QUADROPHENIA [SubITA] 🇬🇧

Titolo originale: Quadrophenia
Paese di produzione: UK
Anno: 1979
Durata: 117 min.
Genere: Musicale
Regia: Franc Roddam

Cronache della Lambretta
Ripercorrendo le canzoni dell’omonimo album Quadrophenia racconta, attraverso il protagonista Jimmy, i contrasti nella generazione inglese degli anni Sessanta, che si divideva tra i Mod (giovani ben vestiti in gessato, in sella a scooter italiani) e i Rocker (seguaci del rock and roll americano degli anni Cinquanta, vestiti con giubbotti di pelle, cavalcando grosse motociclette). [sinossi]

Un film generazionale, indissolubilmente legato a un’epoca e a un movimento di controcultura, o di subcultura, tanto da esserne il manifesto, come quello dei Mod, andrebbe giudicato, in valore assoluto, con il senno di poi. Vederlo oggi dovrebbe permettere di valutarne i meriti artistici svincolati dalla sua capacità di cogliere l’essenza di una generazione. Per la Quadrophenia si pone già alla sua uscita in sala come un’operazione nostalgica, impregnata di un senso forte di disillusione e di fine di un’era, come si incarna nel finale del film.
Si tratta della seconda operazione cinematografica degli Who, dopo Tommy del 1975, che voleva essere più controllata e personalizzata, riuscita solo nel 1979. Quadrophenia si colloca così in un distacco, realizzato sei anni dopo l’album omonimo (che è del ’73), e ambientato quindici anni prima, all’incirca nel 1964, all’apice del movimento dei Mod, in contemporanea con i primi successi degli Who, che hanno interpretato quel movimento, diventandone i portabandiera.

Il ’79 combacia sia con un momento di revival, incarnato dal gruppo dei Jam, sia con una svolta epocale nella storia della società inglese e mondiale con l’inizio dell’era thatcheriana E del film fanno parte, come attori, due musicisti new wave che avrebbero segnato la cultura musicale del decennio successivo: Sting, all’epoca sulla cresta dell’onda con i Police, che interpreta il leader dei Mod che si scoprirà alla fine lavorare come facchino, e Toyah Willcox, già punk per Derek Jarman, in Jubilee.
I fan hanno evidenziato una serie di anacronismi in Quadrophenia – si trovano su internet elenchi lunghissimi – ma che semplicemente, siano voluti o errori, rientrano nella consapevolezza del film di quello che sarebbe successo dopo. Indubbiamente si respira la cultura Mod più genuina, non filtrata, in film degli anni Sessanta come lo scanzonato Non tutti ce l’hanno (The Knack …and How to Get It), o lo stesso Blow-Up, il cui protagonista rientra nella cultura Mod e in cui c’è la scena di un concerto degli Yardbirds dove il chitarrista Jeff Beck fracassa la sul palco imitando un’azione tipica del collega degli Pete Townshend (scena che Antonioni cercò invano di far interpretare allo stesso Townshend). E quello spirito musicale è incarnato anche in Prendeteci se potete di John Boorman sui Dave Clark Five.

Quadrophenia è un film sui Mod, piuttosto che un film ‘Mod’. Un film che segna una delle varie tappe di revival di quella cultura, incarnate già negli anni di Quadrophenia disco dai film con David Essex That’ll Be the Day e Stardust. E preceduto sia dai Jam che da quello che si può considerare una trasposizione del Mod style nella società americana, vale a dire La febbre del sabato sera (film ispirato dall’articolo “Tribal Rites of the New Saturday Night” del giornalista britannico Nik Cohn, poi rivelatosi una montatura, ricalcata invece proprio sulla scena british dei Mod che Cohn conosceva bene).
E Quadrophenia soffre in parte della necessità di sottolineare che siamo nei Sixties, come nella telefonatissima scena del match canoro tra i due ragazzi nella vasca da bagno, nudi e senza le loro divise di riconoscimento, You Really Got Me vs. Be-Bop-A-Lula. Il primo è il grande successo dei Kinks che ispirarono gli Who, il secondo è il celeberrimo brano rock ‘n’ roll di Gene Vincent: i Mod contro i Rocker. È la sindrome che colpisce spesso i film rievocativi, di cui soffre moltissimo un film come Tempesta di ghiaccio sui Seventies.
Rispetto a Tommy, Quadrophenia è un film dove gli hanno avuto un maggior controllo, reso possibile anche dai maggiori mezzi finanziari ottenuti proprio dai proventi delle royalty del film di Ken Russel. Un film cucito sui gusti dei propri fan. E così Quadrophenia si pone apertamente come un anti-Tommy, non più un musical stilizzato classico, con i numeri canori eseguiti dai personaggi fuori dal ‘recitativo’, bensì un film di narrazione puro dove però la musica assume un ruolo fondamentale. La rock opera dell’album originale è stata così rielaborata drammaturgicamente in sceneggiatura cinematografica – mentre sarebbe stato più facile trasporla direttamente in film musical – utilizzando solo poco più della metà di quelle canzoni e aggiungendone altre, come My Generation, sentita in forma diegetica durante il party, che, pur successiva all’epoca in cui è ambientato il film, è fondamentale per il mito dei Mod. Immagini e raffigurazione degli Who sono comunque ricorrenti e ossessive: poster, copertine di dischi e brani di un concerto in televisione. L’affresco di una generazione e di una ‘tribù’ è completo. Il senso di che si respira scorrazzando in Lambretta, sfrecciando nelle strade di città come in campagna, per arrivare ai raduni sulla spiaggia, all’insegna della filosofia “Vivere puliti nelle difficili circostanze”.
Impiegati, fattorini della City di giorno – Jimmy, il protagonista, lavora in un’agenzia pubblicitaria – per poi assumere una seconda vita di notte. Con quegli scooter personalizzati con voluminosi chash-bar, pneumatici con la fascia bianca, schienali alti, numerosi fanali appariscenti, lunghe antenne a frusta con attaccati manicotti segnavento, una ridda di specchietti retrovisori supplementari a corona, con i quali il regista Roddam gioca a creare moltiplicazioni di immagini re-cadrages uguali. E quelle divise, quei robusti giacconi Parka con il distintivo a cerchi concentrici della Royal Air Force, anche logo dei Who. E poi le feste tutte le sere, imbottiti di anfetamine e pasticche blu, il sesso consumato velocemente e goliardicamente, indossando solo cappello e cravatta, il cameratismo. Un mondo che degenera proprio nel 1964 con i tafferugli con i Rocker a Brighton, avvenuti il 17 maggio, raccontati nel film.

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E Brighton, il mare, le spiagge, le onde, le bianche scogliere di Dover, diventano la via di fuga da un mondo opprimente, l’equivalente dello spettacolo del cosmo di Gioventù bruciata. A partire da quell’inizio con Jimmy, solo, in silhouette a figura intera in campo lungo, che si staglia sul mare luccicante, sui riverberi del sole sulla superficie dell’acqua increspata dalle onde, su una distesa d’argento. Un incipit che accomuna il film a Tommy e che fa tanto New Hollywood – basta pensare ai finali di THX 1138 (L’uomo che fuggì dal futuro) e Sugarland Express.
Il valore archetipico del film Quadrophenia sta proprio nella rappresentazione dell’idealismo dei Sixties, di quella rabbia adolescenziale, dell’esclusione e del fallimento, di quell’ giovanile, dei ribelli senza causa, un filo conduttore che passa anche per i biker di Easy Rider e gli adolescenti ‘disturbati’ di Wakamatsu. Uno spirito di ribellione, un anelito a rompere i muri, un’insofferenza verso le autorità – il ministro che si sente al giornale radio –, i genitori – il in canottiera –, i datori di lavoro che realizzano spot pubblicitari patinatissimi: è l’immaginario vuoto del mondo borghese.

La fuga finale, la disillusione, la fine di tutti gli ideali. Un count-down che parte dallo scoprire che Ace, il leader, si riduce a fare il facchino in un hotel. E la corsa con il suo scooter, significativamente non più una Lambretta ma una Vespa, per lanciarlo dall’alto, delle bianche scogliere di Dover. Un epitaffio che è un crocevia di cinemi, dove si incontrano Easy Rider con Zabriskie Point, con le Cronache della bicicletta di Wakamatsu.

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