri)evocate
Tre inquietanti storie sullo sfondo della Berlino contemporanea: una ragazza, che vive in un appartamento col suo porcellino d’India, infligge sevizie e mutilazioni a un prigioniero legato al suo letto; una coppia di giovani sordomuti, sorpresa e aggredita da un gruppo di naziskin, trova un’insperata arma in un amuleto proveniente da un lontano passato; un uomo, dopo la rottura con la sua compagna, conosce un’inquietante ragazza, che lo porta in un esclusivo club i cui membri sperimentano inedite forme di piacere…

In un Fantafestival che anche quest’anno (come succede ormai da qualche edizione) ha giocato le sue carte migliori nel campo del nostrano cinema horror indipendente, tra le visioni più stimolanti a non parlare italiano si è annoverato questo German Angst, horror a di produzione tedesca. Un film, quello prodotto da Michal Kosakowski, che recupera una tradizione di vecchia data del cinema del terrore, quella del collage di microstorie indipendenti tra loro, declinandola in un’opera che ambisce a racchiudere il passato, il presente e (forse) il futuro dell’horror tedesco. Tre registi (Jörg Buttgereit, Andreas Marschall e lo stesso Kosakowski) che incarnano un po’ lo stato dell’arte del genere in terra tedesca, in una società sospesa tra la vertigine di una potenza più evocata che reale, e la consapevolezza della propria sostanziale fragilità; tra i fantasmi mai sopiti di orrori recenti e non, e la sempre frustrata volontà di trasformazione. Ossessioni e contraddizioni ben presenti nei tre episodi diretti (rispettivamente) da Buttgereit, Kosakowski e Marschall, per tre storie di orrori urbani evocativi quanto calati nella contemporaneità.

È un percorso in crescendo, quello di German Angst, sia sul piano del narrativo che qualitativamente. Se Final Girl, segmento diretto da Buttgereit (nome noto soprattutto per i due Nekromantik, diretti tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ‘90) è affascinante quanto involuto, espressione di una crudeltà dalla consistenza criptica, la ferocia di Make a Wish di Kosakowski (regista messosi in luce col documentario Zero Killed) spazza via le ambiguità tematiche ed estetiche dell’episodio precedente, con un teorema in chiave fantastica sul Male e sulla sua riproduzione; mentre Alraune di Marshall, visivamente l’episodio più elegante e articolato, sposta solo apparentemente le ossessioni del film sul piano metafisico, conferendovi tuttavia una carnalità del tutto tangibile. Laddove Buttgereit gioca sulla suggestione e lo straniamento, sulla ricerca (a nostro avviso, a tratti, troppo marcata) della collaborazione spettatoriale nel decifrare istanze e ragioni d’essere della storia, Kosakowski traccia un lucido parallelo tra gli orrori del passato recente e quelli del presente, utilizzando un pretesto fantastico (l’amuleto) per giocare sul rovesciamento dei ruoli vittima/carnefice, e riflettere sull’onnipresenza del male; mentre Marshall mette in campo tutta la sua capacità visionaria per raccontare una variante contemporanea, visivamente elaboratissima, del vecchio motivo del patto col diavolo.

Visto nel suo complesso, German Angst soffre un po’ della mancata armonia di atmosfere che affligge molti prodotti analoghi: i legami tra i tre segmenti (esplicitati in poche, sgranate immagini in 8mm, a ritrarre esterni e monumenti berlinesi) risiedono in un generico sguardo su pulsioni e ossessioni di questo scorcio di secolo, con un occhio privilegiato, ma in fondo non esclusivo, sulla realtà tedesca urbana. Se il passo dei tre episodi sembra seguire un percorso in crescendo, lo stacco di atmosfere tra un segmento e l’altro è marcato e avvertibile, non cancellando l’impressione di un assemblaggio ben poco meditato e ricercato. Il recupero di arcaiche suggestioni del film di Marshall, in particolare, la sua costruzione visiva ancora una volta debitrice del cinema di Dario Argento (con digressioni tematiche che rimandano all’Eyes Wide Shut kubrickiano) mal si legano alla crudeltà sanguigna, cinicamente esplicita, del segmento di Kosakowski; o a quella quasi lisergica dell’episodio di Buttgereit. Il filo conduttore va ritrovato, più che in analogie esplicite, nel setting contemporaneo così caratterizzante, nonché nelle ipnotiche tonalità del commento musicale, articolato su un suggestivo tema portante.

Guarda anche  CRONOS [SubITA]

La durata complessiva del film, e la sostanziale compattezza interna dei tre segmenti, permettono comunque di apprezzare la lucidità dei tre registi nel dare forma, consistenza e coerenza narrativa alle rispettive storie, mettendo in immagini (in modi comunque mai banali) le inquietudini alla loro base. A ciò, vanno unite prove attoriali nel loro complesso di buon livello, tra le quali segnaleremmo almeno l’inquietante Lola Gave, killer dalle fattezze angeliche dell’episodio di Buttgereit, e l’obliqua, efficace Désirée Giorgetti (già vista, sempre in questa edizione del Fantafestival, in The Blind King di Raffaele Picchio), co-protagonista del segmento di Marschall.

Recensione: quinlan.it

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By Anam

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