NOCHE [SubENG]

Titolo originale: Noche
Nazionalità: Argentina
Anno: 2013
Genere: Drammatico, Sperimentale, Visionario
Durata: 85 min.
Regia: Leonardo Brzezicki

Una grande casa colonica in un paesaggio subtropicale, sei ventenni che tornano nel posto in cui il loro amico Miguel ha trascorso gli ultimi giorni di vita prima di suicidarsi. Vogliono inscatolare e raccogliere tutto ciò che l’amico ha lasciato dietro di sé: piatti audio ancora attaccati alle casse, cavi che giacciono sul pavimento, vestiti e sparsi qui e là. Miguel registrava ossessivamente i suoni della natura e i suoi discorsi solitari, e quelle registrazioni ora riecheggiano ovunque nella casa e all’esterno, attraverso altoparlanti che confondono i piani della percezione, tra un prima e un dopo, tra la notte e il giorno e tra la vita e la morte.

“Il personaggio principale è ossessionato dalle registrazioni audio, quindi ho registrato tutti i “suoi” suoni per Noche. Per almeno un anno, ho registrato ovunque: nei boschi, alle feste e sui treni. La maggior parte delle registrazioni non sono mai state utilizzate. I suoni che si sentono all’inizio del film provengono da una chiesa polacca e sono stati registrati durante una cerimonia di famiglia. Era buio pesto in chiesa e delle fievoli luci si accendevano solo quando il sacerdote entrava. Io non sono assolutamente religioso, ma quel posto mi creava soggezione.” – Leonardo Brzezicki

Le personali aspettative non hanno deluso, anzi. Già presentato all’ultimo IFFR, l’esordio al lungometraggio dell’italo-argentino Leonardo Brzezicki approda anche nella sezione Onde del 31° Torino Film Festival. Noche non è un film facile; non è certo fruibile per una grande fetta di spettatori; potrà infastidire (molti) e potrà ammaliare (pochi altri); potrà anche venir tacciato da alcuni come un’opera di compiacente sperimentalismo il che, ovviamente non è vero. E non sarebbe nemmeno il modo corretto per penetrare un’opera la cui diegesi sonoro-visiva è si, il motore centrale ma che si risolve in continue stratificazioni, dove comunque ogni singolo livello può svelare un particolare stato d’animo dei sei protagonisti: gelosie, attrazioni, desideri repressi. Col tempo, Noche potrebbe rivelarsi come l’ennesimo film che seguendo il percorso lasciato dal von Trier di Antichrist sull’elaborazione del lutto (un’elaborazione di gruppo, in questo caso), potrà far discutere, dividendo critica e opinioni ma di certo, non lascerà indifferenti. Le parole del regista riportate qui sopra “suonano” (è proprio il caso di dirlo) come una conferma dell’autentica natura della pellicola: Noche è puro cinema percettivo (come il cinema di Grandrieux o come il greco Mesa sto Dasos – molto affine anche per sviluppo strutturale), un film che agisce come un propulsore sonoro e che quindi, va prima di tutto carpito mediante la sua auscultazione. E’ una phonè, come avrebbe detto Carmelo Bene; è un assemblaggio metafisico di ovattate, onde radio, frequenze elettroniche, dissonanze e distorsioni sonore disseminate lungo la via della rievocazione, che dagli autoparlanti si diffondono attraverso una natura, e un naturalismo antropologico, dove l’istinto primigenio riaffiora con forza. La magnifica sequenza della tavola imbandita, per esempio, che come nel bartasiano Namai diverrà successivamente nutrimento per la “bestia selvatica”, è metafora della liberazione allo stato brado delle pulsioni più recondite e inconfessabili: “vorrei scopare nella foresta come un animale selvaggio”. Gli amici di Miguel, ossessionato dalle registrazioni audio e morto suicida forse (ma non verrà mai chiarito), proprio a causa di questa spirale fonica che lo divorava, si riuniscono nella sperduta casa colonica del fatto e lo commemorano, riascoltando e registrando a loro volta quei suoni che attraverso una sorta di trascendentalismo, prendono forma negli oggetti a lui più cari: il vestiario – le apparecchiature analogiche – un paio di occhiali rosa. Una registrazione della registrazione, dove il corpo si scompone assieme alle dissolvenze pittoriche tra le cascate dello scenario subtropicale, tra gli arbusti intrichi da cui echeggiano ancora i versi di una poetica del sonoro. E al contempo, è lo stesso corpo-cinema che si smaterializza; muore e si ricompone ad ogni stadio temporale rivivendo sotto un’ottica nuova, rafforzando così una tendenza (nella tendenza contemplativa) che dal Reygadas di Post Tenebras Lux (simultaneamente termine, e riformulazione del mezzo cinematografico), sembra aver trovato nel film di Brzezicki (e in quest’ultima edizione del TFF: vedi La Ultima Pelìcula, “miracolo cinematografico” di Raya Martin) un altro luogo ideale dove installarsi per una continua rigenerazione.

Guarda anche  I ORIGINS [SubITA] 🇺🇸

Recensione: visionesospesa.blogspot.it

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By Anam

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