
Titolo originale: Jimmy and Stiggs
Paese di produzione: Stati Uniti
Anno: 2024
Durata: 80 minuti
Genere: Horror, Fantascienza, Commedia
Regia: Joe Begos
Sinossi:
Jimmy, tossicodipendente paranoico e ossessionato dalle teorie del complotto, è convinto che un’invasione aliena sia in corso. In una notte di allucinazioni, droghe, rumori cosmici e visioni disturbanti, coinvolge il suo amico Stiggs in una spirale di violenza e delirio. Quella che sembra una crisi psicotica si trasforma progressivamente in qualcosa di più ambiguo: un assedio claustrofobico in cui diventa impossibile distinguere tra psicosi, manipolazione e reale minaccia extraterrestre. L’appartamento di Jimmy diventa un campo di battaglia mentale e fisico, mentre il confine tra realtà e paranoia implode.
Recensione:
Jimmy and Stiggs è cinema ridotto a nervo scoperto. Joe Begos firma il suo film più sporco, più rabbioso e più deliberatamente sgradevole, un’opera che sembra girata con il sangue al posto della pellicola e l’adrenalina al posto della logica. Non c’è alcuna intenzione di piacere, di spiegare, di accompagnare lo spettatore: questo film ti prende per il collo e ti trascina dentro una notte senza via d’uscita, dove la percezione è instabile e ogni certezza viene corrosa a colpi di rumore, luce e sostanze.
Begos lavora su un’idea semplice e radicale: mettere lo spettatore nella testa di un uomo che non riesce più a distinguere il mondo esterno dal proprio collasso interno. Jimmy non è un eroe, né un folle pittoresco: è una ferita aperta. Il suo corpo è consumato, il suo sguardo è sempre un passo oltre il punto di rottura, e il film aderisce completamente a questa condizione. La macchina da presa non osserva: collassa insieme a lui. Ogni movimento è convulso, ogni inquadratura sembra sul punto di disintegrarsi.
La casa in cui si svolge quasi interamente il film diventa una prigione mentale, un bunker psichico tappezzato di sudore, paranoia e ossessioni complottiste. Qui Begos costruisce un ambiente che sembra vivo, pulsante, ostile. Le pareti sembrano ascoltare, il suono rimbalza come un’eco interna al cranio, le luci intermittenti ricordano più un attacco epilettico che un’illuminazione narrativa. È un cinema che non racconta l’alterazione: la induce.
Il rapporto tra Jimmy e Stiggs è il cuore marcio del film. Stiggs è il contrappeso apparente, l’amico trascinato dentro l’incubo, ma anche lui viene progressivamente risucchiato in una dinamica di dipendenza, violenza e assuefazione. La loro relazione non ha nulla di cameratesco: è tossica, disperata, fondata su una fiducia che si sgretola scena dopo scena. Begos usa questa dinamica per mostrare come il delirio non sia mai solitario: ha sempre bisogno di un testimone, di un complice, di una vittima collaterale.
La questione aliena è trattata in modo volutamente ambiguo. Jimmy and Stiggs non è interessato a dirti se l’invasione esiste davvero. Anzi, gioca costantemente sull’impossibilità di stabilirlo. Gli UFO, le interferenze, le visioni corporee e le “prove” non vengono mai presentate come rivelazioni definitive, ma come frammenti disturbanti che potrebbero appartenere tanto a una cospirazione cosmica quanto a una mente devastata dalla droga e dalla solitudine. Ed è proprio in questa ambiguità che il film trova la sua forza più inquietante.
C’è una dimensione profondamente contemporanea nel film: la paranoia come forma di sopravvivenza, il complotto come tentativo disperato di dare un ordine a un mondo incomprensibile. Jimmy non crede agli alieni perché è folle: crede agli alieni perché la realtà che vive è già invivibile. Il film suggerisce che, in un mondo saturo di informazioni, controllo e isolamento, la psicosi non è un’anomalia, ma una risposta estrema.
Visivamente, Jimmy and Stiggs è un assalto. Begos usa colori saturi, sangue iperrealista, effetti pratici viscidi e disturbanti, ma sempre al servizio di un’esperienza sensoriale, non di un compiacimento estetico. Il gore non è mai “divertente”: è stancante, soffocante, quasi punitivo. Ogni ferita, ogni secrezione, ogni mutilazione sembra voler ricordare allo spettatore che il corpo è il primo luogo in cui la paranoia si manifesta.
Il suono è forse l’elemento più violento del film. Ronzii, distorsioni, frequenze basse che sembrano agire direttamente sul sistema nervoso. Non accompagna le immagini: le aggredisce. È come se il film volesse replicare la sensazione di un attacco di panico prolungato, una notte che non finisce mai, una coscienza che non trova tregua.
Jimmy and Stiggs non è un film da consigliare facilmente. È estremo, claustrofobico, volutamente sfiancante. Ma proprio per questo è coerente. Begos firma un’opera che rifiuta qualsiasi compromesso, che prende il cinema di genere e lo spinge fino a farlo diventare un’esperienza quasi fisica. Non c’è morale, non c’è spiegazione finale, non c’è redenzione. C’è solo la caduta.
Quando il film finisce, non c’è sollievo. Rimane addosso una sensazione di sporco, di rumore interno, di disagio persistente. Jimmy and Stiggs è un film che non vuole essere “capito”, ma sopportato. Un viaggio dentro una mente che implode, e che forse — ed è questo il dettaglio più inquietante — potrebbe non avere tutti i torti.
