LOVE GOD (SubITA)

Titolo originale: Love God
Paese di produzione: USA
Anno: 1997
Durata: 80ina di min.
Genere: Horror, Commedia, Grottesco
Regia: Frank Grow

Il film LOVE GOD dello sceneggiatore Frank Grow è come nessun altro film che abbiate mai visto. Si tratta di una delle uscite più oltraggiose di tutti i tempi o della più grande commedia underground che sia mai riuscita a sfondare nel mainstream. Più che un semplice film di mostri, affronta diverse storie parallele e si basa su una complessità frammentata che non si è mai vista nella maggior parte dei film di Tinseltown. Inoltre, farà correre molti spettatori verso l’uscita a tempo di record…
Will Keenan (TROMEO E GIULIETTA) interpreta Larue, uno schizofrenico dimesso da un ospedale sovraffollato di New York e ora rinchiuso nello sgangherato Love Hotel. Qui incontra i suoi vicini, tra cui una ragazza muta che sembra attratta da lui, la sua mamma ossessivamente pulita e un vicino di casa affetto da sindrome di Tourettes che diventa coinquilino. Aggiungete una stravagante di nome Kali, che massacra la gente nel tentativo di compiacere il dio indiano Shiva, e un medico pazzo che gira per la con la sua infermiera con la coda di maiale, alla ricerca di un mostro in fuga: un parassita che viaggia nelle fogne, ingerisce le sue vittime e le sputa fuori come grumi di lattice ambulanti.
Per quanto tutto questo possa sembrare confuso, Grow fa un ottimo lavoro nel destreggiarsi tra le varie storyline, con sequenze animate che forniscono una spiegazione sintetica dei vari personaggi, malattie e religioni che entrano in gioco. La sceneggiatura, inoltre, abbraccia audacemente diverse angolazioni: non si tratta solo di un film di mostri intriso di commedia nera, ma anche di una storia d’amore. E quando il cerchio dei personaggi si completa, essi si intersecano in qualche modo. Il Grow infarcisce il film anche di piccoli momenti sovversivi, come la visita al tetro ospedale pieno di pazienti lobotomizzati. O, ancora meglio, due prostitute punk che rimorchiano Larue e finiscono in una squallida stanza d’albergo con le lenzuola ancora coperte di sangue da un recente omicidio. Ma anche se tutto ciò sembra abbastanza strano, non sarebbe più di un semplice esercizio di stranezza se non fosse per il cast, che si impegna al massimo per portare la psicosi e l’umanità appropriate ai loro ruoli. In primo piano, Will Keenan è notevole in un ruolo da protagonista che sembra una combinazione di Buster Keaton e Travis Bickle. Che si tratti di scolpire ossessivamente un busto in gomma da masticare o di arrampicarsi sui lampioni della città, Keenan recita in modo del tutto lineare, individuando il nucleo emotivo del personaggio e risucchiandoci nel di Larue di affrontare il mondo reale. L’interesse amoroso di Larue, Helen (Shannon Burkett), è così represso per la maggior parte del film che non si può fare a meno di provare pena per lei, e sebbene Kymberli Ghee abbia l’aspetto e l’energia giusti per interpretare Kali, la killer dipinta di blu e sangue, non riusciamo mai a capire veramente la sua ossessione… Il film ha un aspetto surreale e i mostri (creati da Paul Etheridge-Outzs, Brian Durham e Grow) hanno un aspetto simile a quello di Salvador Dali che incontra Larry Buchanan. Sfortunatamente, l’approccio ambizioso e avanguardistico di Grow – tagli incrociati a raffica, evitamento delle inquadrature standard a favore di primi piani e prospettive POV – rende spesso difficile capire cosa diavolo stia succedendo sullo schermo o vedere bene queste creature. Sgranata e costantemente in faccia, la sua ripresa digitale in continuo movimento non solo vi fa sentire come se foste nel mezzo di questo caos urbano, ma anche come se foste incasinati come i personaggi. Soprattutto, il design della produzione cattura sapientemente la grinta della città, in particolare quando descrive lo stile di vita di Larue. Come vi dirà la maggior parte dei newyorkesi di lunga data, i film che promettono la realtà della vita urbana raramente centrano il bersaglio. Grow non solo comprende l’indigenza della vita di città, ma la rende parte integrante della trama tanto quanto i personaggi. Abbagliante, frustrante e del tutto originale, LOVE GOD non ha paura di inaugurare un nuovo modo di approcciarsi al cinema. Anche se dubito che vedrete presto questa colorata esplosione di immaginazione e di squilibrio nel vostro multisala locale, se mai c’è stato un film destinato al prossimo millennio, è questo.

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© 1997 di Steven Puchalski.
(https://www.shockcinemamagazine.com/)

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