FEMINA RIDENS

Titolo originale: Femina ridens
Nazionalità: Italia
Anno: 1969
Genere: Erotico, Thriller, Visionario
Durata: 108 min.
Regia: Piero Schivazappa

Il dottor Sayer, direttore di un istituto filantropico, in seguito ad un trauma infantile è cresciuto con il terrore del rapporto sessuale. Teme che la donna, in certe situazioni, si comporti come la femmina dello scorpione che uccide il maschio con cui si è accoppiata. Il suo complesso lo ha trasformato in seviziatore di fanciulle a pagamento.

Coraggioso lavoro in controtendenza con il praticato “femminismo” dell’epoca (1969) e addirittura in grado di anticipare risvolti sociali di prossima applicazione grazie allo sviluppo della scienza (la fecondazione assistita).

La direzione di un istituto filantropico appare decisamente in contrasto con la tendenza misogina del dottor Sayer (Philippe Leroy). Questi infatti, ossessionato dalla visione, da piccolo, di uno scorpione femmina che divora il maschio dopo l’accoppiamento, non riesce a provare, per le donne, altro che odio. Pur essendone attratto sessualmente ricorre a consumare rapporti mercenari, durante i quali pone le ragazze in situazioni subalterne e umilianti. La nuova segretaria Mary (Dagmar Lassander) si offre di passare da di Sayer per recuperare certi documenti. È l’occasione che l’uomo attendeva: rapire, torturare e uccidere una donna. Tutto nell’arco di un week end che però si concluderà in maniera totalmente diversa da quanto progettato.

Schivazappa ha purtroppo diretto poche pellicole e dopo questo notevole Femina ridens lo si ricorda solo per il mediocre (pur acclamato dal pubblico) ultimo lavoro per il cinema, La signora della notte, erotico spinto vanificato dalla presenza di Serena Grandi nel ruolo da protagonista.

Due pellicole queste dai risultati decisamente antitetici: probabilmente a causa di un cast che solo qui è molto interessante (Leroy e una graziosissima Lassander) e al servizio di una bella sceneggiatura.

“Avere davanti agli occhi una donna prigioniera, e sapere che è prossima alla morte, è uno spettacolo estremamente affascinante. Ma la cosa più eccitante è sapere che, nel suo cervello, nonostante il terrore che l’attanaglia, sopravvive un filo di speranza”: da questo monologo emerge, con inequivocabile chiarezza, la mentalità contorta di Sayer. Mentalità che si scatena nella messa in atto di una forzata prigionia, vittima la dolce (ma anche sensualissima) Mary, apparentemente subordinata segretaria, costretta a subire deprivazioni fisiche e mentali in un allucinato week end di “terrore”, organizzato dal suo spietato principale.

Le riflessioni di Schivazappa fanno impressione se considerato l’anno di realizzazione del film: nella prima parte il regista fa riferimento alla procreazione assistita e al ruolo puramente marginale del “maschio” nell’atto riproduttivo.

Femina ridens affronta dunque con estremo coraggio temi all’epoca tabù e oggi surclassati dalla e dalle applicazioni di certa scienza -apparentemente- scellerata.

Squisitamente Anni ’70 per i costumi e le acconciature (stupenda la pettinatura della Lassander), la pellicola si divide in due parti: una prima incredibilmente cinica e crudele (in questo alimentata da un retrogusto censorio che ne amplifica gli effetti) ed una seconda che deraglia in direzione opposta, con la messa in atto di una apparente d’amore, destinata a sprofondare in una relazione ipocrita, mielosa e, naturalmente, falsa.

Con il supporto dei due bravissimi interpreti, della bella colonna sonora (opera del grande Cipriani), di una curata fotografia e di affascinanti scenografie (gli decorativi sono un omaggio dichiarato a Claude Joubert e a Giuseppe Capogrossi) Schivazappa realizza un film in anticipo sui tempi (siamo a fine Anni ’60 ma qui si supera, ad esempio, il clima morboso di un lavoro che sembra dovere molto a Femina ridens, ovvero il più tranquillizzante e patinato Nove settimane e mezzo) e controtendenza rispetto al periodo, per quanto spedito in direzione anti femminista come il titolo stesso suggerisce. Titolo evocato dal monologo di Sayer quando, favoleggiando sulla vita dopo la morte, così si rivolge alla “sottomessa” Mary:

“Cerca di pensare al dopo la morte, adesso che ci sei così vicina. Pensa a cosa diventerai dopo la reincarnazione: un uomo? Giallo o nero? Un gatto persiano o un topo di fogna? O una iena, una iena ridens, magari? No. Tu diventerai uno scorpione… femmina naturalmente. Una grande avida, perfida scorpionessa!”

Guarda anche  KURO (SubITA)

Citazione: “Non immagini che piacere mi dia osservare da vicino una femmina terrorizzata. Sarebbe meraviglioso captare, sentire, ciò che avviene in te in questo momento. Le ghiandole surrenali emettono adrenalina in maggior quantità. L’adrealina fa contrarre i vasi sanguigni, rende difficoltosa la circolazione e provoca il pallore che c’è sul tuo volto. Contemporaneamente fa aumentare la pressione e il ritmo cardiaco. Il cuore accelera i battiti, sembra che ti scavi un vuoto nello stomaco. Le ghiandole sudoripare aumentano la secrezione e le mani si bagnano di un sudore freddo; le ghiandole salivari, invece, si bloccano. Hai la bocca asciutta, la gola secca e infuocata. La lingua… la lingua è incollata al palato, e senti come un acre sapore di terra”. (Sayer, Philippe Leroy)

Recensione: filmtv.it

 

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By Anam

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