GOEMON [SubITA]

Titolo originale: Goemon
Paese di produzione: Giappone
Anno: 2009
Durata: 128 min.
Genere: Azione, Drammatico, Fantastico
Regia: Kazuaki Kiriya

Sono le opere di autori come Ōtomo e Oshii, nonché l’universo dei manga, a foraggiare le mirabolanti intuizioni visive dell’arrembante cineasta giapponese: molteplici ispirazioni che si coagulano intorno alla pittoresca ed epica sarabanda di Goemon, dando vita a uno spettacolo di abbacinante potenza visiva.

Sulle orme di Kyashan
Nel 1582, il potente signore della guerra Nobunaga fu tradito dal suo servitore, Mitsuhide. Il capo dei ladri, Goemon – il Robin Hood giapponese – ruba una scatola di legno che un tempo era appartenuta a Mitsuhide. Hideyoshi, il crudele sovrano del Regno del Giappone si serve di Mitsunari e il suo leggendario ninja Saizo per dare la caccia alla scatola e Goemon si ritrova a dover combattere per la propria vita. All’interno della scatola scopre la prova del patto segreto tra Mitsuhide e Hideyoshi per assassinare Nobunaga… [sinossi – Future Film Festival]

Genialità allo stato puro o semplice sfacciataggine? I due aspetti non devono risultare necessariamente in contraddizione tra loro, a ogni modo è sempre più evidente che nel di Kazuaki Kiriya, astro nascente del cinema mondiale, pubblico e critica tendano a spaccarsi in fazioni arroccate su posizioni inconciliabili; c’è chi lo adora e chi lo trova insopportabile. Da parte nostra la scelta di campo, totalmente a favore del cineasta nipponico, è avvenuta sulla scia dell’incredibile entusiasmo che Kyashan – La rinascita (ovvero Casshern), suo film d’esordio, seppe suscitare in chi scrive. Con Goemon è arrivata, non senza qualche perplessità relativa a eccessi di supponenza autoriale (che andremo presto a circostanziare), la tanto attesa conferma. Fondamentale, a nostro avviso, è che con appena due lungometraggi all’attivo Kazuaki Kiriya sia riuscito a creare uno stile, una poetica ben definita, dando sfogo a quella visionarietà così fertile nel riassemblare (un po’ come i corpi sezionati degli androidi che riprendono vita in Casshern) scorie di immacassginari estremamente diversificati.

Quasi un De Palma dagli occhi a mandorla, il film-maker giapponese ha spinto in Goemon il gusto della citazione verso orizzonti di sinuosa e sconcertante autoreferenzialità; vissuta, peraltro, quale morbosa ed elettrica declinazione di un appetito cinefilo inquieto, ossessivo, indissolubilmente intrecciato con le altre artistiche presenti nel curriculum di Kazuaki Kiriya, già apprezzato regista di videoclip (con la musica in posizione dominante anche nei suoi film) e autore di reportage fotografici. Meglio che l’avvicinamento al nucleo della questione avvenga per tappe, partendo da un esempio concreto: in Casshern, sottile intreccio di tradimenti e citazioni dell’anime originale, il protagonista Kyashan piombava dall’alto sui robot nemici proprio come faceva il ragazzo androide nella serie a lui dedicata; per tutta risposta, ecco che in Goemon si vede l’imbattibile ninja piombare sui suoi avversari esattamente allo stesso modo, con inquadrature pressoché identiche, usando però la spada al posto della mano aperta. Nel clonare insistentemente la medesima scena, sembra quasi che l’autore voglia includere già al secondo lungometraggio tale accento spregiudicato, persino un po’ infantile, tra le prerogative della propria cifra stilistica. Kazuaki Kiriya è fatto così: prendere o lasciare. Noi naturalmente prendiamo, almeno fino a quando saprà incutere cotanta meraviglia attraverso invenzioni scenografiche certosinamente affrescate in digitale, su cui si innestano poi quelle scene di combattimento magicamente sospese tra congelamento dell’azione ed estremo dinamismo. Non vi è soltanto desiderio di meravigliare, in questo, ma un gusto del paradosso che assume forme particolarmente stranianti, pur restando nell’alveo del grande racconto popolare. Rispetto al mondo futuribile di Casshern, le coordinate spazio-temporali di Goemon propongono infatti un medioevo giapponese mitizzato e stilizzato, quale cornice della storia. Il protagonista è una sorta di Robin Hood locale, paladino dei poveri, il cui nome anche al pubblico italiano dovrebbe suggerire qualcosa: la figura di Goemon Ishikawa è proprio quella che ha ispirato l’omonimo personaggio della saga di Lupin. In bilico tra storia e leggenda, la sua epopea è destinata a intrecciarsi in modo tragico con le parabole sanguinarie di quei signori feudali disposti a qualsiasi nefandezza, pur di estendere il proprio dominio su tutto il Giappone.

Rispetto alle rivisitazioni del wuxiapian classico operate da registi come Zhang Yimou, Ang Lee e Chen Kaige, il nipponico Kazuaki Kiriya sembra prendere alcuni elementi (soprattutto il massiccio ricorso alla computer grafica, qui non sempre funzionale e riuscito), riportandoli però a una iconografia dalla vocazione inequivocabilmente (e spudoratamente) post-moderna. Arredi e dipinti di foggia rinascimentale si sovrappongono negli interni a ciò la cui presenza, nel paese dell’Estremo Oriente, appare maggiormente giustificata. Capigliature e stravaganti capi di abbigliamento caratterizzano più di un personaggio. Infernali da guerra fanno la loro prematura e roboante apparizione in scena. Salti iperbolici e azioni sovrumane avvicinano i protagonisti alle quasi omologhe creature della Marvel che Hollywood, nel corso degli anni, ha fatto esordire sul grande schermo. La stessa complessità della trama, d’altro canto, a forza di colpi di scena e col periodico ribaltarsi delle alleanze tra i personaggi principali, può rimandare agli esiti più accattivanti e stratificati di estetiche attigue, fumetto compreso. Si ha l’impressione, in sostanza, che al pari della precedente pellicola siano le opere di animazione sfornate da autori come Katsuhiro Ōtomo e Mamoru Oshii, nonché l’universo dei preso nel suo complesso, a foraggiare le mirabolanti intuizioni visive dell’arrembante cineasta giapponese. Con il collante rappresentato da un gusto cromatico tutto personale, sono queste molteplici ispirazioni a coagularsi intorno alla pittoresca e fondamentalmente epica sarabanda di Goemon, dando vita a uno spettacolo di abbacinante potenza visiva.

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