PARADA [SubITA]

Titolo originale: Parada
Nazionalità: Serbia, Croazia, Bosnia
Anno: 2011
Genere: Commedia, Drammatico
Durata: 115 min.
Regia: Srdjan Dragojevic

In concorso al MedFilm Festival 2012, The Parade – La sfilata è una arguta e trascinante tragicommedia che mette alla berlina il machismo imperante nei paesi della ex-Jugoslavia.

Belgrado sottosopra
Radmilo e Mirko sono un gay giovane e di successo, e sarebbero una coppia felice in qualsiasi parte del mondo, eccetto la Serbia. Pur conducendo uno stile di vita discreto, ogni giorno subiscono gli abusi di una società omofobica. Per di più Mirko è un attivista per i diritti degli omosessuali, e il suo sogno è riuscire a organizzare il primo Gay Pride a Belgrado. Quasi una ‘mission impossible’, se si considera che nel 2001 un tentativo del genere si trasformò in un bagno di sangue. Dieci anni dopo la situazione non è molto migliorata, con i gruppi nazionalisti e neonazisti che minacciano un altro massacro nel caso venisse concesso lo spazio per una parata ai gay, forti del fatto che la polizia rifiuta di provvedere alla protezione dei partecipanti. Nella vita di Mirko e Radmilo fa però il suo ingresso una strana coppia, composta da un ex criminale e veterano di guerra, proprietario di una piccola agenzia di sicurezza, e della sua fidanzata Biserka… 

La fredda cronaca è per Parada (uscito in Italia con il titolo The Parade – La sfilata) giusto un solido appiglio, da cui germogliano esplorazioni e deformazioni dell’immaginario balcanico animate da una forza deflagrante, per quanto incastonate nei bordi di una (tragi)commedia che è innanzitutto assai divertente, trascinante, arguta. Belgrado diviene così l’epicentro di una irresistibile sarabanda attraverso i paesi dell’ex Jugoslavia. Ne deriva una sorta di viaggio iniziatico a ridosso di costume, società e storia (più o meno) recente dell’area in questione, che dietro la risata cela anche lo sberleffo, rivolto ovviamente ai nazionalismi, al machismo imperante e ad altre zone d’ombra di una società post-jugoslava orfana del socialismo, nonché in balia di spinte retrograde di difficile controllo e dagli esiti spesso violenti.
Lo spunto cronachistico è dato per l’appunto dall’inconsulta violenza scatenatasi a Belgrado nel 2010, per quel tentativo di organizzarvi un Gay Pride, come se ne vedono in tante altre capitali europee, che purtroppo spinse estremisti di destra e sostenitori della chiesa ortodossa verso un’ottusa e feroce guerriglia urbana. Srđjan Dragojević, talentuoso regista originario proprio di Belgrado, ha ripreso un così triste canovaccio in modo estremamente creativo, dando cioè vita all’irresistibile farsa che vede alcuni di quei ceffi, nella fattispecie ex criminali di guerra fondamentalmente omofobi, costretti per uno scherzo del destino a collaborare con gli stessi omosessuali e lesbiche cui prima davano contro. Questo progressivo scoprirsi a vicenda avrà per le diverse parti in causa sviluppi inizialmente imprevedibili…

In concorso al MedFilm festival 2012, The Parade ci è piombato addosso come un meteorite insieme al suo autore, simpatico e assai disponibile al confronto col pubblico, in una Casa del che ha ben reagito alle gustose provocazioni della pellicola; provocazioni intelligenti e per niente gratuite, come già riscontrato nei film di genere critici verso la cultura ufficiale serba: ci viene in mente, per quanto risulti ben più estremo nella forma e nelle conclusioni, l’altrettanto riuscito The Life and Death of a Porno Gang di Mladen Djordjevic, porno cabaret dall’umorismo sulfureo in grado di associare il mito degli snuff movies ai postumi della guerra in Bosnia.
Eppure, tornando a The Parade, Srđjan Dragojević ci ha tenuto a sottolineare un ulteriore paradosso: se il suo film, che sembra considerare più “jugoslavo” che serbo, sta ottenendo nei paesi balcanici dove è ambientato un successo di pubblico strepitoso, indubbiamente catartico, in altre nazioni attraversate da un pericoloso revival omofobico non sono mancate le contestazioni. Ci è stato per esempio raccontato come un giornalista locale, durante il festival che si tiene ad Odessa, abbia sarcasticamente augurato la pena capitale ai realizzatori del film, ricevendo in cambio una replica ironica e sottile da parte dell’autore stesso. Mentre nella sempre più autoritaria Russia di Putin, dove stanno passando leggi che su certi temi imbavagliano la libertà di espressione, c’era in ballo una distribuzione in sala abbastanza grossa, che però rischia di saltare per volontà dei censori. Ma dove sarebbe tutto questo scandalo? Noi ovviamente non lo vediamo.
Sin dalla prima sequenza, che ha in sé un tocco geniale (il co-protagonista, burbero macho serbo con un passato da criminale sia al fronte che in tempo di pace, viene ritratto sotto la doccia mentre intona canzonette patriottiche di varie epoche ed esibisce tatuaggi altrettanto eclettici), vediamo invece all’opera una satira in grado di fondere l’elemento popolare con la ricchezza delle parafrasi, delle citazioni. Particolarmente sfiziosi i rimandi cinefili a I magnifici sette, alla cui struttura narrativa è liberamente ispirata la ricerca degli improbabili combattenti che dovranno difendere una minoranza sessuale posta sotto minaccia, e a Ben Hur, il cui sottotesto gay viene ironicamente messo in rilievo.

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A tutto ciò possiamo aggiungere che il suddetto Srđjan Dragojević, nell’ultimo scambio di battute con gli spettatori, ha offerto ulteriori dimostrazioni di acume, simpatia e coraggio politico. Quando qualcuno gli ha chiesto su cosa si orienterà il prossimo lungometraggio, al quale sta già lavorando, il regista ha risposto con fare sornione che il suo nuovo sarà anche una riabilitazione dei vecchi valori socialisti, in quelle democrazie dell’Europa Orientale già minate dal sistema capitalista. Non solo. La battuta con la quale si è infine congedato è che forse, per quando sarà pronto il film, in paesi come la Grecia potrebbe essere in corso qualche rivoluzione, sicché dobbiamo tenerci pronti a inviare brigate internazionali di volontari, in difesa dei lavoratori contro chi li opprime. Un po’ come nella Spagna del 1936. Roba da applausi anche questa, c’è poco da fare.

[quinlan.it]

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By Anam

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