EMBODIMENT OF EVIL (SubITA)

Titolo originale: Encarnação do Demônio
Paese di produzione: Brasile
Anno: 2008
Durata: 94 min.
Genere: Horror
Regia:

Encarnação do demonio è il titolo con cui nel 2008 José Mojica Marins torna a interpretare il ruolo del becchino satanico Zé do Caixão chiudendo dopo quarant’anni la trilogia aperta con A mezzanotte possiederò la tua anima e Esta Noite Encarnarei no Teu Cadáver. Un lavoro livido, amarissimo, che riflette sul conflitto tra Assoluto e Male Contemporaneo, o Quotidiano, e nella sua folle postura da telenovela horror riecheggia i canti maldororiani di Lautréamont. Visto, e incompreso, alla Mostra di Venezia 2008.

O Estranho Mundo de Zé do Caixão

Dopo essere rilasciato dal reparto psichiatrico della prigione, Zé do Caixão viene accolto al cancello dal suo vecchio e fedele servitore Bruno, che lo porta in un seminterrato appartato sotto una favela di San Paolo. Oltre a Bruno, il nascondiglio è popolato da quattro fanatici che sono ossessionati dalla storia e dalle idee di Zé do Caixão, e hanno aspettato e preparato il suo arrivo per poterlo servire fedelmente. Dopo aver messo in dubbio le loro motivazioni e messo alla prova la loro lealtà, Zé do Caixão ordina immediatamente ai seguaci di iniziare a rapire donne in modo da poter rinnovare la sua ricerca omicida per “la continuazione del sangue”, la sua ossessione di tutta la vita, vale a dire trovare chi ritiene essere una donna perfetta che sarà in grado di dargli un figlio. [sinossi]

Sono passati quasi quattro anni da quando José Mojica Marins è morto, colpito da una broncopolmonite, e nessuno sembra già serbare alcuna memoria del ruolo di primaria importanza che svolse nello sviluppo dell’horror brasiliano e internazionale. Nulla di così bizzarro, sia chiaro, o sorprendente: la cinefilia anno dopo anno si è fatta sempre più strettamente contemporanea, abbandonando al proprio destino tutto ciò che anagraficamente era costretto a “restare indietro”. In un’epoca di testi immateriali, memorie immateriali, ed elaborazioni immateriali la carnale essenza del regista e attore brasiliano e della figura leggendaria che creò – il folle e omicida becchino Zé do Caixão, che nel mondo anglosassone conoscono come Joe Coffin – appare come una reliquia del passato, magari anche goffa o perfino amatoriale per gli standard attuali. Un’impressione che in molti, troppi, ricavarono già quindici anni fa, nel 2008, quando alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ci si imbatté in Encarnação do demonio, il glorioso ritorno in scena di Zé do Caixão. Marco Müller, all’epoca direttore della kermesse lagunare, inserì il film fuori dalle competizioni in un’edizione che vedeva insieme a lui nomi come quelli di Agnès Varda (Les Plages d’Agnès), Claire Denis (35 rhums), Abbas Kiarostami (Shirin), e Joel ed Ethan Coen (Burn After Reading). La proiezione stampa di Encarnação do demonio fu un calvario, tra accreditati che uscivano dalla sala, altri che ridacchiavano di fronte a ogni apparizione in scena del personaggio, e sbuffi di insoddisfazione da parte della platea. Si rise di Encarnação do demonio, lo si derubricò a “scherzo”, lo si accolse solo come un gioco per sollazzare gli appassionati del genere. Ovviamente tutto ciò impedì di comprendere davvero il film di Mojica Marins, il suo senso, e il suo valore finanche politico.

Qualche anno prima di morire fu lo stesso regista a raccontare per filo e per segno il modo in cui ideò il personaggio di Zé do Caixão: «Una sera tornai a casa molto stanco, e cenai. Dopo aver mangiato ero un po’ assonnato, a metà tra il sonno e la veglia, ed è allora che è successo tutto: ho visto in sogno una figura che mi trascinava in un cimitero. Ben presto mi lasciò davanti a una lapide sulla quale erano impresse due date, quelle della mia nascita e della mia morte. La gente a casa era piuttosto spaventata, pensavano anche di rivolgersi a uno sciamano perché ritenevano che avessi il diavolo in corpo. Mi sono svegliato urlando e in quel momento ho deciso che avrei fatto un film diverso da qualsiasi cosa avessi mai fatto. In quel momento nasceva il personaggio che sarebbe diventato una leggenda: Zé do Caixão. Il personaggio ha cominciato a prendere forma nella mia mente e nella mia vita. Il cimitero mi ha fornito il nome; completavano l’outfit di Zé la mantellina nera tipica della macumba e il cappello a cilindro, che era il simbolo di una marca di sigarette abbastanza diffuse. Avrebbe fatto il becchino». La totale amoralità del personaggio di Zé do Caixão, oltre alla macabra atmosfera di cui erano impregnati i film di Mojica Marins, spinsero la dittatura militare fascista brasiliana a censurarlo, a renderlo invisibile, a proibirne la proiezione. Quando in Encarnação do demonio vengono riprese le sequenze dei due precedenti film con protagonista il becchino più sadico mai esistito (vale a dire A mezzanotte possiederò la tua anima e Esta Noite Encarnarei no Teu Cadáver, rispettivamente del 1964 e del 1967) non si tratta solo di permettere narrativamente di riallacciarsi al passato vecchio oramai di quarant’anni, né di creare un testo metacinematografico che annulli l’incedere inesorabile del tempo, ma soprattutto di rivendicare un motivo politico di sé, del proprio cinema, un atto di resistenza contro un mondo – sociale, e dell’immaginario – che lo aveva messo all’angolo.

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Pur inguainato in una postura che mescola l’immaginario della telenovela a ferali echi dei canti maldororiani di Lautréamont, il film di José Mojica Marins è una mesta riflessione sul conflitto tra il Assoluto e l’ordinarietà del male: da un lato Josefel Zanatas – questo il nome alla nascita di Zé do Caixão –, che ancora persegue il suo obiettivo, quello di avere un figlio dalla donna perfetta, da cercare con grande attenzione, rapire, e inseminare; dall’altro il mondo moderno, con i bambini che si fanno di crac, un lordume diffuso, un sistema giudiziario che mette in prigione per quarant’anni un pazzo e poi lo lascia uscire solo perché è così vittima della propria burocrazia da non poter neanche gestire un corpo davvero anarchico, e dunque eversivo. Zé è l’eroe e il demone, il creatore e il perverso omicida, colui che supera i vetusti grigiori del reale per accedere al soprannaturale, al visionario, all’eccesso che produce sangue, sperma. Vita. Opera quasi sperimentale nelle sue parti strettamente incubali, Encarnação do demonio fu il colpo di coda poderoso, e a suo modo amarissimo, di un cineasta prezioso; l’epoca del cinema antropofago è finita, ma uno spettro si aggira ancora per le lande dell’orrore, e non ha timore di apparire ridicolo, perché sa che falangi di neofiti non potranno resistere all’abisso di senso del  in cui sa sprofondare, e rigenerarsi persino nella morte – dopotutto l’intento è sempre quello di mettere incinta una donna. Alla fine del film Zé do Caixão vince, perché più donne al suo funerale sono gravide. Il seme del Assoluto si è sparso. José Mojica Marins invece è morto senza eredi, ma sa ancora ghignare con le sue unghie infinite nelle zone d’ombra del nostro sguardo.

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