I’M NOT A SERIAL KILLER (SubITA)

Titolo originale: I Am Not a
Paese di produzione: Irlanda, Stati Uniti, UK
Anno: 2016
Durata: 104 min.
Genere: Poliziesco, Drammatico, Horror
Regia: Billy O’Brien

Presentato al Trieste Science+Fiction Festival 2016, dopo un passaggio un po’ in sordina alla capitolina, I Am Not a dell’irlandese Billy O’Brien è un racconto di formazione, un thriller cupo e dalle venature orrorifiche e fantascientifiche. Ottime le performance di Max Records e Christopher Lloyd.

Acque gelide
John Cleaver ha sedici anni, è pericoloso e lo sa. È ossessionato dai serial killer, ma non vuole assolutamente diventare uno di loro. È tentato da impulsi terribili, così, per la propria salute e la sicurezza di chi lo circonda, si è imposto rigide regole di vita per restare “buono” e “normale”. Tuttavia, quando un autentico mostro fa la sua apparizione in città, dovrà far uscire il suo per fermarlo. Infrangendo, però, le sue rigide regole, potrebbe diventare ancora più pericoloso del mostro che sta cercando di uccidere… [sinossi]

Sta crescendo, e quindi cambiando, il giovane Max Records, splendido protagonista nel 2009 del gioiello jonziano Nel paese delle selvagge. Dopo qualche anno e un film dimenticabile, lo ritroviamo al centro di I Am Not a Serial Killer di Billy O’Brien, racconto di formazione che diventa un thriller cupo, sinistro, dalle derive fantascientifiche. Accanto a Records ritroviamo anche Christopher Lloyd, quarantennale, altro in cambiamento. Si cresce, si invecchia. Direzioni opposte. Ed è proprio su questi contrasti, su queste specularità fisiche ed esistenziali, che I Am Not a Serial Killer trova terreno fertile, solide fondamenta per una pellicola che cambia più volte direzione: non un film imprevedibile, piuttosto un lungometraggio capace di catturare brandelli di realtà e di usarli per immergersi nelle acque gelide dell’adolescenza, nello sconforto della vecchiaia, nel profondo e nero di due solitudini, di due persone che lottano per la sopravvivenza, per trovare una collocazione nella società, in una placida cittadina del Midwest.

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O’Brien porta sullo schermo con entusiasmo l’omonimo romanzo di Dan Wells e si cala con disinvoltura in quella provincia statunitense fatta di villette, strade larghe e poco trafficate, alberi e foglie da rastrellare, prati da tagliare e poi (tanta) neve da spalare. Una dimensione fatta di tranquilla e ripetitiva quotidianità, dal liceo con bulli e belle fanciulle al giornale locale, alle famiglie spesso monche, magari senza una figura paterna e con tanti conflitti irrisolti, striscianti, pronti a esplodere – o a implodere pericolosamente. O’Brien riesce a far brulicare i vermi lynchiani, a far scorrere lungo la pellicola di I Am Not a Serial Killer una serie intrecciata di inquietudini: un film in cui si aprono improvvisi squarci orrorifici, con mostri che covano tra le viscere.
Ancora traiettorie opposte, fertili specularità. Due mostri, uno contro l’altro. Due apparenze. Lo scontro paradossale tra un (bravo) ragazzo che non riesce ad amare e un mostro che ama troppo, che ama visceralmente. Già, proprio visceralmente. I Am Not a Serial Killer è un film che disseziona cadaveri e che cerca di dissezionare stati d’animo, di insinuarsi tra le oscure pieghe della disperazione, di questa lotta invisibile a una città dormiente.
Ammirevole nella scelta e nella direzione degli attori, O’Brien regala a Christopher Lloyd un ruolo fatto di sottrazione, di estrema misura. Una prova attoriale impegnativa, e psicologica, per un attore che avrebbe meritato maggior fortuna. Un ruolo significativo anche per Max Records, attor giovane di belle speranze, volto tormentato, fisicità adolescenziale, già capace di calibrare i toni.

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Presentato al Trieste Science+Fiction Festival 2016, dopo un passaggio un po’ in sordina alla capitolina, I Am Not a Serial Killer è un racconto di formazione sui generis, un teen movie che imbocca strade singolari, portando all’estremo il concetto di disagio giovanile, di pulsione (auto)distruttiva, di alienazione. E di amore. Non privo di qualche passaggio farraginoso, il film di O’Brien scansa gli stereotipi del genere o riesce a modellarli a proprio piacimento, regala alcune sequenze pregevoli – il campo lungo sul lago ghiacciato, la sequenza dal barbiere – e chiude con sagace humor nero. Ashcroft & Spirit In The Sky.

quinlan.it

By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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