
Titolo originale: Tekuno Burazāzu (Techno Brothers)
Paese di produzione: Giappone
Anno: 2023
Durata: 96–97 min
Genere: Grottesco, Musicale, Commedia
Regia: Hirobumi Watanabe
Sinossi:
Un trio di musicisti misteriosi, i Techno Brothers, accompagnati da una manager spietata, Himuro, parte per Tokyo con l’intento di fare carriera nel mondo della musica. Ma la loro partenza è ostacolata da intralci emotivi e geografici: non riescono a lasciare il loro paese natale di Otawara, trasformando il viaggio in una trappola ironica e beffarda.
Vedere Techno Brothers è come assistere a un rito di passaggio nel cuore della provincia giapponese, dove il sogno della metropoli si scontra con la lentezza dolorosa dell’incompiutezza. Watanabe filma il canale che intercorre tra Otawara e Tokyo, ma non lo usa come traiettoria, bensì come linea di faglia: lì esplode il contrasto tra desiderio e realtà.
I protagonisti — silenziosi, perfettamente rossi, terni come simulacri Kraftwerk — sono parte di una processione di fantasmi musicali. Himuro, manager con occhiali neri e giacca leopardata, è un’araba fenice dedita al potere più che alla musica: guida, affama, umilia, ma crede in quel suono freddo e astratto come crede nella redenzione del fallimento. Lo sguardo di Watanabe trasforma ogni inquadratura in una resistenza: campi fissi, long take, silenzi che diventano gomitoli di attesa. Ogni pedalata dell’auto, ogni boccone negato, ogni applauso scostante diventa simbolo: qui la fame non è solo fisica, è mancanza di senso.
A Udine, qualcuno ha sorriso di fronte alla loro precisione meccanica che non sapeva se attirare o allontanare. Altri hanno visto la parodia raffinata di un circuito pop strozzato tra desiderio di fama e provincialismo. In quei commenti, senza nominarli, c’è il respiro che resiste: trovano ironico che Himuro ordini solo acqua mentre consuma pasti lussuosi; trovano poetico che suonino davanti alle orchidee, come fossero esperimento botanico surreale; trovano tragico che sbaglino, che inciampino nella loro stessa performance.
Perché Techno Brothers non è solo malinconia settembrina nel Kanto: è parabola dell’artista moderno, marginalizzato, invisibile, costretto a suonare in arene minuscole perché la metropoli è un miraggio. Poi ritorniamo al colore: Watanabe abbandona il bianco e nero dei suoi film precedenti e tinge tutto di rosso techno e blu satura. Non è solo cromatismo — è vibrazione. La musica di Yuji Watanabe è ossessione analogica, e il suo riverbero fuori fuoco entra nel nostro sistema nervoso come una corrente lenta.
Il finale non risolve, ma sguscia. Ci rimetti in mano uno sguardo sospeso, come un vinile oscillante senza puntina. In questo film, il viaggio non serve per arrivare: serve per capire che il vero successo non risiede nella meta, ma nella liturgia della marcia, nella memoria del passo. È il road movie più stanco e più sincero che ti resterà addosso, come un tatuaggio emotivo.

Il link per i sottotitoli non funziona
Grazie