PARADISE: HOPE [SubITA]

Titolo originale: Paradies: Hoffnung
Nazionalità: Austria, Francia, Germania
Anno: 2013
Genere: Drammatico
Durata: 91 min.
Regia: Ulrich Seidl

Sua madre è partita per il Kenya alla ricerca di ragazzi di spiaggia che possano provvedere ai suoi bisogni amorosi; la sua zia estremista cattolica è assorbita dal proprio evangelismo porta a porta. Così la tredicenne Melanie passa le sue vacanze in un centro dietetico tra le montagne austriache. Fra duri allenamenti e consigli nutrizionali, battaglie di cuscini notturne e una segreta festa alcolica nella discoteca locale, la ragazza si innamora del dottore che dirige il programma della dieta, un uomo di quarant’anni più anziano. Melanie tutte le sue armi di seduzione per aver la meglio su di lui…

Dopo l’amore artificiale vissuto da Teresa sulle spiagge del Kenya in Paradise: Love (in concorso a Cannes 2012), l’amore eterno dissacrato da Ana Maria che rinnega il Cristo in Paradise: Faith (Premio speciale della 69ma Mostra di Venezia), tocca ora a Melanie, figlia di Teresa, conoscere la dopo la caduta dalla propria versione di paradiso: la purezza innocente del primo amore in Paradise: Hope. Il austriaco Ulrich Seidl chiude la sua trilogia alla Berlinale, dove il film è proiettato in concorso.

Melanie (Melanie Lenz) passa le sue vacanze in una clinica dimagrante per adolescenti obesi. In questo luogo grigio e impersonale, tra allenamento fisico e mentale da una parte, e la prima sigaretta e le storie di sesso scambiate con la sua compagna di stanza dall’altra, Melanie — una bambina — si innamora di un uomo di quarant’anni più grande. Il dottore (Joseph Lorenz) non è insensibile alla ragazza, che tenta maldestramente, ma in modo diretto, di sedurlo.

Delle tre protagoniste della trilogia Paradise, Melanie è l’unica a essere innocentemente costretta al suo statuto di vittima. La sua verginità amorosa incontra un dolore semplice, quasi originale. Questa prima grande emozione è repressa perché interdetta da una convenzione che bisogna accettare. «Non sei più autorizzata a guardarmi o a parlarmi», decreta il dottore, ispiratore di un gioco pericoloso di cui rifiuta le conseguenze. Ai «perché» supplichevoli della sua giovane spasimante, c’è solo una convenzione sociale da obiettare: «Perché è così». In precedenza, l’uomo si è pertanto rifugiato a lungo nei boschi per allontanarsi fisicamente da questa società, la stessa che normalizza le cliniche per adolescenti che vogliono perdere peso. Con lui, la sua vittima addormentata, che ha steso sull’erba di una radura per annusare il suo corpo inerme a quattro zampe, come un animale. Di questo Eden, Melanie non avrà coscienza, perché immersa in un pacifico coma etilico.

È l’innocenza che fa di Paradise: Hope il segmento più triste della trilogia, ma è l’episodio meno provocatorio e probabilmente anche il meno esigente per il pubblico. Ulrch Seidl e la sua co-sceneggiatrice Veronika Franz si lasciano andare a una maggiore leggerezza giocando con dolce ironia sull’allenamento ridicolmente militare di questi giovani. Quando cantano tutti insieme l’unico motivo musicale del film — «If you’re happy and you know it, clap your fat» — e si battono sul loro corpo grasso, il pubblico sorride. Così come quei volti handicappati sulle a scontro in apertura di Paradise: Love, Paradise: Hope termina con una ripresa di questo inno, simulacro di felicità. Oltre l’apparenza, però, il paradiso è ancora lontano.

Recensione: cineuropa.org

 

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By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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