NOSTOS: IL RITORNO

Titolo originale: Nostos: il ritorno
Nazionalità: Italia
Anno: 1989
Genere: Epico, Fantastico, Visionario
Durata: 87 min.
Regia: Franco Piavoli

Franco Piavoli è un artigiano. Di quelli che immaginiamo ricurvi per ore a perfezionare i dettagli del proprio manufatto. Di quelli che, grazie alla perfetta padronanza dei propri strumenti di e ad un sentire poetico innato di matrice naturalistica, riescono a produrre opere che vanno a toccare le corde più profonde della nostra sensibilità. Piavoli, però, non ha scelto il legno o la creta per esprimere la sua creatività, ha scelto il riuscendo a piegare questo mezzo alle sue esigenze espressive, senza per questo tradire il suo personale approccio artigianale. Ne esce un cinema carico di una poetica primaria (nel senso che è espressione diretta della fascinazione naturalistica) ed estremamente riconoscibile, caratteristica questa, imprescindibile per un lavoro di matrice artigianale.

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In questo suo secondo lungometraggio (sono trascorsi sette anni dal grande successo del primo), come nel precedente, maneggia tutte le leve del processo creativo: scrive, dirige, fotografa, monta, produce. Sposta, però, l’oggetto del suo guardare. Se nel precedente  Il azzurro la era al centro della narrazione (con la fascinazione per l’alternarsi delle stagioni) e l’uomo non era che elemento secondario, qui il discorso è ribaltato: il centro dell’attenzione è l’uomo (uno straordinario Luigi Mezzanotte) che, nel suo errare (il film ripercorre il omerico di Ulisse) riflette i temi cardine della vita di tutti gli uomini: la per l’ perduta, il confronto con la sofferenza (l’atrocità della guerra), il rapporto con la madre, l’incontro con l’ che rapisce ed estrania, che non può che tenerci isola-ti, ed infine il ritorno a casa.

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Tutto questo è narrato, naturalmente, alla sua maniera: privilegiando, cioè, la forza simbolica delle immagini. I dialoghi sono pochissimi e sono espressi in una lingua che non esiste, scaturita dalla fusione di lingue arcaiche, greco soprattutto. In pratica la voce non è altro che un elemento musicale per armonizzare il “suono” dell’uomo all’interno dei suoni della natura.

La natura, di nuovo, benché “comprimaria”, è ancora una volta strabordante: esce fuori da ogni immagine, è l’elemento centrale di ogni simbolismo espresso (la è una caverna, la è un ovulo verso il quale nuota lo spermatozoo Nostos). Ancora una volta, dunque, Piavoli ci regala un film fortemente espressivo ed anche, a suo modo, spettacolare.

Recensione: sentieri selvaggi.it

By Anam

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