THIS TRANSIENT LIFE [SubITA]

Titolo originale: Mujô
Paese di produzione:
Anno: 1970
Durata: 143 min.
Genere: Drammatico, Spirituale, Visionario
Regia: Akio Jissôji

Masao e Yuri, rispettivamente fratello e sorella, vivono in un tranquillo sobborgo di Kyoto. Lui 21 anni, lei 25. I genitori sono preoccupati perché la loro unica figlia non si è ancora sposata, mentre Masao non fa niente tutto il giorno; non si è iscritto all’Università e non lavora col padre nella sua attività di commerciante. L’apparenza iniziale ci mostra due persone comuni, ma poco a poco ne scorgiamo un aspetto nascosto. Yuri, sebbene sia bella e affascinante, ha un lato infantile e ingenuo, di chi non ha fatto le esperienze delle proprie coetanee. Come se quel piccolo luogo sia sempre stato per lei una campana di vetro e da lì non si sia mai mossa. Il matrimonio è fuori dal suo limbo, dalla sua concezione di “bambina”. Si potrebbe pensare addirittura ad una sorta di autismo. Il fratello minore, ha un particolare interesse per le statue Buddhiste. Un giorno si reca alla volta di Kyoto, per cercare materiale in un’antica libreria. Giunto nella ex capitale ci viene rivelata la sua vera indole di individuo asociale e immorale. Quando ritornerà a casa, una sera piovosa, approfitterà della sorella e la condurrà verso i piaceri del sesso. I due inizieranno una relazione incestuosa a tutti gli effetti. Sarà l’inizio di una serie di sgradevoli eventi dei quali Masao ne sarà il protagonista, lasciando terra bruciata ovunque passerà.

Il personaggio di Masao, fulcro del film, ha una visione della vita decisamente estrema, seppur non sia malvagio. La sua dissolutezza lo porta ad introdursi ed a condizionare la vita delle persone che gli stanno intorno, avvicinandole alla perdizione secondo un piano apparentemente diabolico ma portato avanti secondo ragionamenti mai banali e che dimostrano una certa scaltrezza e intelligenza. Non vi è in lui traccia di pentimento o di rimpianto e non ha dilemmi che lo tormentino. Non ha la visione di ciò che è bene o male, né dell’esistenza di un mondo dopo la morte, e questo indubbiamente va a suo vantaggio. Non avere paura della morte dona una marcia in più. L’eterno dilemma esistenziale che porta le persone a tormentarsi per tutta la vita. Niente dura per sempre, quindi è bene lasciarsi andare. Sovente, Masao filosofeggia con un monaco suo ex compagno delle superiori, che pare provare una gran fatica a confutare le idee di Masao avendo lui stesso dei lati d’ombra dei quali solo gli spettatori possono venirne a ma che Masao, con la sua scaltrezza, pare averlo capito assai prima.

Quanto apprezzato a livello di tecnica registica in “Mandara”, che verrà realizzato un anno dopo, lo si deve a questo “Mujo”. Un altro esempio di avanguardia. La macchina è sempre in movimento, mai sostenuta a braccia ma cercando sempre soluzioni eleganti e mai banali. Anche quando i personaggi sono fermi, vediamo dei piani sequenza con la telecamera che si sposta lentamente. È veramente un piacere vedere la fluidità della camera quando segue i personaggi, o quando loro stessi la seguono. Basta vedere i primi minuti per farsi già un’idea.
Il commento sonoro è di stampo barocco, eseguito col clavicembalo e il violino.
Un altro pezzo di cinema giapponese forse non considerato come dovrebbe, ma che farà la gioia di chi è alla ricerca di gemme nascoste fuori da ogni schema. “Mandara” sarà in un certo senso l’apoteosi di questo regista, sempre coraggioso nelle sue scelte.

asianworld.it

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By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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