THE DISAPPEARANCE OF HARUHI SUZUMIYA [SubITA] 🇯🇵

Titolo originale: Suzumiya Haruhi no shōshitsu
Nazionalità: Giappone
Anno: 2010
Genere: Animazione, Commedia, Drammatico
Durata: 163 min.
Regia: Tatsuya Ishihara, Yasuhiro Takemoto 

 

Si avvicina il e la Brigata SOS – Haruhi Suzumiya, Kyon, Yuki Nagato, Mikuru Asahina e Itsuki Koizumi – sta organizzando un party nella loro aula del club. Il 18 dicembre, Kyon scopre che Haruhi è scomparsa nel nulla e nessuno sembra ricordarsi di lei, così come non esiste più nessuna Brigata SOS. Il mondo è cambiato radicalmente e solo Kyon può capire cosa sia successo…

Prima di cominciare la recensione vera e propria, vorrei spendere due parole su La malinconia di Haruhi Suzumiya. Per chi non lo conoscesse, questo anime tratta delle vicissitudini della suddetta Haruhi Suzumiya, una liceale annoiata dalla comunissima e banalissima vita di tutti i giorni, costantemente in cerca di persone e/o eventi legati al paranormale. Assieme all’amico Kyon, a seguirla ci sono i membri del suo club, la Brigata SOS: Nagato, Asahina e Koizumi. Ciò che però Haruhi non sa è che questi ultimi sono rispettivamente un’aliena, una viaggiatrice del tempo e un esper, mentre lei un essere onnipotente simile a Dio. Loro compito è quello di tenere a bada l’energica e dispotica Haruhi Suzumiya per evitare che scateni il Giorno del Giudizio Universale.
Sebbene le premesse siano ottime per una commedia fantascientifica, a dir la verità non mi ritengo un gran fan della serie. È buona, questo è certo, ma avrei preferito un maggior approfondimento psicologico e qualche episodio filler in meno.
Detto questo, perché allora ho il faccione sorridente di Haruhi come sfondo del desktop?

La risposta è semplice: La scomparsa di Haruhi Suzumiya
Dopo il calo di qualità della seconda stagione (e con calo intendo “lancio dal quarantesimo piano senza paracadute”), la Kyoto Animation ridusse la serie al silenzio; questo fino al 18 dicembre 2009, quando il sito ufficiale rese nota l’uscita del film per l’anno successivo. Cosa curiosa, visto che non molto tempo prima la pagina in questione era “scomparsa” senza un motivo apparente…
Ebbene, quali furono i risultati? 200 milioni di yen guadagnati solo nella prima settimana di trasmissione e un premio come miglior film all’Animation Kobe Awards del 2010.
Come la penso io? Che, per quante volte lo abbia visto, pagherei per rivederlo al cinema.

Fin dalle prime sequenze, si capisce subito di trovarsi di fronte a un prodotto di alto livello: che piaccia o meno lo stile moesco, l’animazione è qualcosa di assolutamente fantastico. Tutto è curato fin nel minimo dettaglio, dagli sfondi fino a quelle dannatissime e meravigliose espressioni facciali. Senza parlare del soundtrack, forse uno dei più emozionanti che abbia sentito in un film. Oh, e i colori: il modo in cui contrastano quelli brillanti del mondo “haruhiano” con quelli spenti del “post-Haruhi”. E le luci! E le ombre! E – ok, è bellerrimo e basta.

Per quanto riguarda la storia, devo prima fare una premessa (questa è l’ultima divagazione, giuro): questo lungometraggio andrebbe visto obbligatoriamente dopo la serie, dal momento che ci sono svariati rimandi alle stagioni precedenti. In più, la trama di suo è intricata quanto un gomitolo aggrovigliato da Christopher Nolan.

Nonostante i vari buchi lasciati, premesse e sviluppo della storia sono solidi, specie perché è il tipo di storia che La malinconia di Haruhi Suzumiya avrebbe dovuto raccontare più spesso… anziché, per dire, ripetere otto volte lo stesso maledetto episodio. Non aspettatevi combattimenti sopra le righe o particolari scene d’azione: l’intero film procede con un ritmo lento, a tratti calmo (qualche volta pure noioso, lo ammetto), mirato a infittire sempre più l’atmosfera. Merito anche della notevole durata (quasi tre ore), molto viene dedicato all’approfondimento e all’evoluzione psicologica dei personaggi, donandogli finalmente la dovuta tridimensionalità.
In più, le premesse sono davvero convincenti: Haruhi Suzumiya scompare nel nulla e il mondo sembra essere finalmente libero da ogni minaccia sovrannaturale.

Un mondo in tutto e per tutto normale, insomma.
Ed è qui che entra in gioco Kyon. Non è la prima volta che il nostro si ritrova ad affrontare situazioni pericolose e/o assurde, ma questa è decisamente la più adulta fra tutte. Il tipo di situazione in cui devi guardare nel profondo di te stesso e chiederti:

Non è meglio così?
Quella ragazza era solo una seccatura, no?
Non è forse questa la vita che volevi?

Il tutto sviluppato sì in maniera lenta ma anche credibile, sorretto da sequenze introspettive visivamente strabilianti e delicate.
Ma il vero punto forte, per me, è la regia. Mentre, di solito, i lungometraggi di serie animate di successo si svolgono come un normale episodio allungato di un’ora e mezza, La scomparsa di Haruhi Suzumiya tenta qualcosa di diverso, di fare un passo in più.
Avete film come Gravity o, per restare in tema, il ciclo dell’Endless Eight? Due cose completamente diverse, ma che hanno un particolare in comune: vogliono essere esperienze. Più che sulla storia, l’attenzione è focalizzata su atmosfera ed emozioni derivate l’una dal sopravvivere in mezzo al nulla e l’altra dal ritrovarsi bloccati in un loop claustrofobico.
La scomparsa di Haruhi Suzumiya è uno di questi. Vuole farti sentire  il senso di vuoto in cui Kyon è precipitato, il suo rammarico, la sua felicità e l’importanza delle sue decisioni. E ci riesce maledettamente bene. Cavolo, quasi metà film è incentrata su un ragazzo imbacuccato in un giaccone invernale che cammina in completa solitudine ed è pura poesia. Riesce a farti sentire come se fossi lì.

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Volevano fare qualcosa che valesse davvero la pena di essere raccontato e ci sono riusciti in pieno: hanno trasformato una serie leggera e senza troppe pretese in un autentico gioiellino cinematografico. E scusatemi se dico poco. Sinceramente, non mi faccio problemi a definirlo uno dei miei film preferiti in assoluto. Alla fin fine, è l’apoteosi di ciò che è La malinconia di Haruhi Suzumiya: artistico, misterioso, intrigante, divertente, emozionante e probabilmente  altri meravigliosi aggettivi che ora non riesco a farmi venire in mente. C’è una marea d’impegno e lo si vede in ogni singolo fotogramma; gli haruhisti non potranno che gioirne. (Ottimo anche per riprendersi dalla delusione della seconda stagione, fidatevi).  Lode a te, grande Haruhi! E lode anche a te, Kyoto Animation!

Recensione: potpourricomics.it

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By Anam

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