L’ALBERO DEI DESIDERI [SubITA]

Titolo originale: Drewo Shelanija
Paese di produzione: URSS
Anno: 1976
Durata: 100 min.
Genere: Commedia
Regia: Tenghiz Abuladze

La prima immagine del film L’albero dei desideri del regista georgiano Tengiz Abuladze che compare subito dopo i titoli di testa è il fotogramma di un bambino, che ci catapulta in un campo di papaveri e in un mondo di colori e di fotografia incredibili.

Siamo nel piccolissimo caucasico di Kachetien, negli anni immediatamente precedenti la Rivoluzione d’Ottobre. Dalle poche notizie che sono riuscito a trovare ho appreso che la storia è basata su un romanzo rapsodico (22 racconti in versi liberi) di Gheorghj Leonidze, scrittore georgiano dell’ultimo Ottocento a me completamente sconosciuto.

Nel ci sono persone che incarnano la consuetudine, la più rigida tradizione patriarcale e maschilista, il rispetto per le istituzioni ufficiali zariste e per i costumi tribali.

Rappresentante principale di questa categoria è il vecchio Zizirkhore. Nel villaggio, tutti lo riconoscono come autorità. Indiscussa dai più, discussa — ma comunque subita — da altri. È Zizirkhore che rappresenta la Norma e che vigila perchè venga rispettata. A lui fanno riferimento tutti i tradizionalisti (uomini e donne) del villaggio, coloro che al futuro ed al progesso guardano con diffidenza. Perché tutto il Bene sta nel Passato e nella Tradizione e tutto ciò che implica anche un benchè minimo è inteso come il Male e deve essere combattuto e represso.

A Zizirkhore si contrappone Ioram, un anarchico rivoluzionario, appassionato sostenitore della libertà e della rivoluzione tecnologica, dell’abbattimento della monarchia autocratica degli zar. In Zizirkhore Ioram vede il portatore della superstizione e dell’oscurantismo.

In una scena centrale del film i due hanno un durissimo confronto-scontro verbale: “Sta arrivando la tempesta. La vittoria è vicina. Gli zar finiranno nelle tombe.” dice Ioram e Zizirkhore replica: “Credi che la tempesta seppellirà solo gli zar? Non sai forse che porta con se anche macerie, sangue, sventure? Tutto andrà perso, e l’opera e il sudore della gente. La tua tempesta ucciderà noi. Non si appianano monti e pianure”. La Storia darà torto e ragione ad entrambi.

Abuladze ha realizzato un film corale, nel quale tutti gli abitanti del piccolo villaggio hanno un loro spazio, una personalità ed un ruolo ben preciso anche se una storia principale c’è, ed è quella a cui si collegano in qualche modo tutte le altre. È la storia d’amore tra la bellissima adolescente Marita e il giovane contadino Ghedia. Ma Ghedia è povero e Marita viene data in moglie — senza tener minimamente conto della sua volontà — a Shete, un uomo ricco che si rivela subito rozzo e brutale.

Tutti i personaggi che compaiono nel film meriterebbero un accenno e una immagine perché ciascuno di essi è così ben delineato dal regista anche in sequenze brevissime da fare del film una vera e propria galleria di splendidi ritratti. Ma sono tanti e non mi è possibile farlo. Nella folla che ruota attorno ai due ragazzi Marita e Ghedia, a Zizirkhore e Ioran c’è Elioz, che nella sua ossessiva ricerca dell’ “albero dei desideri” finisce per morire assiderato.

Pupala, eccentrica e borderline, un po’ strega e fattucchiera, buona e malinconica. Per consolarsi della sua solitudine si è inventata l’esistenza di una grande storia d’amore vissuta in gioventù e la va raccontando a tutte le donne del paese (che la prendono in giro) quando nei rari momenti di riposo dalle dure fatiche quotidiane si seggono a sferruzzare e spettegolare sedute sulle enormi radici dell’albero più grande del villaggio.

C’è la giovane sfrontata e civetta, la cui sensuale bellezza fa perdere la testa a tutti i maschi del villaggio primo fra tutti il prete.

Ci sono le donne anziane, più spietate degli uomini nel giudicare e perseguitare qualunque tentativo delle giovani di avere una vita anche solo un poco più libera di quella toccata alle loro madri e nonne.

E poi ci sono i bambini, tanti bambini, felici di giocare con Ioram che spiega loro che cos’è un treno e come cambierà il villaggio quando arriverà la ferrovia, e come tutti staranno meglio…

L’albero dei desideri è un film di grande poesia, ironico, grottesco, a tratti surreale (i preparativi di Eliaz quando ogni mattina si mette in cammino alla ricerca del suo albero dei desideri, per esempio) commovente ma mai svenevole. Di una stupefacente bellezza figurativa: ogni inquadratura, ogni sequenza è un vero e proprio trionfo per gli occhi.

Ho letto che le citazioni pittoriche — che si avvertono immediatamente — non sono casuali, e che Abuladze si è ispirato ai quadri di Brueghel il vecchio. Non sono un’esperto di pittura, ma sono andato a riguardarmi i dipinti di Brueghel e in effetti ho avuto la conferma del riferimento.

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Ma nel film c’è anche il dramma. La sequenza finale, che non racconto ma di cui dico solo che in essa vengono al pettine i del tra l’ordine costituito e gli irregolari, gli emarginati, i diversi del villaggio, tra il sogno d’amore e di libertà e le più crudeli leggi tribali è una delle scene più toccanti che io abbia visto al cinema. La capacità di Abuladze di rappresentare tutto l’orrore della violenza senza mostrarci concretamente nulla di tale violenza è roba da vero maestro.

La prima inquadratura del film era il tripudio del rosso di un campo di papaveri. Una delle ultime inquadrature è sul rosso di un fiore di melograno “bello” dice la voce fuori campo che si intuisce essere quella di Ioram “come il volto di Marita, il fiore di melograno appena sbocciato”.

Nonostante la sconfitta del sogno di Elioz, di Marita, di Ghedia, il film si chiude con un messaggio di speranza e con un volto di fanciulla perchè la figlia di Eliaz annodando ai rami i nastrini colorati continuerà a cercarlo, l’albero dei desideri.

“Albero porporino, albero piccolino, albero radioso, albero miracoloso. Signore, aiutami a trovarlo, aiutami a trovarlo”

Questo film mi ha incantato per la raffinatezza delle immagini, per l’incisività e la solennità del racconto, per l’equilibrio tra elementi comici, surreali e drammatici. È uno di quei film che sembra siano scomparsi dalla circolazione e davvero non riesco a capire il perché. Anche in rete sono reperibili pochissime informazioni e lo stesso imdb in questo caso si è rivelato di ben poco aiuto. E allora ho cercato, almeno, di raccontarlo.

Recensione: abbracciepopcorn.blogspot.it

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By Anam

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