Titolo originale: Przesluchanie
Paese di produzione: Polonia
Anno: 1989
Durata: 118 min.
Genere: Drammatico, Thriller
Regia: Ryszard Bugajski
Tonia esce una sera per farsi una bevuta e si sveglia la mattina dopo in prigione, senza un minimo indizio di cosa sia successo e del perché lei sia lì. Inizierà per lei un incubo fatto di interrogatori durissimi e di torture per farle confessare un crimine che non ha commesso.
PRZESLUCHANIE, uno dei più grandi capolavori del cinema polacco, è un film che prima rischiò di non essere nemmeno realizzato e poi di finire negli oscuri sotterranei dei servizi segreti polacchi, durante il regime comunista negli anni ’80. Per nostra fortuna questo non è accaduto, permettendoci così di visionare un film doloroso, emozionante ed estremamente illuminante su un periodo buio vissuto da un popolo, quello polacco, uscito da un inferno nel 1945 per entrarne in un altro, di colore diverso ma dalle fortissimi similitudini, di oppressione e negazione del pensiero libero e della propria identità nazionale.
Polonia, 1951. Tonia Dziwisk, una giovane cabarettista e ballerina, viene arrestata in stato di ubriachezza e condotta in una prigione dello stato, nella quale si risveglia totalmente inconsapevole del motivo per il quale è stata arrestata. Sin da subito viene sottoposta a durissimi interrogatori e torture, oltre a condividere una cella di pochi metri con altre sei detenute. Lo scopo delle sevizie subite da Tonia da parte dei suoi carcerieri sarà quello di farla confessare presunte attività anti nazionaliste, in particolare di un uomo con il quale aveva avuto una relazione in passato. I giorni passano, finendo per diventare mesi e poi anni, senza però che Tonia riconosca di essere colpevole di qualcosa che non ha mai fatto e di cui nemmeno conosce. Il rapporto torbido e sporco con uno dei suoi torturatori, finirà per cambiarle nuovamente la vita …..
Ryszard Bugajski, nel 1982, riuscì a realizzare il film in maniera quasi clandestina a Varsavia, finendo poi per non passare il temibile vaglio della censura polacca a causa delle pesanti critiche presenti nella sua opera al regima comunista. La giovane regista polacca riuscì però a realizzare diverse copie clandestinamente diffondendole negli Stati Uniti ed in Canada, paese nel quale era emigrata l’anno successivo alla realizzazione della sua opera. Il passaparola fece il resto. Caduto il totalitarismo sovietico nel 1989, il film vide finalmente la luce anche in Polonia. L’anno successivo, il 1990, ottenne anche il giusto riconoscimento internazionale a Cannes, dove l’eccezionale attrice protagonista Krystyna Janda vinse il premio come miglior interprete femminile. Sarà proprio la sua prova, viscerale e fisicamente importante, la forza trascinante di questa poderosa e amara pellicola, ispirata a più storie realmente accadute nell’immediato dopo guerra in Polonia e nei paesi appartenenti, dopo la seconda guerra mondiale, al blocco comunista in Europa.
INTERROGATION, titolo internazionale, è una visione estrema (con violenze psicologiche, fisiche e perfino sessuali) di crudo realismo sulla mortificazione della persona e l’annullamento della libertà da parte di un regime (quello comunista sovietico) che liberò, solo in apparenza, la Polonia pochi anni prima da un’altro regime totalitario e tirannico (quello nazionalsocialista tedesco).
Il popolo polacco viene mostrato più volte senz’anima, valore e identità. Non solo nelle donne incarcerate (perlopiù per motivi politici) ma anche nei volti e sguardi dei loro carcerieri e carnefici, consapevoli di essere dei semplici cani da guardia privati di luce e ragione e propria. Costretti da un potere di regime della nuova nazione occupante che finì per mettere l’uno contro l’altro in nome della paura e di un benessere utopico destinato, come vederemo nel 1989, a crollare miseramente.
Se l’analisi politico sociale è impietosa e lucida, senza mai scivolare nella banale retorica, saranno le scene più dure e violente, ambientate in un contesto bucolico e mortificante, a lasciare senza fiato. Torture e violenze talmente realistiche e scioccanti che finiranno per mettere in dubbio più volte se stiamo assistendo ad un’opera di finzione oppure ad un documentario senza censura alcuna. Le prove per Tonia saranno sempre in salita. Tra tentativi di suicidio e stupri subiti, mentre la fine dell’incubo per lei sembrerà sempre di più un’utopia. Stranamente la morte non appare mai essere il fine ultimo dei suoi carcerieri e del braccio armato dello stato. L’obiettivo ultimo è stato per loro del regime sempre e solo la disgregazione e frammentazione dell’umanità della loro vittima, quest’ultima destinata ad essere un solo numero da presentare ai propri superiori per dimostrare la propria lealtà al sistema, assolutamente incontestabile. Un ‘women in prison’ unico nel suo genere (per qualità e contenuti di valore), destinato a causare diversi mal di stomaco ed incazzature improvvise allo spettatore durante la visione. Pellicola micidiale dal finale amaro, destinato questo alla misera ed umiliante rassegnazione imposta dal regime polacco filo-sovietico dell’epoca!
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