VISITORS

Titolo originale: Visitors
Paese di produzione: USA
Anno: 2013
Durata: 87 min.
Genere: Documentario, Visionario
Regia: Godfrey Reggio 

“La parola ‘Visitors’ è un termine presente in tutte le lingue del pianeta. È una parola baule, la possiamo interpretare come vogliamo. L’etimologia della parola, però, è ‘chi si reca a vedere’, e questo è ciò di cui il film parla: vedere, sentire, piuttosto che sapere”.

Alcuni anni fa ho chiesto ad un amico: “Perché la gente paga una quantità ridicola di denaro per andare a raccogliere le mele in campagna?” La sua risposta è stata: “Perché è un’esperienza concreta, reale, ma soprattutto perché è una esperienza vera”. “Visitors“, il nuovo film di Godfrey Reggio, è vero, reale come i sentimenti e il senso di distanza che proviamo quando guardiamo i nostri figli immersi nell’universo digitale, una generazione contagiata da una pandemia cibernetica che sembra appartenere a un altro mondo.

Il filosofo francese Bernard Stiegler, in un bel libro intitolato “Prendre soin de la jeunesse et des générations”, scrive che sta avvenendo una ‘inversione generazionale’ ad opera dei media: i genitori e i nonni, sempre meno partecipi alla vita dei figli, ‘appaiono’ nella cinematografia, nelle trasmissioni televisive e nella pubblicità, sempre più infantilizzati, immaturi in balia di emozioni non controllabili, e i bambini appaiono come degli esseri responsabili, lasciati soli a scegliere, a prendere decisioni.

Da una parte gli adulti vengono delegittimati come punti di riferimento autorevoli e dall’altra i bambini vengono sovraccaricati di responsabilità che non sono i grado di assumersi e gestire. Stiegler, descrive il ‘funzionamento dei media’, come un sistema che chiama di ‘tecniche di captazione dell’attenzione’, che ha la capacità di provocare senza soluzione di continuità (grazie alla pervasività di tool e di schermi) una ‘eccitazione emotiva’, costante e immediata che non esercita nei bambini la facoltà di attenzione e la strutturazione di una memoria ricca. L’attenzione un po’ alla volta diventa superficiale, come il gesto consumistico dell’usa e getta; non fa funzionare la concentrazione e disattiva il desiderio di apprendere. Per Stiegler si tratta di una grande operazione di destrutturazione dei meccanismi profondi dell’apparato psichico delle nuove generazioni che diventano dipendenti dall’eccitazione immediata e che non riescono a strutturare nel tempo una capacità profonda di attenzione, una tensione intellettiva in grado di farli diventare ‘maggiorenni’ cioè esseri che si autodeterminano. Don Milani avrebbe detto ‘sovrani’, Cornelius Castoriadis e Ivan Illich avrebbero detto ‘autonomi’.

Bernard Stieglier scrive in “Reincantare il mondo“: “L’ipersollecitazione dell’attenzione e dei sensi genera perdita d’attenzione e insensibilità. Le tecnologie di controllo degli affetti provocano la disaffettazione e la dis-affettazione tramite saturazione affettiva”. Le nostre coscienze sono sollecitate permanentemente con gli iPod, i cellulari, e ora con la diffusione dei programmi televisivi sui cellulari. Siamo giunti a una captazione dell’attenzione degli individui pari quasi a dieci ore al giorno.

Il filosofo, ritiene che questi individui abbiano perso il senso dell’esistenza, il che starebbe a significare che essi “non credono più al mondo”.

Il mio amico, quello di cui parlavo all’inizio del testo, con un filo di demagogia, avrebbe detto che è per questo motivo che andiamo a raccogliere le mele, che coltiviamo gli orti sui terrazzi, e che mangiamo slow food: perché abbiamo perso il contatto con ciò che vero, e il “vero” lo stiamo sostituendo con la tecnologia. È un viaggio che ci sta facendo perdere il rapporto con le cose, ci sta facendo perdere il contatto umano.

“Visitors”, prodotto da Steven Soderbergh, ha richiesto a ben nove anni di lavoro e una grande quantità di investimenti. Negli Stati Uniti, dove è uscito nelle sale lo scorso anno, ha avuto un inaspettato successo di pubblico e grandi incassi (4,6 milioni di dollari in pochi mesi), una cosa incredibile se pensiamo che è un film d’autore.

“Non abbiamo visto noi stessi come esseri umani fino a che non ci siamo osservati attraverso gli occhi di un altro animale”.

“Visitors”, si apre con il primo piano di Triska, una gorilla di pianura che esce silenziosamente dal buio come un treno che si avvicina lentamente verso di noi percorrendo un lungo tunnel.

Ci guarda. Osserva con occhi materni e primordiali, la nostra vita tecnologicamente abitata.

Lentamente una porta si apre facendo entrare un fiume di immagini … Siamo di fronte ad un paesaggio lunare, a un parco di divertimenti abbandonato, a una palude primordiale, a un centro commerciale, a un edificio con la parola “VISITORS” minacciosamente scolpita sul fronte, un’immagine che sembra uscita da un vecchio film di fantascienza degli anni ’50… Nel mix di immagini, vediamo muoversi, contorcersi lentamente volti e figure di giovani. Vediamo delle mani in primo piano, le dita si muovono in gesti che sentiamo famigliari, ma l’impressione è che ci troviamo di fronte ad animali di una nuova specie.

Iniziamo a capire. Stiamo guardando persone impegnate in una sorta di rapporto fisico e visivo con le immagini: dei videogiochi, una partita di calcio, un film. La telecamera li osserva senza che loro la possano vedere. Guardando, “sperimentano” una realtà, che a sua volta diventa un’altra realtà per noi che li osserviamo.

Vedere attraverso la provoca uno stato di trance: il ripete ciò che vede.

Derrick de Kerckhove, sociologo belga allievo di Marshall McLuhan, ne “La pelle della cultura. Indagine sulla realtà elettronica“, scrive che il telespettatore interpreta i gesti, e le posture e le espressioni viste sullo schermo, attivando ciò che chiama “significato sentito” (termine impiegato per la prima volta dallo psicoterapeuta americano Eugene T. Gendlin), ovvero l’equivalente di centinaia di migliaia di operazioni cognitive condotte in una frazione di secondo dal corpo in risposta agli stimoli visivi.

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In parole povere le immagini attivano un’espressione del tono muscolare. L’intero corpo è coinvolto nel vedere, siamo rapiti dal flusso di immagini e facciamo fatica a smettere. Vedere significa che il corpo vuole vedere sempre di più.

Steven Soderbergh, in un’intervista dice che: “Visitors, rivela il rapporto di trance tra umanità e tecnologia. Una che produce effetti imponenti, coinvolgendoci in emozioni estreme che ci spingono oltre la specie umana”.

In una sequenza del film, la rotazione delle superficie lunare ci mostra la terra. Una piccola sfera blu avvolta nel bianco e nero dello spazio. Commentando questa immagine dice:

“La luna è priva di atmosfera perché la vita organica è scomparsa. La luna in un certo senso è un sepolcro. Così la luna diventa una metafora di ciò che viviamo. Come regista, ho sempre voglia di sapere dove è la cinepresa. Se avete notato, nel film l’unico colore che vediamo è il blu del pianeta. Dov’è la cinepresa? Fuori dal pianeta. Il punto di vista di questo film è che siamo fuori pianeta. Stiamo vivendo sulla luna. Noi siamo gli alieni di un pianeta che stiamo mangiando per continuare la nostra ricerca della felicità attraverso la tecnologia”.

In questo progetto ho trovato un’impressionante assonanza con la plasticità di alcuni lavori di Bill Viola; con lo straordinario lavoro di Adam Magyar, un fotografo ungherese che realizza video con la tecnica dello Slit Scan e una telecamera utilizzata nei crash test; con le intense immagini in bianco e nero di Sebastião Salgado; con il film di Herz Frank, “Ten Minutes Older“, o ancora con i film e le tecniche di Errol Morris, (soprattutto nell’impiego dell’Interrotron).

Le musiche del film sono di Phillip Glass che con Reggio ha un collaborazione di lunga data iniziata nel 1983 con la colonna sonora di “Koyaanisqatsi”. Phillip Glass ha registrato “Visitors” con la Bruckner Orchester Linz in Austria. Il risultato della collaborazione è ancora una volta straordinario: suoni ipnotici e immagini che sembrano solide, tattili, tangibili.

Se avete apprezzato il viaggio nell’immaginario accellerato della trilogia “Qatsi” – “Koyaanisqatsi”, “Powaqqatsi”, e “Naqoyqatsi” – (circa 1.500 sequenze in totale) con la quale negli anni ’80 ha inventato un nuovo stile cinematografico, è probabile che siate pronti per vedere questa nuova opera: 75 sequenze di immagini ossessionanti, realizzate con una maniacale cura fotografica, che trasmettono la vastità e la portata dei cambiamenti in corso nei nostri corpi, nelle nostre menti e sul pianeta.

Il film è stato girato in 46 giorni ed è stato montato in 18 mesi di lavoro, un lavoro imponente.

In un’intervista il produttore John Kane dice: “Per realizzare alcune immagini ci sono voluti mesi di lavoro – per esempio, per le immagini del Gorilla sono occorsi sei mesi. Nel giardino zoologico del Bronx, abbiamo lavorato a grande distanza dagli animali, separati da un vetro e alla luce del giorno, il risultato però doveva essere quello di farli sembrare vicini alla macchina da presa, ben illuminati come se fossero in uno studio, simili agli altri ritratti presenti nel film”.

Il film è stato presentato a Toronto nel 2013, e solo adesso arriva in Italia (con l’anteprima romana dell’8 Novembre scorso, al Festival di Cortometraggi e Nuove Immagini Arcipelago). Visitors uscirà in sala nel 2016 grazie alla distribuzione di Wanted Cinema.

Recensione: mauroflaviobenini.org

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By Anam

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