RUBBER [SubITA]

Titolo originale: Rubber
Paese di produzione: Francia
Anno: 2010
Durata: 85 min.
Genere: Commedia, Grottesco, Horror
Regia: Quentin Dupieux

Abbandonato nel deserto, Robert, uno pneumatico inanimato, prende improvvisamente e inspiegabilmente vita. Vagando per il paesaggio desolato, scopre di avere straordinari poteri telepatici che gli permettono di distruggere tutto ciò che desidera. Dopo aver preso di mira oggetti e piccole creature animali, Robert concentra la sua attenzione sugli esseri umani e, in particolar modo, su una bella e misteriosa donna che incrocia la sua strada.

15 Maggio 2010, Settimana della Critica del Festival Di Cannes. Il terzo lungometraggio di Mr. Oizo, pseudonimo di Quentin Dupieux, classe 1974, noto nel panorama musicale europeo per successi quali Flat Beat, Stunt, Transsexual o l’ultimissimo End Of The World assieme a Skrillex, viene presentato al pubblico “cannense”. Sin da subito riceve delle critiche ben poco lusinghiere. Il Daily Telegraph ha stroncato la pellicola affermando che dura un’ora di troppo (su una durata complessiva di 82 minuti) e che sciorina una serie di dialoghi di assoluta stupidità. Su Variety è scritto che Rubber “non spaventa, non diverte, non è mai intelligente come promette di essere.” A queste conclusioni, chi vi scrive, ha deciso di sviscerare questo grottesco “monster” movie e di spingere tutti voi a dare un’occasione ad un film sciocco e acuto in egual misura.

Rubber si presenta agli spettatori con un’introduzione molto profonda dal punto di vista contenutistico ed anche molto irriverente. Delle sedie lungo una strada del deserto californiano. Un uomo, occhialuto, magro come uno stuzzicadente e con molti binocoli alle mani, si trova ad uno dei lati di questa strada ad aspettare. Si avvicina una macchina che si ferma davanti all’uomo. Dal cofano della macchina esce il tenente Chad (Stephen Spinella). Egli si avvicina a quello che si scoprirà essere un pubblico pronto per la visione di un “film” mediante i binocoli. In realtà lo sguardo del tenente Chad è rivolto verso lo spettatore che sta vedendo Rubber. Con lo sguardo in macchina, il tenente Chad incomincia un monologo fondamentale, molto importante per il contenuto del film. Chad incomincia a fare una serie di domande, all’apparenza sconclusionate, accostando a quest’ultimi una serie di classici della storia del cinema.
Ad esempio “Nel film E.T. di Steven Spielberg, perché l’extraterrestre è marrone?”, “In Love Story, perché i due protagonisti s’innamorano perdutamente l’uno dell’altra?”. A queste domande, Chad risponde sempre con due semplici parole: “No Reason“, in italiano “Per nessun motivo“. “Voi probabilmente non ci avete mai pensato, ma tutti i grandi film, senza eccezione alcuna, contengono un importante elemento di – nessun motivo – E sapete perché? Perché la vita stessa è piena di cose – per nessun motivo – Perché non possiamo vedere l’aria che ci circonda? Per nessun motivo. Perché stiamo a pensare? Per nessun motivo. Perché ad alcune persone piacciono le salsicce mentre altre le detestano? Per nessun cazzo di motivo (…) Signore e signori, il film che vedrete oggi è un omaggio al – Nessun Motivo – il più efficace elemento di stile“
Basterebbe questo monologo iniziale per ringraziare Mr. Oizo della presenza di questo film. Lo sguardo in macchina del tenente Chad è un mezzo comunicativo che si muove parallelamente su due linee: la prima è la linea del pubblico astanti davanti al tenente ed in attesa di prendere i binocoli e di godersi il film della “realtà”, la seconda è lo spettatore che dal grande schermo, dalla tv, dallo smartphone, dal computer, dal tablet, si sta godendo la visione di Rubber. Tutte e due linee protagoniste di un solido e divertente discorso metacinematografico (successivamente una donna del pubblico domanderà se questo film sarà a colori o in bianco e nero).
Ma non finisce qui. Il “No Reason” è una dichiarazione d’intenti di Mr. Oizo. Nulla ha un preciso motivo, tutto avviene senza motivo. Non c’è alcun motivo del colore marrone dell’extraterrestre di E.T. (forse un affezione di Spielberg a quel tipo di colore chissà) o della storia d’amore tra i personaggi di Ali McGraw e Ryan O’Neal (non si accettano frasi del tipo “Sono fatti l’uno per l’altra” per giustificare il motivo, qui si ragiona sul concreto). Con questa dichiarazione, Mr. Oizo nullifica qualsiasi costruzione di un soggetto credibile e di una sceneggiatura tipicamente aristotelica come siamo stati abituati dal cinema classico hollywoodiano, a favore solo di macchina da presa e d’immagine. Quello che conta è l’immagine e quello che si vuole riprendere. Che sia una scena di sesso, una tortura o un pneumatico che si risveglia, non ha importanza. Trasversalmente, si può dire che Mr. Oizo si accoda al principio detto, tempo fa, dal grandioso e regista Peter Greenaway “Il cinema è un mezzo troppo ricco per essere lasciato ai cantastorie“. Perché allora uno pneumatico dovrebbe prendere vita o diventare il protagonista di un film? Semplice, per nessun motivo.
Da questa dichiarazione d’intenti e dal discorso metacinematografico estremamente efficace, si passa ad una discarica. Ad Oizo interessa un particolare di questa discarica. Un pneumatico, appunto, sotterrato sotto un pò di sabbia. Il pneumatico incomincia a muoversi, si toglie la sabbia, si alza. Incomincia a ruotare, cade, si rialza, prova a muoversi ma continua ad inciampare o a cadere. Sembra un bambino che compie i primi passi ed impara a camminare. Poi prende mano con il terreno e riesce a muoversi alla perfezione. Festoso, i suoi movimenti sono armoniosi come una danza, quest’ultimo commento aiutato anche dal sottofondo musicale, “Just don’t want to be lonely” dei Blue Magic. La regia di Oizo è delicata e sempre vicina a questo pneumatico vivente. Nel mentre, il pneumatico cercherà di superare diversi tipi di bottiglie. Riesce a superare, con molta facilità, la bottiglia di plastica. Con la bottiglia di birra, incomincia ad avere qualche problema fino ad arrivare ad un fatto eclatante. Il pneumatico fa saltare in aria la bottiglia di birra senza toccarla. Ha dei poteri psichici. Ci sarà un’escalation nell’utilizzo di questi poteri: prima verranno utilizzati sulla bottiglia di birra, poi su un barattolo, poi su una lepre ed infine andrà a far saltare in aria le teste degli esseri umani in un modo che mi ha ricordato molto “Scanners” di Croneneberg. L’epopea di questo pneumatico-viaggiatore assassino che vive le sue prime esperienze da con l’indecisione e l’esaltazione di un cucciolo o un bambino alle sue prime esperienze di vita “autonoma” è esilarante: un’esperienza che diviene sempre più inebriante per quella gomma (rubber appunto) d’automobile apparentemente qualunque, e che consente a quell’oggetto improvvisamente animato da una sete di sangue di causare, in poco tempo, una escalation di violenza che lo porterà a dar “vita” ad un vero e proprio massacro immotivato, ma irresistibilmente appagante, in un “concerto orrorifico” a bassissimo budget in puro stile Troma. Ci sarà anche per l’amore (non anticipo nulla). Rubber si può considerare come una sfida eccentrica, non facile, ma tutto sommato riuscita, grazie anche alla possibilità che il cineasta si concede di divagare e di ironizzare alla grande, per esempio con la presenza della piccola folla di pubblico, d’inizio film, becero e teledipendente che, armato di binocoli, si gode la strage da una piedistallo privilegiato. Rubber è pura genialità, un ottimo modo di fare sperimentazione che ha dalla sua anche un finale straordinario ed assolutamente divertente (che sia l’inizio dell’Alba Del Pianeta dei Pneumatici?). Tutti gli positivi presenti nel film saranno ripresi da Oizo per il film successivo, Wrong, altra opera notevole come questo
meraviglioso Rubber. Film piccolissimo ed estremamente divertente e intelligente nella sua assurdità.
Vi lascio con il commento finale…

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Commento Finale
Rubber è un buon film sperimentale che funziona sia come parodia dei monster movie sia come film metacinematografico. Vedere la strage di questo pneumatico viaggiatore è decisamente esilarante e l’atmosfera, caratterizzata dal rapporto tra il vero e il falso, la colonna sonora e il gioco con la piccola folla di pubblico d’inizio film, invoglia lo spettatore a proseguire con la visione. Un’ altra volta, un cineasta chiamato Quentin conferma questo nome come garante di grandi genialate.

Recensione: cinewriting.it

 

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By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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