9 SOULS [SubENG]

Titolo originale: Nain souruzu
Paese di produzione: Giappone
Anno: 2003
Durata: 120 min.
Genere: Avventura, Commedia, Giallo
Regia: Toshiaki Toyoda

Nove detenuti scappano di prigione e la maggior parte di loro sono assassini. Guidando un camper rubato da uno strip club intraprendono un viaggio alla di denaro che uno di loro sa essere nascosto in un luogo, in modo da poter cercare una nuova casa o un qualcosa da cui ricominciare.

Il film si apre con una meravigliosa carrellata aerea su Tokyo, immagini che vengono modificate digitalmente, cambiando l’aspetto della metropoli, in modo da renderlo sempre più desolato, con palazzi che prima si scuriscono e poi scompaiono, fino al suo completo annullamento, con la sola Tokyo Tower rimasta come ultimo baluardo.

Toyoda chiarisce sin da subito che in questo film si parlerà di persone che hanno compiuto qualcosa di terribile nella loro vita, persone che almeno per un momento durante la loro esistenza hanno voluto vedere il bruciare, attraversate da un istinto di distruzione. Immediatamente siamo posti di fronte al dilemma se saremo in grado di empatizzare con degli uomini capaci di certe atrocità e qui entra in gioco l’abilità narrativa di Toyoda, che costruisce un campionario umano che difficilmente riusciremo a dimenticare. I protagonisti della pellicola ci vengono presentati con tavole fumettistiche che compaiono sullo schermo durante la loro fuga dalla prigione, realizzata splendidamente in ralenti e con la meravigliosa colonna sonora prodotta da Dip caratterizzata da chitarre distorte.

Nella prima metà il tono della pellicola è quasi da commedia surreale, con il susseguirsi di situazioni al limite dell’assurdo e ambientate nella desolata e grigia provincia giapponese, con questo sconclusionato gruppo che non fa altro se non devastare tutto ciò che incontra e rovinare la vita delle persone, come ci aveva anticipato la sequenza iniziale. Toyoda si diverte anche a citare Ozu, con numerose sequenze di pisciate di gruppo con tanto di panorama naturale. Il regista mostra anche un certo gusto per uno stile che ricorda i videoclip musicali, caratteristica comune di altre sue pellicole come Shiver ad esempio, con le immagini accompagnate dalla martellante colonna sonora rock.

Nella seconda metà l’euforia iniziale della fuga scompare e lo spazio per siparietti da commedia diminuisce, mentre lo scenario grigio e cupo e già inizialmente senza speranza dell’inizio viene combinato con l’ambientazione urbana, in cui i vari personaggi incontrano il proprio destino e si scontrano con la realtà dei fatti, con momenti di efferata violenza messi in scena con freddezza. Toyoda ci ricorda che non è possibile scappare dalla propria natura, sia essa intrinseca o prodotta da ciò che impone la società, per quanto uno ci provi e lo fa sfruttando tutto il campionario umano protagonista di questo film corale, gestito in maniera perfetta e dando il giusto spazio a tutti, in cui si può conoscere una certa ispirazione al cinema di Robert Altman e che raggiunge l’apice nei 20 minuti finali realizzati in montaggio parallelo.

Un viaggio fisico e dell’anima, un esempio di cinema personale e realizzato con passione, un film che non si può non adorare.

sonatine2010.blogspot.com

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By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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