NAKED UNDER THE MOON [SubITA]

Titolo originale: Hubad sa ilalim ng buwan
Nazionalità: Filippine
Anno: 1999
Genere: Drammatico
Durata: 110 min.
Regia: Lav Diaz

Le fortune e le disgrazie di una famiglia filippina: la figlia Lerma è affetta da una strana forma di sonnambulismo e vuole sposare un giovane pescatore; la madre di Lerma tradisce il marito con un altro uomo; la sorella di Lerma assiste inerte a un succedersi inevitabile di tragedie. 

Bisognerebbe guardare Naked under the moon con gli stessi occhi con cui si guarda Cronaca di un amore di Michelangelo Antonioni: un film che deve mascherare la propria tecnica (si ricordi la panoramica mutilata di Antonioni) in favore di una narrazione adatta a un certo tipo di pubblico, non ancora pronto per i flussi scostanti di Melancholia o il piano-sequenza di Professione: reporter. Ciononostante, i temi tipici del e colossale cinema di Lav Diaz sono presenti e, al di là dell’ambientazione agreste e della povertà che realizza le vicende fungendo da loro propulsore (una fuori-campo, giusto all’inizio, ci avverte delle condizioni economiche della famiglia protagonista), sono tutti enucleati nella figura di Lerma, nel suo penetrare i boschi e perpetrare la naturalità dell’essere (umano) attraverso il naufragio sonnambulistico che la fa essere (nuda sotto la luna); non c’è, però, ancora salvezza per nessuno dei personaggi in scena, ma c’è liberazione – liberazione dai vincoli familiari, dalla logica societaria, dalla povertà, una liberazione che, evitando spoiler, avvicina l’uomo a Dio, che fa dell’uomo stesso il Verbo, e come insegna Goethe il Verbo biblico è azione, cioè liberazione da sé e realizzazione di sé: ora, questa frattura che s’interpone tra l’essere uomo e diventarlo è solamente mostrata, perché tutti qui – da Lerma a Lauro – sono vittime di se stessi, esacerbati in se stessi e la liberazione che compiono è fondamentalmente riflessiva, la quale, se da una parte ha come piacevole conseguenza l’inerzia del semplice nulla, del vuoto antecedente l’attività creatrice, dall’altra costringe i personaggi in quel vuoto, permeato dall’incomunicabilità di chi è soltanto in se stesso per se stesso.

Non esiste ancora il male, e Naked under the moon mostra per questo un cinema puro, irreale; bisognerà attendere la maestosità di Death in the land of encantos per vedere affiorare il male, l’intersoggettività dei personaggi, le interiezioni e le azioni interattive che compiono, spesso metafisicamente, in favore della rivoluzione, quindi il loro essere – e l’essere stesso del cinema che le inquadra e le manifesta – fondamentalmente politici, non più isole ma carni doloranti di socialità, sagome che si sforzano di soffrire perché solo il dolore è veramente rivoluzionario essendo esso l’unica via dell’uomo per sconfiggere il male e avvertire la vita come un qualcosa che sfugga l’assurdità (senza il dolore la vita è assurda, direbbe Pareyson) e acquisti, ancora parafrasando Pareyson, il ritmo della libertà.

Recensione: emergeredelpossibile.blogspot.it

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By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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