KING OF THE ANTS (SubITA)

Titolo originale: King of the Ants
Paese di produzione: USA
Anno: 2003
Durata: 102 min.
Genere: Poliziesco, Drammatico, Thriller, Horror
Regia: Stuart Gordon

Sean Crawley (Chris McKenna), giovane disoccupato, viene assoldato dal losco Ray Mathews (Daniel Baldwin) per seguire e in seguito uccidere Eric Gatley (Ron Livingston), che sta investigando su attività illecite. L’attrazione per Susan (Kari Wuhrer), moglie della vittima, e il furto di un importante dossier complicheranno non poco la situazione.

Stuardo era incappato nel romanzo “King of the ants” di Charlie Higson, scrittore che sarebbe stato anche ben disposto a vedere la sua opera sbarcare al cinema, ma chi poteva essere così matto da decidere per davvero di adattare per il grande schermo una trama tanto nera e sudicia piena di bassezze umane? La risposta ovviamente già la sapete: Stuart Gordon della grottesca rappresentazione dell’umanità e dei suoi orrori ha fatto la cifra stilistica del suo cinema, inoltre aveva già lavorato con Charlie Higson a teatro, nella natia Chicago (storia vera).

A ben guardarlo, “King of the ants” ha tutte le caratteristiche del Vostro film medio Asylum: un budget con cui chiunque altro di norma paga il conto del minibar del divo di qualunque altra produzione, attori pescati tra caratteristi, ex famosi con la carriera in caduta libera e volenterosi improvvisati destinati a vedere gli Oscar giusto in diretta tv, a voler essere gentili. Su tutto aggiungiamo un’idea di fotografia rubata ai migliori set dei film porno, insomma, sono riuscito ad abbassare le vostre aspettative? Benissimo, perché “King of the ants” ci chiede di fare proprio questo: calarci nelle peggiori bassezze umane grazie ad un solo asso nella sua manica: la regia e il talento di Stuart Gordon.

Il regista di Chicago è sempre stato a suo agio con produzioni piccole, se non addirittura microscopiche, verrebbe da dire grandi quanto formiche ed è ironico considerando che il film più costoso e di grande successo a cui il nome di Gordon è legato, resta una commedia Disney con le formiche in un ruolo chiave.

Nelle mani di Stuardo, quelli che di norma sono i limiti di qualunque produzione Asylum, diventano la tela su cui dipingere, se non proprio i suoi pennelli e colori da utilizzare per affrescare questa storia nera e marcia, il fatto che il suo protagonista Sean Crawley (Chris McKenna che tiene botta caricandosi un ruolo non semplice sulle spalle) di mestiere sia un imbianchino improvvisato, forse ha avuto degli effetti indiretti sulla mia metafora.

Sean è uno spiantato in cerca di soldi che finisce per fare la conoscenza dell’elettricista Duke Wayne (George Wendt, paffuto caratterista che avete visto in tutti i film), l’uomo, dal principio amichevole, gli chiede se è disposto a fare un po’ di soldi facili e lo presenta a Ray Mathews, un losco palazzinaro con la fissa per il golf fatto a forma di un Daniel Baldwin, più stropicciato che mai, che pur andando spesso sopra le righe, se non altro ci regala un cattivo molto adatto al film, uno davvero facile da odiare, in una storia dove, come si dice in questo casi: il più pulito c’ha la rogna.

Il compito di Sean è quello prima di pedinare e poi di eliminare Eric Gatley, colpevole di aver infilato il naso negli affari loschi di Ray, la faccenda si complica quando durante i suoi pedinamenti Sean resta affascinato dalla bella moglie del suo bersaglio, Susan Gatley (Kari Wührer) e fino a qui sarebbe la vostra normale trama da noir se poi la storia non scivolasse giù, ancora più in profondità nel formicaio.

La e il mestiere di Gordon emergono dai piccoli dettagli, “King of the ants” è un film dove ogni colpo ricevuto in testa ha un suo peso e prima che il gioco della pentolaccia cominci per davvero, il nostro Stuart si sofferma a sottolineare un colpo in testa preso da Sean durante la sua impacciata attività di pedinamento, sembra quasi un errore dell’ per quanto la capocciata data dal ragazzo possiamo vederla nel film, una di quelle scene che altrove finirebbero tagliate dal montaggio, mentre qui sono un ironico (e sinistro) monito del destino del protagonista.

“King of the ants” dura 102 minuti e malgrado sia un film marcio e volutamente decadente, nemmeno per mezzo secondo viene voglia di staccare lo sguardo dallo schermo, non so quante volte si possa decidere volontariamente di guardare un film del genere, resta il fatto che se dovessi spiegare ad uno che ha passato gli ultimi vent’anni a subire torture in un capanno, quanto era geniale Stuart Gordon, penso che gli farei vedere proprio questo film.

Sì, perché la trama da noir tiene incollati allo schermo, Sean accetta di uccidere un uomo, trattando con un Ray ben più che alticcio per una cifra tutto sommato ridicola, tredicimila dollari sono tanti se sei alla canna del gas, ma a mente fredda, ragionando in prospettiva, sono davvero la cifra per cui svendere la propria anima e la propria sanità mentale? “King of the ants” è una guerra tra poveracci in cui si soffre per Sean stravolto dal suo impacciato esordio come assassino, ma diventa chiaro con il passare dei minuti che è un film che ti prende per il bavero e ti trascina giù con sé nel fango, senza darti nemmeno il tempo di chiederti se quello sia davvero fango.

Se la vita è una giungla, “King of the ants” ci ricorda che per quanto possiamo raccontarcela, noi persone normali, cresciuti con un’etica e con tutti i nostri enormi difetti, non saremmo mai i leoni, al massimo possiamo essere formiche nella migliore delle ipotesi e sarebbe già una gran fortuna, perché Sean re delle formiche nella sua trasformazione da uomo ad insetto, si ritrova a dover combattere contro delle iene.

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La parte migliore del film di Gordon? La sua capacità di trascinarci così a fondo con sé nella storia, da farci sospendere l’’incredulità quel tanto che basta da accettare anche le trovate più assurde, chi mai deciderebbe di torturare in quel modo qualcuno diventato un testimone scomodo? Non sarebbe più facile eliminarlo e basta? Eppure, guardando “King of the ants” viene istintivo smetterla di porsi questo tipo di domande, solo per capire dove sta cercando di andare a parare la trama o più in generale, per vedere se Sean riuscirà a portare a casa la pelle.

Come dicevo, in questo film, ogni colpo in testa conta, ha un peso e un effetto collaterale, la subita da Sean ridotto a pignatta umana e percosso ogni giorno con una mazza da golf sulla testa, diventa la progressiva discesa all’inferno del protagonista e qui, l’enorme esperienza e passione di Gordon per Lovecraft torna a grattare la porta.

“King of the ants” ti trascina talmente a fondo che persino i deus ex machina che intervengono sotto forma dell’amico del protagonista (una sorta di sosia giovane di Tobe Hooper) sono più facili da accettare e in quanto noir sporcato di ogni elemento esterno, sangue, horror e feci dello stesso protagonista ridotto ai minimi termini della scala evolutiva umana, non può mancare la combinazione, il caso fortuito che porta alla rinascita del protagonista e che, ovviamente, passa da una donna.

Eppure, in “King of the ants” non ci sono buoni o cattivi nel senso classico, lo stesso protagonista verrà punito più del necessario, ma non è certo un santo, a ben guardare, questo film è quello che ha portato la filmografia di Gordon in un territorio nuovo, l’ideale primo capitolo di una trilogia di film in cui i protagonisti saranno persone normali (nel senso più vero e quindi spaventoso del termine) alla prese con situazioni grottesche, quelle che solo la vita più che il cinema può lanciarti addosso. I prossimi due capitoli di questa “Trilogia dell’orrore quotidiano” (il nome me lo sono appena inventato, ma accetto suggerimenti) arriverà a breve su queste Bare, mentre il finale di “King of the ants” non può che essere drammatico, come del resto tutto il film.

Sarei curioso di capire l’ideogramma (credo giapponese) sulla maglietta del protagonista nel finale, non ho idea di cosa voglia dire, ma sono sicuro che Gordon non lo abbia scelto di certo a caso, mentre Sean porta avanti la sua vendetta e completa la sua trasformazione da uomo a formica, in un film dove niente è sacro, tutti sono sporchi e luridi anche un feticcio di Gordon come Vernon Wells, celebre per i suoi ruoli da arci cattivo cinematografico, qui fa una fine ingloriosa perché di gloria in una storia così nera e sudicia non può esserci, nemmeno per Sean.

Un minimo di fegato per affrontare questo film è richiesto, non perché sia il più violento mai visto nella storia del cinema, ma Gordon è talmente capace di tiranti dentro alla sua storia che tutto il sudiciume sembra restare un po’ appiccicato addosso anche a noi spettatori. Per essere un film del 2003, “King of the ants” ha una violenza che non ha da spartire con i film dal 2000 in poi, ma soprattutto è diretto da un regista che non sembra per niente adagiato sugli allori di un linguaggio cinematografico datato, “King of the ants” non è un film degli anni ’80 finito per caso nel 2003, la capacità di Gordon di adattare il suo cinema al nuovo millennio non l’ha saputa sfoggiare così bene, quasi nessuno degli altri Maestri cinematografici legati al cinema Horror e molto più blasonati di Stuardo, tutti rimasti un po’ legati al passato e ai vecchi stilemi di un tempo.

Sarà per la sua capacità di portare in scena i grotteschi orrori dell’umanità, ma Gordon pur faticando a trovare fondi per i suoi film, nel nuovo millennio ci sguazzava alla perfezione, uno dei pochi registi che è stato, cinematograficamente parlando, in grandissima forma fino alla fine della sua carriera e purtroppo della sua vita, ci sono ancora tanti orrori da esplorare e questa Bara è pronta a farlo, per Stuart Gordon vale la pena di sporcarsi le mani.

labaravolante.blogspot.com

 

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By Anam

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