100 YEN LOVE (SubITA)

Titolo originale: Hyakuen no koi
Paese di produzione: Giappone
Anno: 2014
Durata: 113 minuti
Genere: Drammatico
Regia: Masaharu Take

Sinossi:
Ichiko è una donna di trent’anni senza lavoro, senza ambizioni e senza un vero ruolo sociale. Vive ai margini, mantenuta dalla famiglia, osservando il mondo come se non le appartenesse più. Dopo una rottura definitiva con la sorella, si ritrova sola in un piccolo appartamento vicino a una palestra di boxe. Lì, quasi per caso, entra in contatto con un universo fatto di disciplina, dolore e ripetizione. La boxe diventa lentamente l’unico spazio possibile per ridefinire se stessa, anche a costo di distruggersi.

Recensione:
100 Yen Love è un film che inizia nel fango e non finge mai di uscirne davvero. Masaharu Take costruisce un racconto di formazione al contrario, sporco, umiliante, profondamente umano, in cui la redenzione non è mai garantita e il riscatto non coincide con la vittoria. È un film che parla di falliti senza romanticizzarli, di corpi stanchi, di vite che hanno perso il ritmo e cercano disperatamente un nuovo battito.

Ichiko è una protagonista rarissima nel cinema giapponese: non è kawaii, non è tragica in modo elegante, non è neppure simpatica. È apatica, rancorosa, disfunzionale. Il film ha il coraggio di lasciarla così per molto tempo, senza scuse né spiegazioni psicologiche rassicuranti. La sua inerzia non viene giustificata come trauma, ma mostrata come condizione esistenziale. Una forma di morte lenta, socialmente accettata.

La boxe entra nel film in modo quasi casuale, ma diventa presto una struttura rituale. Allenamento, ripetizione, dolore. Non c’è gloria, non c’è spettacolo. Il ring non è un palcoscenico, è un altare minimo dove il corpo viene consumato in cambio di una fragile sensazione di esistenza. Ichiko non combatte per vincere, combatte per sentire qualcosa, qualsiasi cosa, che interrompa il vuoto.

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Il film è brutalmente onesto nel raccontare la trasformazione fisica della protagonista. Il corpo cambia, si indurisce, si rovina. Non diventa mai “bello” secondo i canoni cinematografici. È un corpo che porta i segni dello sforzo, della fatica, dell’ossessione. Masaharu Take filma questa metamorfosi senza eroismo, quasi con crudeltà, come se volesse ricordarci che ogni rinascita ha un costo che non viene mai completamente saldato.

C’è una dimensione sottilmente politica in 100 Yen Love, anche se non viene mai dichiarata. Il film parla di una società che espelle chi non produce, chi non performa, chi non riesce a stare al passo. Ichiko è una scoria, un errore di sistema, e la boxe non la reintegra davvero: le offre solo un angolo in cui resistere. Non c’è integrazione sociale, non c’è riconciliazione con il mondo. C’è solo una scelta individuale di non sparire del tutto.

Il titolo stesso è una dichiarazione di poetica: 100 yen è una cifra minima, quasi insignificante. L’amore di cui parla il film non è epico, non è romantico, non è salvifico. È un amore povero, marginale, fatto di piccoli gesti, di resistenza quotidiana, di dignità conquistata centimetro dopo centimetro. Un amore che non promette felicità, ma presenza.

Il finale è uno dei più onesti e dolorosi degli ultimi anni. Non c’è trionfo, non c’è fallimento definitivo. C’è un corpo che resiste, una volontà che non esplode ma resta accesa, come una brace. 100 Yen Love rifiuta la catarsi classica e sceglie qualcosa di più raro: la continuità della lotta. La vita non cambia improvvisamente, ma smette, forse, di essere completamente vuota.

È un film che colpisce perché non consola. Perché non dice che tutto andrà bene. Dice solo che, a volte, scegliere di combattere, anche senza speranza di vittoria, è già una forma di affermazione radicale dell’esistenza. Un cinema asciutto, necessario, che lascia lividi più emotivi che narrativi. E che proprio per questo resta.

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By Anam

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