Titolo originale: Replace
Paese di produzione: Germania, Canada
Anno: 2017
Durata: 101 min.
Genere: Horror, Fantascienza, Thriller
Regia: Norbert Keil
La pelle di Kira comincia ad invecchiare molto rapidamente. Un giorno scopre che può risolvere il suo problema trovando la pelle di qualcun altro e sostituire la sua.
Rebecca Forsythe è la tormentata protagonista di una riflessione sulla paura dell’invecchiamento e su cosa si è disposti a fare per impedirlo declinata in un horror che guarda ad Argento e Cronenberg
Kira Mabon (Rebecca Forsythe) vive la sua vita al massimo. È giovane, bella, felice. Fino a quando una mattina scopre delle pelle secca sul dorso della sua mano. Terrorizzata dal decadimento del suo corpo, Kira cerca quindi disperatamente una cura. Il morbo continua però a diffondersi e nessuno sembra essere in grado di aiutarla. Devastata, la ragazza trova un certo conforto nella sua vicina, l’estremamente sensuale Sophia (Lucie Aron). Attratta dalla sua attitudine frizzante e pratica, inizia a innamorarsi di Sophia e della sua pelle perfetta e senza difetti. Mentre la malattia progredisce, le opzioni di Kira iniziano tuttavia a esaurirsi, ma una scoperta terrificante cambia le carte in tavola: è in grado di rimpiazzare la propria pelle secca con quella in salute di qualcun altro. Kira sembra così aver trovato un modo per rimanere giovane e bella: sostituire la sua pelle … sacrificando delle vite innocenti. Ma il male continua a diffondersi e il rischio di essere scoperta dalla polizia o dalla sua nuova amica Sophia sta diventando sempre più grande. Kira deve scegliere. Continuare a prendere la pelle di altre ragazze, o affrontare l’inevitabile deterioramento del suo corpo.
Oltre a David Cronenberg, nei titoli di coda di Replace trova posto anche un ringraziamento speciale a Dario Argento. L’influenza del maestro giallo per le illuminazioni da brividi impregna infatti qui la fotografia di silente malessere. Il regista tedesco Norbert Keil (Bathtub To Happiness) opta per raggiungere l’obiettivo prefissato per la protagonista e l’ambiente in cui si muove, ovvero far sì che emanino uno strano fascino empatico, attraverso riprese vicine alla video arte piuttosto che con prevedibili scorci scioccanti. E applicare l’occhio attento di artista incide su come il film possa eludere la dipendenza dal gore come mezzo principale per indurre disagio nello spettatore, anche se non ne è del tutto scevro quando assistiamo all’uditivamente doloroso peeling della cute tagliata o nel guardare la carne che si sbriciola come fosse surgelata. Keil però conosce bene la sceneggiatura, scritta non a caso insieme a Richard Stanley (Hardware), ed è in grado di creare suspense attraverso la storia e i molteplici misteri che guidano la pellicola la rendono coinvolgente oltre la superficie da classico body horror viscerale.
La Forsythe ricorda in più di una occasione Deborah Ann Woll nel modo in cui simultaneamente incarna la fierezza appassionata e l’innocente vulnerabilità. Questi due aspetti della sua personalità così diversi sono essenziali per disegnare Kira come un personaggio che possa sia suscitare simpatia come vittima sfortunata che ostilità come potenziale assassina guidata dalla vanità. L’atmosfera da sogno indotta dalle scelte visive a cui si è alluso in apertura è tuttavia danneggiata da una durata che sfiora i 100 minuti. Il velo di ambiguità covata sotto la cenere funziona per la maggior parte del tempo, anche se nel terzo atto irrompe l’eccessiva lentezza, quando il conto per la soglia di attenzione si fa più salato. Diverse scene non necessarie (come la visita a un medico e la successiva ricerca di altre persone nelle sue condizioni) hanno il solo effetto di aggiungere ben poca sostanza a scapito della fluidità della narrazione principale e anche quando arriva il dettagliato spiegone che risponde a tutte le domande rimaste in sospeso, restano ancora altri 20 minuti prima del fade to black. Intendiamoci, Replace non è troppo lungo, soltanto mette sul fuoco più carne di quella richiesta.
Una seconda scivolata inattesa si verifica poi quando l’impostazione alla Orphan Black e l’estetica alla The Neon Demon vengono bruscamente sostituite da una conclusione di stampo decisamente slasher. Il film percorre tre quarti del suo tragitto prima della meta appoggiandosi soprattutto a brividi cerebrali che dominano le emozioni fisiche, salvo decidere un reindirizzamento non necessariamente in linea con il tono precedentemente stabilito, probabilmente dettato dalla necessità di accontentare gli amanti del sangue e per giustificare la presenza di Barbara Crampton, all’ennesimo ruolo malvagio della carriera nei panni della direttrice di una rivoluzionaria azienda farmaceutica. Gettando però nella mischia azioni particolarmente maldestre da parte del cattivo di turno nell’ultimo atto, il rischio di ritrovarsi con la situazione che barcolla verso la carneficina più cartoonesca rovinando quanto di buono fatto prima è immediato, anche se la pellicola riesce a fermarsi poco prima di cadere nel baratro, aggrappandosi saldamente alla tensione e allo stile. E un inciampo non pregiudica la leadership carismatica della Forsythe, che porta sulle spalle l’intera vicenda vacillando credibilmente tra terrore e dramma.
Replace rimane un oggetto affascinante, un bigino sulla paura della vecchiaia, del decadimento del proprio corpo e dell’inevitabilità della morte, declinate in salsa orrorifica (se già non bastasse il semplice pensiero …). La protagonista deve piegare le regole e persino infrangerle e capire quanta della sua moralità è disposta a sacrificare per essere giovane e bella per sempre. E anche così, potrà comunque ritenersi soddisfatta? Keil si/ci domanda se sia la società in cui viviamo a imporre una perfetta immagine di noi stessi su noi stessi oppure se quella stessa immagine sia qualcosa che già esiste all’interno della nostra testa. Una riflessione preziosa la cui risposta è lasciata sostanzialmente allo spettatore.
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