COLD EYES [SubITA] 🇰🇷

Titolo originale: Gam-si-ja-deul
Nazionalità: Corea del Sud
Anno: 2013
Genere: Azione, Fantastico, Thriller
Durata: 119 min.
Regia: Jo Ui-seok, Kim Byung-seo

Un veterano leader della squadra speciale di sorveglianza contro il crimine e una giovane detective dotata di grandi capacità deduttive tengono sotto stretta osservazione una banda di malavitosi. Quando si apprestano dopo un’attenta preparazione ad arrestare i criminali, i due commettono un errore che si rivelerà fatale.

La memoria non può fare cattivi scherzi
Non capita spesso di imbattersi in un remake capace di non far rimpiangere l’originale, ancora più di rado di trovarsi al cospetto di un rifacimento in grado di tenere testa ed eguagliare i meriti della matrice dalla quale proviene. Di casi ce ne sono davvero pochi in circolazione a tutte le latitudini e Cold Eyes (Gamsijadeul), della coppia formata da Cho Ui-seok e Kim Byung-seo, è uno di questi. Remake sud coreano dell’hongkonghese Eye in the Sky (da non confondere con l’omonimo film del 2015 di Gavin Hood), pluripremiato thriller prodotto dalla Milkway di Johnnie To e diretto da Nai-Hoi Yau, il film approda finalmente nel mercato home video nostrano come nuovo titolo della collana “Far East Film”, griffata CG Entertainment-Tucker Film. Disponibile in Dvd (e anche nella versione in Blu Ray) con un comparto extra povero di contenuti, la pellicola merita comunque un posto di riguardo nella videoteca casalinga degli amanti del genere, in questo dell’action con la A maiuscola. Ma consigliamo lo stesso di visitare i contenuti speciali presenti nel menù, in particolare i quattro minuti del Making of battezzati “Un film dinamico”, nei quali l’action director ci porta nel dietro le quinte delle scene più avvincenti e delle tecniche utilizzate per portarle sul grande schermo.

Ed è proprio dalle numerose sequenze spettacolari presenti nella timeline, a cominciare da quelle che in rapidissima successione scorrono nei quindici pirotecnici minuti iniziali, che vogliamo partire per parlarvi di Cold Eyes. Anche se produttivamente non abbiamo ben compreso i motivi che hanno portato alla scelta di rimettere mano all’originale a soli sei anni dalla sua realizzazione (2007 la matrice e 2013 la copia), il risultato finale va comunque esaltato e celebrato. Ed è quanto abbiamo intenzione di fare con questa recensione che “coincidenza” ha voluto trovare spazio sulle nostre pagine quando in quel di Udine è da poco calato il sipario sulla 18esima edizione del Far East Film Festival, là dove l’opera dei cineasti sudcoreani era stata protagonista in una delle passate edizioni (la sedicesima per l’esattezza) dopo aver ben figurato nelle kermesse di Toronto e Busan. Rispetto al film di Nai-Hoi Yau, in Cold Eyes si punta ancora di più sulla componente action, con un deciso ridimensionamento della linea mistery e uno spostamento della storia da Hong Kong a Seoul. Per il resto, la trama e i personaggi rimangono più o meno invariati. Ci troviamo al seguito di Ha, giovanissima recluta assunta da Hwang nel suo team di poliziotti specializzati in pedinamenti. Ben presto arriva il in cui cimentarsi per la prima volta sul campo: una rapina in banca , parte di un piano diabolicamente architettato dal misterioso Shadow, per cui la squadra tenta disperatamente di rintracciare i colpevoli. Ma l’impresa non sarà facile.

Come in Firestorm, Dragon Squad o Kung Fu Jungle, la città diventa un autentico campo di battaglia dove si consuma una frenetica corsa contro il tempo e una “guerra” senza esclusione di colpi tra ladri e poliziotti. Niente doppi o tripli giochi da parte di nessuno in stile Infernal Affairs, ma un combattimento sul filo dei nervi, che darà vita a un botta e risposta continuo ed estenuante che manderà al tappeto anche il fruitore di turno. Prima che le lame, la dinamite e i proiettili, la partita si “gioca” con le tecnologie high tech e con le moderne estensioni ottico-uditive a disposizioni delle due fazioni. Come in Accident o nella trilogia di Overhead, le vere armi improprie in mano ai protagonisti diventano i freddi, spietati e onnipresenti occhi delle telecamere, oltre alle infinite orecchie celate ovunque sotto forma di microspie o microfoni ambientali. Ciò fa di Cold Eyes un film che tratta un tema importante e molto attuale, ossia quello della violazione della privacy e dell’uso o abuso delle moderne tecnologie.

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Il risultato è una partita a scacchi ben diretta da Cho Ui-seok e Kim Byung-seo, bravissimi a gestire sia il lavora davanti che quello dietro la macchina da presa. La coppia di registi non trascura mai la componente recitativa, anche quando sarebbe più logico concentrarsi su quella tecnica e i riconoscimenti andati all’attrice protagonista ai Buil Film Awards e ai Blue Dragon Awards nel 2013 ne sono la riprova. Quante volte, infatti, negli action la recitazione finisce in secondo piano o addirittura abbandonata al suo triste destino, così da lasciare terreno fertile unicamente alle evoluzioni più o meno cinetiche. Ma non per fortuna il di Cold Eyes, dove le interpretazioni dei vari attori coinvolti vengono scandite da un ritmo sostenuto, serrato e frenetico, che lascia ai personaggi e agli spettatori pochissime manciate di secondi per rifiatare. Inseguimenti (il car crash sul cavalcavia), rapine (le maschere indossate da chi le commette è un chiaro rimando a Point Break, Inside Man o The Town), corpi a corpi (il cinque contro uno nel vicolo tra Shadow e gli scagnozzi), sparatorie (quella tra l’unità tattica e i fuggitivi), offrono alla platea esaltanti momenti di pura adrenalina iniettata nella retina di chi guarda.

Recensione: cineclandestino.it

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By Anam

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