DESPAIR (SubITA)

Titolo originale: Despair
Nazionalità: Germania
Anno: 1978
Genere: Drammatico, Giallo
Durata: 119 min.
Regia: Rainer Werner Fassbinder

1930: Hermann Hermann comincia a vedere un suo sosia. In realtà, soffre di uno sdoppiamento della personalità che lo porterà ad ingaggiare un vagabondo credendolo identico a lui.

Da “Disperazione” (1936) di Nabokov, un viaggio fra i doppi in cui il regista tedesco gioca continuamente con specchi e vetrate labirintiche che s’inframmezzano fra gli uni e i loro nessuno e centomila, confondendo le visioni folli del protagonista con la realtà. Diventa un esercizio di stile di alta maestria, raffinatezza e complessità sul tema. Il finale si appoggia molto sul caso clinico-realistico perdendo la matrice surreal-allegorica, ma possiede comunque il suo vigore tragico (più fassbinderiano che nabokoviano) nel completare il disegno di un uomo (o artista) malato alla ricerca di nuova vita. Il tema della frantumazione dell’ nella società moderna è il prediletto dallo scrittore (richiamato da Fassbinder anche nell’ossessione per il sesso e filmando dei giocatori di scacchi) e la crisi di Hermann Hermann (doppio già nel nome) richiama quella di una nazione che stava per gettarsi fra le braccia del nazionalsocialismo.

Se il personaggio di Dirk Bogarde, per certe depravazioni messe in atto con la moglie disprezzata, pare richiamare quello de Il Portiere di Notte, Fassbinder torna ad attaccare la borghesia, pronta ad aiutare un povero solo se lo percepisce (letteralmente) uguale a sé, ed è a suo agio in linee temporali passate dove può curare, ai limiti del kitsch, scenografie e costumi. Ma la vera anima del film, ricerca estetica del regista a parte (qui le immagini sono di per sé significato: la forma non è disgiunta dal contenuto), è Dirk Bogarde l’attore/autore, regista fra (grandi) registi: impossibile prescindere dalle sue caratterizzazioni in molto cinema autorale europeo. Non è mai stato un talentuoso, malleabile interprete delle parti fornite dai registi, ma il grande interprete della “sua” parte creata per il regista. Semplicemente Divino. Il film contiene anche una curiosa componente poliziesca: Hermann prende spunto, per il suo piano diabolico, da una follia vissuta realmente. Il delitto perfetto, cioè, ci sarebbe, ma non funziona nel momento in cui quella stessa follia gli ha negato uno sguardo più obiettivo (infatti, non sceglie un “sosia”). Tom Stoppard sceneggia, Fassbinder dedica ad Antonin Artaud, Vincent van Gogh e Unica Zürn.

Recensione: spietati.it

 

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By Anam

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