A SPELL TO WARD OFF THE DARKNESS [SubITA]

Titolo originale: A Spell to Ward Off the Darkness
Nazionalità: USA
Anno: 2013
Genere: Musicale, Sperimentale
Durata: 98 min.
Regia: Ben Rivers, Ben Russell

Un personaggio senza nome si trova ad affrontare tre scelte di vita: prima come membro di una di quindici persone su un’isola al largo dell’Estonia, poi abbandonato a se stesso nel Nord della Finlandia e, infine, al microfono di una di black metal. Tre esperienze ossimoriche ed estreme che, tra immagini evocative di una natura incontaminata messe in contrapposizione con il caos delle performance musicali del protagonista, evocano i fantasmi dell’utopia e della libertà individuale ai giorni nostri (dal catalogo del TFF).

Chiedersi quanto ci sia di realtà e quanto di finzione in A Spell to Ward Off the Darkness sarebbe straordinariamente ozioso e improduttivo, così come domandarsi quale sia l’obiettivo del film (altro modo per interrogarsi sul cosiddetto “messaggio”: le virgolette, ovviamente, sono di disprezzo). Non sarà chi scrive a farlo. Nella pellicola di Ben Rivers e Ben Russell ciò che conta è evidentemente altro: l’annullamento delle gerarchie narrative, l’azzeramento delle psicologie convenzionali, la cancellazione dei nessi causa-effetto. Persino il personaggio portante (Robert Aiki Aubrey Lowe) s’impone come veicolo di transizione da un segmento all’altro e non quale protagonista comunemente inteso. Molto più di una semplice demarcazione sintattica, il lampeggiante triangolo equilatero che scandisce le tre parti si erge a principio compositivo di equalizzazione tra le sezioni, suggerendo un altro ordine possibile, non esclusa la simultaneità. A differire sensibilmente, in questa partitura triangolare sull’utopia sotto forma cinematografica, sono tuttavia gli approcci al tempo della rappresentazione: dichiaratamente ispirato a Milestones (1975) di Robert Kramer, il primo segmento dispiega una temporalità libera ed ellittica che veicola l’impressione di uno sguardo fluttuante e calato nel vivo delle situazioni riprese. Nella seconda parte, grazie a un trattamento stilizzato e rarefatto, le durate delle inquadrature si dilatano notevolmente per trasmettere la sensazione di un periodo più lungo di tempo passato in solitudine a stretto contatto con l‘ambiente. La terza sezione, infine, si smarca dalla scansione cronologica per immergersi nella fenomenologia dell’istante: girato con riprese continuative, il concerto di black metal – provato prima a porte chiuse e poi filmato il sabato sera in tempo reale – cala lo spettatore nella radicalità di un qui e ora che vive esclusivamente di prossimità e tangibilità audiovisiva. L’incantesimo per allontanare l‘oscurità? Il cinema probabilmente.

Recensione: spietati.it

 

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By Anam

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