BLACK BREAD (SubITA)

Titolo originale: Pa negre
Titolo internazionale: Black Bread
Nazionalità: Francia, Spagna
Anno: 2010
Genere: Drammatico
Durata: 108 min.
Regia: Agustí Villaronga

La storia del piccolo Andreu e la Storia del dopoguerra in un ancor più piccolo paesino spagnolo. Due cadaveri in un bosco danno il là a tutto.

Vincitore di 7 premi Goya, Pa negre è il film che riporta in auge uno di quei nomi mai troppo conosciuti, e quindi mai troppo apprezzati: Agustí Villaronga. La carriera di questo regista catalano si è sempre divisa fra grande e piccolo schermo, con una propensione per quest’ultimo.
Ciò non deve forviarvi, nonostante il suo numericamente esiguo apporto al cinema, Villaronga è un autore di quelli che non si dimenticano perché, come dicevo in passato, è un killer, uno che sgocciola crudeltà da ogni singolo fotogramma.
Bene, preso atto di queste informazioni, sappiate che la sua ultima fatica è decisamente più soft rispetto alle precedenti. Si potrebbe parlare di maturazione (ma anche per fare i film che ha fatto in passato bisogna essere maturi, altroché!) e sicuramente alcuni ne parleranno, quello che invece mi va di sottolineare è che le sue diaboliche sciabolate qui non ci sono, quindi niente siringhe di benzina piantate nel petto, “solo” storia e Storia, cose a cui comunque ci aveva già abituato.

E sì perché sia In a Glass Cage (1987) che El mar (2000) sono strettamente collegati al secondo conflitto mondiale o periodi limitrofi. Nel primo film il pedofilo di turno era un nazista nemmeno in grado di uccidersi, nel secondo i 3 bambini protagonisti assistevano ad un’esecuzione da parte di una squadriglia franchista che segnava per sempre la loro vita.
Dunque abbiamo la Storia con quel vuoto profondissimo di coscienza amore e benevolenza che è una guerra, ma non dimentichiamoci della storia che riguarda il piccolo Andreu (Francesc Colomer). Emerge un altro stilema di Villaronga: l’infanzia. La tendenza è quella di mettere un bambino di fronte a eventi più grandi di lui, e di chiunque altro. Il percorso formativo di Andreu si scontra perciò con ostacoli che cambieranno la sua visione del mondo.

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Innanzitutto la scoperta dei cadaveri nel bosco (grande l’incipit) pone fine, diciamo, alla sua fanciullezza. Da qui in avanti deve fare i conti con un intreccio di elementi che il regista stratifica con abilità. Ci sono elementi politici, quale l’incarcerazione del padre, elementi sociali, poiché il pane nero del titolo è il pane dei poveri in contrasto con la ricca famiglia proprietaria, ed elementi quasi medemiani, la storia del fantasma Pitorliua. Neanche a dirlo sono questi slanci fantastici che stingono a causa della dura realtà.
In poco tempo Andreu ribalta la concezione che ha di suo padre, da eroe a vittima del denaro e del potere, ed egualmente diventa testimone – oculare, ripreso sempre da dietro uno spigolo, una finestra, un albero – delle manfrine adulte, dei giochi sporchi (il professore e la ragazzina), degli eventi passati (uccidere un ragazzo perché omosessuale), il che urta con l’insegnamento del papà che gli dice di portare sempre degli ideali nel cuore.

E così, come per il ragazzino di Tras el cristal che pur avendo subito il male continuava a perpetrarlo, Andreu giunge alla fine del suo percorso (/alla fine del film) totalmente disilluso, e, ancor peggio, deumanizzato come i suoi simili: disconosce la madre, la bolla di fronte ai nuovi compagni come una del paese che è venuta a portargli delle cose.

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Mancano le rasoiate, ma Villaronga sa sempre come colpire l’occhio, e la mente.

Recensione: pensieriframmentati.blogspot.it

By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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