DOLCEZZA EXTREMA 🇮🇹

Titolo originale: Dolcezza Extrema
Titolo Internazionale: Sick Sock Monster from Outer Space
Paese di produzione: Italia
Anno: 2015
Durata: 76 min.
Genere: Sci-fi, Animazione, Commedia
Regia: Alberto Genovese

Questo ne dice Marco Minniti:
Presentato alla trentacinquesima edizione del Fantafestival, Dolcezza Extrema di Alberto Genovese è una frastornante cavalcata sulle ali di un immaginario weird e iper-contaminato.
Gli abitanti di una lontana galassia vivono nel culto del benessere fisico e dell’estetica più estrema, e ricordano il martire Elfisio, morto fulminato dalla scarica di una lampada abbronzante. Quando il re Grigorio ordina che, in memoria di Elfisio, sia consegnata ad ogni pianeta una speciale lampada, per il trasporto viene ingaggiata l’astronave Dolcezza Extrema, con un equipaggio di ex criminali e rockstar fallite…
Nel variegato programma della trentacinquesima edizione del Fantafestival, la palma dell’opera più libera, fuori dagli schemi, refrattaria a ogni tentativo di classificazione, va senz’altro a Dolcezza Extrema. Film, quello di Alberto Genovese (già regista di un altro titolo fortemente weird come L’invasione degli Astronazi) dalla genesi di oltre tre anni, che mescola pezzi di immaginario nerd delle più svariate tipologie, dalla science fiction classica ai manga, dall’animazione tradizionale a quella digitale e in stop motion, dal cotè scenografico dell’heavy metal all’approccio di certo cinema popolare “cannibale” (a chi scrive è venuto in mente un cult del riciclo “creativo” come Turkish Star Wars). In fondo, proprio il riciclo è, dichiaratamente, uno dei concetti principali che sottendono alla realizzazione del film di Genovese: fin dalla scelta di utilizzare come “attori” dei pupazzi derivanti da oggetti comuni (come calzini e bottoni) che si muovono su un universo digitale, con l’unico comprimario in carne ed ossa rappresentato dall’attore Eddy Endolf, al secolo Marco Antonio Andolfi (noto al pubblico dell’horror italiano per il suo La croce delle sette pietre).

Nei 76 minuti del suo film, Genovese mostra un’immaginazione debordante, un attitudine alla contaminazione e alle giustapposizioni più ardite (la fantascienza col mito del corpo sempre giovane e in salute), un approccio alla materia divertito e assolutamente libero. Il film ha il merito di non appesantire troppo il materiale di partenza col tema della satira di costume, con una sovrapposizione troppo esplicita della trama col bozzetto sociale in forma di fantastico; lasciando che lo sberleffo al mondo del fitness, delle lampade abbronzanti e dei corpi sudati e asessuati che popolano le palestre, resti implicito ma non per questo meno efficace. L’irriverenza del film sta tutta nei suoi personaggi fatti di bottoni, calzini e stracci, che vagheggiano divinità di luce artificiale e improbabili martiri; nel volto del “Re Grigorio” di Andolfi e nel suo alter ego deforme Bakterio Piloro, nei suoi intermezzi musicali e in acido buttati nel mezzo della narrazione a spezzarne deliberatamente il ritmo. Se l’attitudine del regista è quella di chi non guarda in faccia nessuno, in fondo, ciò non può che valere anche per le del linguaggio cinematografico.

Questo ne dice (sintetizzando) Paolo C. su “Film per Pochi
Io volevo fortemente amare questo film, mi sono anche preso anche l’edizione limitata numerata con custodia calzino.
Il fatto poi che la Troma abbia distribuito negli USA il film con il titolo Sick Sock Monster from Outer Space era per me un plus.
Amo tuttora il design così amabilmente raffazzonato della maggior parte dei personaggi ma tolto quello al film rimane ben poco in questo secondo film da regista di Alberto Genovese, che aveva già firmato L’Invasione degli Astronazi. La storia innanzitutto è un puttanaio e non si capisce una sega.
Vedere questo film è stata per me un’esperienza frustrante a causa del potenziale inespresso del prodotto che in fin dei conti si rivela incredibilmente noioso.

Questo ne dico io:
Un gigantesco e preziosissimo pasticcio.
Il film riprende suggestioni e tecniche così svariate e sparse che il risultato è nuovissimo, sorprendente e squisitamente anarchico. Questo il fatto che mi preme di più e che apprezzo maggiormente quando qualche piccola scintilla mi dice che una nuova idea sprizza dall’interstizio fra i fotogrammi di una nuova pellicola e, arrivando al mio pigro cervellino, crea qualche nuovo spazio di idee.
D’altronde siamo tutti nani sulle spalle di nani. Esiste qualcuno che ha creato qualcosa dal niente? Se è vero che tutto è già stato fatto, allo stesso modo in cui le 7 rimangono 7, è vero anche che sono i modi di relazionare gli elementi a disposizione e lo stile che queste relazioni creano magicamente a far spuntare dal vecchio il nuovo. Ed è vero pure che, a poter creare qualcosa di nuovo, è anche la relazione tra questa nuova conformazione di relazioni e l’epoca storica in cui viene proposta, oltre che l’occhio di chi la osserva in quel preciso momento e luogo. Le variabili, insomma, sono infinite. Alcune magari sono prevedibili. Quella proposta da Dolcezza Extrema non lo è e questo fatto è oro colato.

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Perché è oro colato? Perché non è solo un pasticcio?
Mio nonno diceva sempre” de gustibus non est sputazzandum”. Vale a dire che è chiaro che se il film è un puttanaio o è una figata pazzesca lo decidi tu e solo tu dopo averlo visto. Rimane però oro colato da un punto di vista più generale che per me è fondamentale:

È mia ferma convinzione che chi dice che il Cinema è finzione, a meno che non stia consolando una bambina che assiste alla decapitazione violenta di qualcuno sullo schermo, rischia di dire una grossa castroneria. Il cinema è realtà, nel modo più sublime possibile.
Esattamente come chiunque nella vita è abituato a far progetti per potersi inserire in essa. Esattamente come questi progetti sono illusori ma allo stesso tempo reali perché influiscono sul mondo alimentando speranze, visioni, aspirazioni, ispirazioni, così anche il Cinema scaturisce dal nostro bisogno di contestualizzare gli eventi, di inserirli in una prospettiva, in una precisa atmosfera, in un senso di bellezza o in una sua speranza. Noi non viviamo solo in Via delle Rimembranze al n° 3, ma anche nei bungalow sul mare del nord della Francia in “Betty Blue”, sul Pequod in cerca della Balena Bianca o, se non si rinuncia alla propria ottusità, nei panni di un cecchino affianco a quel babbeo di clintistvud. Questo contesto di produzioni immaginifiche che, come diceva il poeta, sono più reali del vero, dà dinamica al nostro vivere, crea una specie di gap mentale tra la fattualità degli eventi e le nostre proiezioni psichiche, dando la possibilità di formulare frasi come “la realtà continua a rovinarmi la vita”. Dando anche ragion d’essere alle odiose forme di censura intente a tenere a bada chi ha i coglioni di seguire il famoso slogan “l’imagination au pouvoir”. Questo contesto di produzioni immaginifiche trova linfa vitale in chi osa la produzione di visioni spiazzanti. Questo è il caso di Dolcezza Extrema, che con poche lire ci mette davanti alla nostra stessa possibilità di utilizzare la e la creatività per migliorare, se non il mondo, almeno la nostra attuale giornata.
Buona giornata a tutti.

FRA

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