THE VAMPIRE SPIDER (SubITA)

Titolo originale: La araña vampiro
Paese di produzione: Argentina
Anno: 2012
Durata: 90 min.
Genere: Drammatico, Horror, Fantascienza
Regia: Gabriel Medina

Tomás, un giovane emarginato che vive in una provincia argentina sospesa tra il nulla e la fuga, decide di abbandonare la città per rifugiarsi nelle montagne insieme a un amico. Ma la loro fuga non è una vacanza: è un esodo interiore, una ricerca di libertà che si trasforma in discesa nella follia, nell’ossessione e nel mito. Lì, tra i boschi e le ombre, la realtà si incrina, e un essere enigmatico — la “ragna vampiro” — sembra insinuarsi tra i due, divorando lentamente la loro umanità.

La critica di questo film non è molto lusinghiera, ma per me, che non sono affatto un critico, il film è da 10 e lode, anche se non è molto bello quantificare l’entusiasmo.
Semplicità e minimalismo lasciano affiorare l’atmosfera e i tanti silenzi del film rimandano ad altrettanti contenuti, a volte chiari, a volte ambigui e appena accennati. La musica poi è molto bella e ben dosata.

Con La araña vampiro, Gabriel Medina costruisce un film che vive nell’interstizio tra adolescenza e apocalisse. È un’opera che non appartiene a nessun genere, ma li attraversa tutti: il dramma giovanile, il road-movie, l’horror psicologico e la fiaba metafisica. È cinema che non vuole intrattenere ma ipnotizzare, come un sogno che s’infila sotto la pelle e non se ne va più.

Medina — già autore del disturbante Los paranoicos — abbandona l’ironia urbana per un linguaggio più istintivo, quasi animale. I dialoghi si fanno radi, le immagini si dilatano, e la natura stessa diventa protagonista. I due ragazzi, che scappano dalla noia e dal peso della civiltà, finiscono per incontrare un mondo primordiale, fatto di vento, nebbia e rumori sottili. Ma la vera minaccia non è nella foresta: è dentro di loro.

Il film sembra nascere da una febbre. Ogni inquadratura pulsa di un malessere invisibile, un desiderio di fuggire da sé stessi che diventa malattia, rituale, metamorfosi. La “ragna vampiro” non è mai mostrata davvero: è evocata, suggerita, eppure la si sente ovunque, nelle crepe dei volti, nelle ombre che si muovono dietro i personaggi. È l’allegoria del desiderio che divora, del trauma che succhia vita e identità, della libertà che si trasforma in condanna.

Guarda anche  IN THE EARTH (SubITA)

La fotografia, firmata da Lucio Bonelli, è un incubo di luce naturale e controluce taglienti. I cieli argentini si fanno quasi cosmici, e la foresta — reale o mentale — diventa un labirinto di sensazioni. Il suono del vento, amplificato fino a diventare rumore bianco, avvolge lo spettatore in una trance ipnotica. Tutto è sospeso, come se la pellicola stessa fosse sul punto di dissolversi.

Medina filma i corpi come organismi mutanti: sporchi, feriti, affamati di contatto ma incapaci di comunicare. È un cinema che parla di un’umanità alla deriva, persa tra l’istinto e la memoria, tra il desiderio di un mondo puro e la consapevolezza che la purezza non esiste. La “ragna” è allora la colpa, il virus della civiltà che si insinua anche nel cuore della fuga.

C’è una dimensione metafisica che aleggia su tutto: i due giovani non sono solo ragazzi, ma archetipi — Adamo ed Eva senza Dio, naufraghi nell’era post-spirituale. In una sequenza chiave, Tomás guarda il cielo notturno e sussurra che “forse la ragnatela è il mondo stesso”, intuendo che non c’è via d’uscita, che ogni tentativo di fuggire porta solo più vicino al centro del labirinto.

Il ritmo del film è volutamente ipnotico, rarefatto, e questa lentezza diventa la sua forza: non vuole sedurre lo spettatore, ma trascinarlo nella stessa torpida deriva dei protagonisti. A tratti, il cinema di Medina ricorda quello di Lisandro Alonso e Apichatpong Weerasethakul, ma con una rabbia più torbida, più sotterranea, come se dietro la quiete ci fosse una pulsione sessuale e predatoria che non osa mostrarsi.

È un film di sangue interiore, non di carneficina: il vampirismo è concettuale, una metafora della dipendenza emotiva, del bisogno di essere consumati per sentirsi vivi. La araña vampiro non è un horror, è un’invocazione, un rito di passaggio che trasforma la paura in linguaggio.

Nel finale — che non svelerò — la distinzione tra umano e mostro, tra vittima e predatore, si annulla. Resta soltanto la percezione di un mondo che ha perso il proprio confine, dove ogni identità si scioglie nel desiderio di sopravvivere.

Guarda anche  SATOR [SubITA]

La araña vampiro è un film che si guarda come si ascolta un canto antico: non per capirlo, ma per sentire quanto ci riguarda. È il grido di una generazione che non crede più nel futuro, ma non ha smesso di cercare un senso. E in quella ricerca — tra il mito, la follia e la poesia — si consuma tutta la sua verità.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Related Posts