THE HOUSE OF THE DEVIL (SubITA)

Titolo originale: The House of the Devil
Nazionalità: USA
Anno: 2009
Genere: Horror, Thriller
Durata: 95 min.
Regia: Ti West

Negli anni ’80 la studentessa universitaria Samantha Hughes (Jocelin Donahue) viene chiamata a fare la babysitter proprio  in coincidenza di un’eclissi totale di luna.  La ragazza impiegherà poco a capire che i suoi datori di lavoro nascondono un terribile segreto: torturare e iniziare Samantha in un rituale satanico.

La conferma, credo ormai definitiva, di trovarsi davanti ad un vero talento. Film del 2009 che sembra esser stato girato nel 1982. Cinema di minaccia, paura e

[Spoiler pesantucci soltanto nell’ultima parte.]

Lo trovai enormemente sopravvalutato in The Inkeepers, ebbi modo di ricredermi molto in The Sacrament e adesso, dopo aver visto The House of the devil, posso dirlo abbastanza tranquillamente: Ti West è uno dei mejo giovani dell’horror. A parte il gradimento per THOTD (posso usare l’acronimo?) quello che mi ha affascinato di più di questo regista (più giovane di me mortacci sua) è la sua assoluta poliedricità. Mi fa un horror patinato e di tecnica sopraffina come The Inkeepers, poi prende la camera a mano e gira The Sacrament, e poi, anche se questo film è precedente, riesce, con la sporcizia e gli zoom, col ritmo e le inquadrature, riesce a portarmi dritto negli anni 80.
Tre film completamente diversi l’uno dall’altro. Quelli bravi, i “cinefili”, vi diranno che riconoscono la mano di West subito, anche in cose così diverse.
Io no, visto che a parte certe suggestioni, a parte un’infinita passione per il genere che trapela fuori, a parte di un paio di rimandi, non sarei mai riuscito ad “accorpare” i 3 film.
E questo è bellissimo.

The House of the Devil ha solo un paio di problemi, uno narrativo e uno “redazionale”. Quest’ultimo lo trovo gravissimo. Ma come si fa a mettere nei titoli iniziali il riferimento alle sette? Vuol dire veramente distruggersi con le proprie mani, incredibile. E’ come se all’inizio di Psyco avessimo letto un dato sulla schizofrenia negli Stati Uniti. Questo era un film che fino all’ora e 10 di durata (su una e mezza totale) delle sette sataniche non ci aveva mostrato nulla. Sì, qualcuno sveglio ci poteva arrivare, ma c’erano anche tante altre possibilità (slasher, semplice maniaco, ghost horror etc..). Invece no, ce lo dicono all’inizio (poi a me me l’aveva anche spoilerato Pietro quando ho fatto il post dei film sulle sette sataniche -cazzo, quanto ci stava bene questo- ma tranquillo ragazzo, se non eri te c’aveva pensato West a dirmelo).

L’altro problema, quello narrativo, sta in dei primi 20 minuti francamente faticosissimi, pieni di nulla. In realtà tutto questo è voluto. E qui andiamo al punto forte del film. Nella prima scena West mi spara una mega zoomata nell’appartamento (molto lenta, quasi una carrellata, ma sempre zoom rimane). Poi vedo il vestiario, poi il telefono, poi quello che mangiano le ragazze, poi altre 3 inquadrature che non vedevo da anni e finalmente capisco. Sì, perchè all’inizio credevo che questo film fosse solamente un omaggio agli anni 80, essendo chiaramente ambientato a quei tempi. Poi ho pensato che anche a livello di regia era un continuo omaggio a quel cinema. Poi più si andava avanti e più mi sono reso conto che questo è in tutto e per tutto un film degli anni 80, non un richiamo, insomma, uno di quelli che se lo vedi senza saper nulla non capiresti mai che è stato realizzato quasi 30 anni dopo. West non ha aggiornato ad oggi il cinema eighteens, non l’ha omaggiato, West ha fatto un film degli anni 80 nel 2009. E anche la trama segue quegli anni, le sette, le baby sitter, il terrore dei maniaci, c’è tutto.

A tal proposito ho notato una tendenza molto curiosa nel cinema recente. Senza andare troppo indietro l’idea del “vecchio” da dover accudire (al posto del figliolo problematico/satanico) sta prendendo sempre più piede. Ad esempio c’è un episodio della serie Inside N°9, l’ultimo, che è praticamente la copia narrativa di THOTD.
Oppure il discreto The Skeleton Key. Ma anche in Amer c’era qualcosa di simile. E anche, anzi soprattutto, in Livide, film, che purtroppo non ho recensito, potenzialmente clamoroso dei registi de A l’Interieur. Ma, se ci pensate, tutto rimanda al racconto Gramma di Stephen King, dal quale, tra l’altro, fu anche estratto un corto per Ai confini della realtà.
Comunque…
La ragazza arriva alla villa, suona il campanello ed apre la porta… oddio, un Tom Noonan uguale a qua. Ho fermato la visione, aspettato che il cuore si ricomponesse e poi ho ricominciato.
Parte un nuovo film, un film d’atmosfera, di silenzio, di minaccia.
La grande casa, quei proprietari così strani, quella vecchia che sta lassù. E piccole cose che cominciano a non andare, l’amica non risponde, si trovano cose, si sentono rumori.
Tutto abbastanza già visto. Ma il film è dosato perfettamente. La prima mezz’ora è un prologo, quella centrale il classico horror da casa vuota (con 4,5 minuti fortemente ispirati a Shining, specie la scena del bagno) e l’ultima un delirio. La tensione c’è, e sale continuamente. Ho trovato portentosa la scena della stanza in soffitta, quella mano che esce, la testa che comincia a girare. Poi, come già successe in Kill List, è tutto un vorticoso incubo di uomini, sangue e deliri religiosi. Non mancherà niente, dal sangue ai mostri. Tutto si farà disturbante, gli stessi volti, il montaggio ( quello velocissimo alternato col demonio è l’ultimo dei trucchi westiani per rendere questo film allo stesso tempo così amatoriale e potente), quello che accade. E quell’eclisse di rende tutto ancora più minaccioso e trascendentale. Peccato per il finale, un errore per me di gioventù, il classico finale horror abbastanza improbabile. No, doveva finire con quella pistola, con quella testa che non riesce più a ragionare, con quel Male troppo potente così impossibile da fermare, con il sacrificio umano che non vuole concedersi al Diavolo. Bravo Ti.

Guarda anche  LATCHO DROM [SubITA]

Recensione: ilbuioinsala.blogspot.it

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By Anam

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