CONANN (SubENG)

Titolo originale: Conann
Paese di produzione: Belgio, Francia, Lussemburgo
Anno: 2023
Durata: 105 min.
Genere: Azione, Fantastico
Regia: Bertrand Mandico

Conann segna la prima volta sulla Croisette con un lungometraggio per Bertrand Mandico, che viene ospitato nel programma della Quinzaine des cinéastes. Il regista francese conferma la sua vena visionaria, lavora di nuovo sul pastiche tra bianco e nero e colore ma stavolta si ferma al puro divertissement, lasciando forte l’impressione di avere davvero poco da dire.

La fille barbare

Guardiano degli inferi, Cerbero ha ancora la faccia da cane, ma è bipede e si chiama Rainer, ha il seno e la di una donna, un giubbotto di pelle borchiato e una macchina fotografica da paparazzo sempre pronta a lanciare i suoi flash. Dall’aldilà, ci racconta le successive reincarnazioni di Conann il barbaro, un’amazzone assetata di sangue dall’alba dei tempi. [sinossi]

Sono trascorsi sei anni da quando la sala Perla al Lido di Venezia, “casa” (tra gli altri) della Settimana Internazionale della Critica, si illuminò del bianco e nero abbacinante – con parti a colori – de Les Garçons sauvages, l’esordio alla regia di un lungometraggio per il francese Bertrand Mandico. Se una parte del pubblico e del popolo degli accreditati voltò le spalle al film, forse per la sua carica visionaria e volutamente scorbutica, un’altra metà degli spettatori uscì dalla sala meravigliata, sorpresa, perfino in estasi. All’esaltazione collettiva partecipò nei mesi successivi anche la top ten annuale dei Cahiers du cinéma, dove Les Garçons sauvages si issò sul gradino più alto del podio. Il cinema di Mandico sembrava provenire da mondi lontani, e nessuno si sorprese di scoprire nel successivo After Blue (Paradis sale), in concorso al Festival di Locarno 2021, una ricognizione nei territori della fantascienza, sempre al servizio di un’impronta visionaria stordente. Dapprima il lido di Venezia, quindi Locarno: “mancava” Cannes nel carnet di Mandico, e mancava dunque la consacrazione in patria, passaggio pressoché ineludibile per un cineasta francese. Ed ecco dunque che la selezione nel programma della Quinzaine des cinéastes per Conann, terzo lungometraggio nella carriera di Mandico, acquista un valore del tutto particolare, certificato anche dalla febbrile attesa dei media locali, dagli incoraggiamenti preventivi al momento della presentazione sul palco della moltitudine femminile “barbara”, dalla folta presenza nella sala del Marriott, dai copiosi applausi che hanno accolto i titoli di coda. Si respirava un’aria di liberazione in sala, quasi che il ritorno a casa fosse finalmente stato compiuto, e si fosse in qualche misura chiuso un cerchio.

Detto questo, è però difficile ipotizzare se Conann possa davvero inscrivere il nome del quarantaseienne regista nativo di Tolosa nel Pantheon del cinema francese, fosse anche solo quello contemporaneo. Di certo si può confermare che lo stile registico di Mandico non assomiglia a niente che sia a lui coevo: l’ispirazione grafica corre ancora dalle parti del surrealismo orrorifico di Walerian Borowczyk, tra la fiaba nera e l’ iper-violenta per la carne, il sesso. Forse il solo all’interno dell’industria cinematografica transalpina parla la stessa lingua, e non è casuale che Mandico abbia recitato in Un couteau dans le cœur, l’omaggio al giallo all’italiana del collega che prese parte alla corsa per la Palma d’oro nel 2018. Il concorso è ancora un luogo tabù per Mandico (e Tabou era proprio il cognome del personaggio affidatogli da Gonzalez), e l’impressione è che possa rimanerlo a lungo. Non per gli eccessi presenti in scena, sia chiaro: nonostante Conann grondi sangue, tra arti recisi e pratiche barbare di ogni forma possibile e ipotizzabile, l’approccio appare così ludico da non riuscire mai davvero a disturbare lo spettatore, arrivando al massimo a disgustarlo. Se l’esordio aveva colpito nel segno, sia per l’evidenza di una coriacea volontà cinefila sia per la capacità tattile di gestire l’immagine e farla propria, tra lussureggianti foreste e ragazze/ragazzi in uniforme, a metà tra un sogno omoerotico di Jean Genet e un incubo rarefatto di Kaneto Shindō, già After Blue (Paradis sale) aveva almeno in parte smorzato gli entusiasmi, perché la strabordante carica onirica dominava in modo forse eccessivo il proscenio, al punto da semplificare tutto ciò che potesse essere frutto di analisi e stratificazione.

Qualcosa di simile avviene ora in Conann, che agita le sue visioni in direzione dell’horror, sempre declinando l’immagine in funzione di una bramosia orgiastica, dalla tonitruante eppur mortifera carica orgasmica. Ci si può liberare della trama in un batter d’occhio: arrivata all’inferno Conann ripassa la propria esistenza fatta di atti barbarici (il suo ingresso nella vita adulta passa dalla fagocitazione coatta della propria mamma) che sono però anche estetici. Visto che una volta che si scende agli inferi non si ha molta memoria di sé a rinverdire i fasti delle sue gesta ci pensa Cerbero, che ha sì la testa di cane ma anche un nome maschile – Rainer, ci si tornerà tra un istante – e e fattezze femminili. L’ibridazione come superamento dell’umano, altro tema non nuovo nel cinema di Mandico ma che qui si limita a una reiterata esibizione del medesimo schema, con Rainer/Cerbero che fa parte delle scene ma ne è praticamente la narratrice (dopotutto è lei stessa a ribadire come non si possa uccidere la morte) fotografando a pie’ sospinto come fosse un paparazzo. L’immagine come unica vera merce della contemporaneità. L’immagine dunque come unico terreno di battaglia. Non è probabilmente casuale che tanto nel vestiario – un giubotto di pelle con le borchie – quanto nel nome il cane infernale rimandi alla figura totemica di Rainer Werner Fassbinder, uno degli ultimi veri filosofi eretici della storia del cinema. Il problema è la citazione resta inerte, forte del suo apparato ludico ma incapace di trasformarsi davvero in sostanza cinematografica.

Guarda anche  RUBBER [SubITA]

Mandico è molto bravo a lavorare l’immagine, a intesserla, a renderla così profonda da costringere lo sguardo dello spettatore a concentrarsi su essa, ma se si toglie la superficie la storia della sua barbara Conann – la seconda enne non è da escludere che sia presente per evitare guai con i diritti d’autore – non possiede la forza di imprimersi nella mente. Se lo si prende come scherzo visionario dadaista Conann può sollazzare lo spettatore, ma è un peccato non cogliere nella capacità registica di Mandico anche la volontà di trasformare la sua immagine in puro senso, cercando dunque di superare i vezzi dell’estetica. In qualche modo è lui stesso Cerbero, o forse Conann, dalla forza smisurata ma incapace di uscire dallo schema in cui si è infilata. Magari anche Mandico, in futuro, chiederà agli spettatori di cibarsi delle sue pellicole – il film, come sempre nel caso del regista, è stato prodotto in 16mm – per renderlo immortale. Chissà.

quinlan.it

Come è stato il film ?
+1
5
+1
1
+1
0
+1
0
+1
0
+1
0
+1
0
By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

0 Comment

No Comment.

Related Posts

AGRAfilm è ONLINE AGRAfilm è OFFLINE