TYRANNOSAUR [SubITA]

Titolo originale: Tyrannosaur
Nazionalità: UK
Anno: 2011
Genere: Drammatico
Durata: 91 min.
Regia: Paddy Considine

Dio non è mio padre
Joseph (Peter Mullan) è un vedovo, disoccupato e alcolista, tormentato e autodistruttivo. L’incontro inaspettato con Hannah (Olivia Colman), imprigionata in un matrimonio infelice e violento, offre a Joseph una possibilità di redenzione. Tra i due nasce un legame di amicizia e amore, un legame che aiuterà entrambi a prendere coscienza di loro stessi e delle loro vite…

Ci sono film che non tradiscono le attese. E non erano i pur incoraggianti premi ricevuti al Sundance a farci ben sperare [1]. Il nostro ottimismo era legato a due nomi, due talenti abnormi, due volti che da soli valgono un film: Paddy Considine e Peter Mullan. Attori legati al cinema di Ken Loach e di Shane Meadows, attori che sono anche autori: Considine ha infatti scritto e diretto Tyrannosaur, il suo esordio dietro la macchina da presa [2], mentre Mullan ha sbancato nel 2002 la Mostra del Cinema di Venezia con Magdalene e ha recentemente diretto l’ottimo Neds [3].

C’è una fotografia di scena – Considine e Mullan seduti su un gradino in una pausa tra una ripresa e l’altra – che probabilmente cattura meglio di qualsiasi fotogramma l’essenza di questo film: regista e protagonista hanno entrambi delle facce vere, intense, vive, lontanissime dalle logiche glamour hollywoodiane. Considine, che non si concede nemmeno un cameo, confeziona un esordio magistrale; Mullan riempie ogni inquadratura col suo viso segnato, con l’incredibile espressività degli occhi, azzurri e glaciali, azzurri e commoventi, col suo fisico massiccio, quasi minaccioso. Abbiamo visto sul grande schermo le tragedie della working class inglese svariate volte, tra capolavori e progetti completamente sbagliati, ma raramente abbiamo incrociato un film così lucido, essenziale, dannatamente e dolorosamente reale. La continuità e la coerenza sono uno dei segreti di questa pellicola.

Tyrannosaur è solo l’ultimo tassello di una poetica comune, trasversale, di una sociale e storica, civile e artistica: la profondità di sguardo di Considine è figlia di un lungo percorso, di centinaia di titoli, dagli anni Sessanta a oggi. È l’espressione forse più alta del cinema inglese, è l’irrinunciabile lotta di classe, è il manifesto operaio, è il grido disperato e orgoglioso che continua a rimbombare nelle di mezzo mondo. Perché la rabbia di Joseph è la rabbia di molti e il terreno che gli frana sotto i piedi è il regalo di tante scelte politiche (volutamente) sbagliate. Le strade, le case, i pub, i cani che abbaiano, le violenze domestiche, l’odio razziale, la guerra tra poveri: le spalle larghe di Joseph reggono colpe e ingiustizie, le sue gambe lo fanno avanzare nonostante tutto, i suoi pugni e i suoi calci colpiscono ciecamente. È la rabbia, è la consapevolezza dell’eterna sconfitta, della prigione che lo ingabbia quotidianamente. Joseph è l’orco cattivo, Joseph è l’orco buono: ama, odia, distrugge, aggiusta. Joseph può uccidere il suo adorato cane a calci, può intenerirsi per il disegno di un bambino. Joseph non poteva che essere Peter Mullan: la macchina da presa di Considine gli si incolla addosso, lo insegue, lo scruta, ne cattura ogni minima espressione, ogni segno di dolore.

Considine costruisce il suo film sulle rughe e sugli occhi di Mullan, sulle ferite della working class. attoriale e messa in scena di assecondano e si sostengono, senza eccessi, senza scorciatoie espressive, senza trucchi narrativi. La regia di Considine è fatta di primi piani, di dettagli, di calibrati movimenti di macchina, con una composizione dell’inquadratura accurata ma mai compiaciuta. Il realismo della messa in scena è una ferita aperta, sanguinante, come le performance attoriali di Olivia Colman (Hannah) e di Eddie Marsan (James). Come la testa di cane, come l’ultimo primo piano di Samuel. Tyrannosaur sembra non avere un fotogramma in più del necessario.

Note
1. Miglior regia, miglior attore e miglior attrice.
2. Prima di Tyrannosaur, Considine ha firmato la sceneggiatura di Dead Man’s Shoes – Cinque giorni di vendetta (2004) di Shane Meadows e ha scritto e diretto il cortometraggio Dog Altogether (2007). Della sua lunga filmografia come attore, ricordiamo almeno Submarine di Richard Ayoade, Le Donk & Scor-zay-zee di Meadows, Red Riding: In the Year of Our Lord 1980 di James Marsh, My Summer of Love di Pawel Pawlikowski e il suddetto Dead Man’s Shoes.
3. Mullan ha scritto e diretto tre lungometraggi. Prima dell’opera di esordio, Orphans (1998), aveva diretto alcuni episodi della serie televisiva Cardiac Arrest e tre cortometraggi. Ha vinto a Cannes nel 1998 il premio come miglior attore per My Name is Joe di Ken Loach.

Recensione: quinlan.it

Guarda anche  EIGHT (SubITA)

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By Anam

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