Titolo originale: Eden Log
Nazionalità: Francia
Anno: 2007
Genere: Fantascienza, Horror, Visionario
Durata: 101 min.
Regia: Franck Vestiel
Un uomo si risveglia immerso nel fango, all’interno di una caverna. Attorno a lui vede solo radici e melma e non ha alcun ricordo di come sia arrivato in quel luogo, né cosa sia accaduto al corpo che giace accanto a lui. Non ha altra scelta che mettersi in movimento, risalendo verso la superficie, in un viaggio simile ma opposto a quello dantesco, che lo porterà a scoprire una terribile verità legata alla fine di una società chiamata Eden Log, che assomiglia molto a quella nella quale viviamo.
Eden Log è un affascinante fantahorror francese e ottimo esempio di come con uno scarso budget, ma una precisa visione, si possa creare un’atmosfera magari non originale, che tuttavia intrappola lo spettatore fino al finale grazie ad una sensazione costante di claustrofobia e minaccia. Inoltre il plot misterioso, costruito come un puzzle, intriga, benchè non sia pienamente risolto se non su un piano quasi simbolico e per certi versi ermetico, e riesce ad avvincere nonostante la quasi totale assenza di dialoghi e un protagonista ambiguo, violento, privo di parola. Il piccolo miracolo avviene grazie al talento del regista Franck Vestiel (aiuto-regista in altre produzioni francesi, tra cui Dante 01, Them, Saint Ange), a soluzioni narrative brillanti, alla cura per il design gigeriano degli ambienti, per la fotografia, per gli effetti sonori ambientali e la soundtrack (opera degli inquietanti Seppuku Paradigm). L’aspetto visuale di Eden Log è quello che colpisce in prima istanza lo spettatore: i colori sono praticamente assenti, se non a schizzare esplosioni di violenza; la tavolozza è un misto di bianco lattiginoso e grigi scuri, e contribuisce a far metabolizzare sin dall’inizio l’idea che tutto il mondo si sia spento. Girato quasi interamente con telecamera a mano, ma con movimenti precisi e molto fluidi, inquadrature stranianti e suggestive, il film procede senza sosta (e senza comunque sacrificare un grammo dell’atmosfera costruita) su un doppio binario: da una parte la fuga di Tolbiac e la sua lotta per la sopravvivenza contro mostri e guardiani, dall’altra la storia viene decostruita e restituita a brandelli, con un solo momento esplicativo che viene ad essere il nodo centrale intorno a cui agganciare tutti i pezzi precedentemente ottenuti per costruire il mosaico narrativo nella sua interezza. Eden Log è principalmente un’esperienza sensoriale, quasi sperimentale, in cui sono la plastica, il metallo, le urla e i lamenti i veri protagonisti. L’uomo si è autodistrutto, diventa elemento d’arredo e le macerie che ha lasciato non sono il proscenio, ma l’attore principale. Gli umani se non sono morti, sono mutati o prossimi a trasformarsi in mostri, compreso lo stesso Tolbiac verso cui sarà difficile simpatizzare, in particolare quando la sua mente si sforza di non cedere ad una mostruosa follia, di cui non conosce ancora l’origine: mentre immagina di far l’amore con una biologa superstite, in realtà la sta stuprando con ferocia. Il viaggio di Tolbiac è quello di un uomo che raccoglie i pezzi di un’umanità allo sbando, sfruttatrice e disgustosa (peccato mortale rivelare lo scopo reale dell’albero), come un archivista che tenta di ricostruire una storia passata e terminate le sue ricerche non possa che trarne le più estreme conclusioni. Eden Log: un’ora e mezza di angoscia, azione e suggestioni.
Recensione: latelanera.com