SILENT SOULS [SubITA]

Titolo originale: Ovsyanki
Nazionalità: Russia
Anno: 2010
Genere: Drammatico, Spirituale, Visionario
Durata: 75 min.
Regia: Aleksej Fedorčenko

Fedorchenko scrive e dirige in maniera impeccabile un racconto struggente e silenzioso intriso di poesia, di mistero e di passione, la storia di un distacco difficile ma inevitabile, quello dai propri cari, dalle tradizioni, da un mondo rurale che è destinato a finire, perchè quello che deve succedere alla fine succede e l’uomo, nella sua insignificante piccolezza, poco può fare per opporsi.

Ci interroghiamo spesso sul significato dell’amore. Sul senso che ha, se ne ha…
È difficile capirne/carpirne la portata. I limiti…
Eppure ha un significato così ampio, così moderno, versatile, capace di andare oltre qualsiasi ostacolo, oltre ogni tempo, oltre l’oblio, oltre la morte…
Chissà se è davvero così…
Aleksei Fedorchenko, regista di mockumentary, più o meno noti, si cimenta con la sua prima opera cinematografica proprio affrontando tre temi molto scomodi, l’oblio, la fine e l’amore…
Ovsyanki racconta di antichi riti oramai quasi scomparsi, e di un popolo e delle sue tradizioni: i Merja (o Merya). Popolazione di origine finnica, i Merja in teoria sarebbero oramai estinti da oltre un millennio, ma le loro tuttavia continuano a resistere in alcune zone della Russia, come nella provincia di Kostroma, dove gli abitanti usano ancora chiamarsi con antichi nomi e perseverare in antichi riti…
E quale avvenimento della vita, più della morte, si presta a rituali ancestrali?
Novello Imamura (ma molto lontano, eppure vicino, al grande giapponese), Fedorchenko racconta di due uomini che affrontano un viaggio alla ricerca delle proprie radici culturali, con lo scopo primario di dare sepoltura, secondo le Merja alla moglie di uno di loro.

Legati dal destino e dall’aver amato la stessa donna, Aist e Miron si ritroveranno così ad affrontare i propri fantasmi e ricordi, le proprie mancanze e i propri rimpianti, durante un percorso che li porterà ad interrogarsi sul significato dei legami e della vita stessa… sul significato delle antiche di un popolo destinato all’oblio, e sull’amore, che parla in tante lingue, ma mai in quella dell’innamorato…
E in questo viaggio a ritroso del tempo, in cerca di risposte, scopriranno che è impossibile combattere contro l’avanzare della civiltà moderna e del tempo. Scopriranno che le regole dell’amore sono quelle non scritte, che il passato deve essere affrontato e non fuggito…
Parabola ancestrale, atto di amore verso una Cultura antica, dichiarazione di fede in codice, Ovsyanki è un film bellissimo, magico, dotato di un unico…
È un film fatto di immagini, di dialoghi interiori, dove i protagonisti dall’inizio alla fine del film si scambieranno sì e no una ventina di battute. E tuttavia va bene così, perché come ci ricorda il titolo internazionale del film (quello originale richiama invece gli uccelli che accompagneranno i nostri “eroi” nel loro viaggio), vero protagonista del film è il silenzio, quello dell’anima, ma anche quello che aleggia nelle sterminate lande nordiche della Russia, che Fedorchenko mostra in maniera sublime, ora con la telecamera immobile, sul sedile posteriore dell’auto, ora con la camera a braccio, come nella magnifica scena della pira funebre…
In un finale che sa di redenzione e di punizione allo stesso tempo Fedorchenko sembra volerci dire che alla fine niente resterà per sempre, e tuttavia ci lascia un’ultima dichiarazione di fede… Perché se Auden considera la morte la fine dell’amore, la fine di tutto “[…] For nothing now can ever come to any good”, per Aleksei Fedorchenko essa ne è solo una fase, perché “Solo l’amore è eterno…”

Recensione: asianworld.it

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By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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