I AM TRASH [SubITA]

Titolo originale: Naneun sseulegida
Paese di produzione: Corea del Sud
Anno: 2015
Durata: 97 min.
Genere: Drammatico
Regia: Sang-woo Lee

Tre figli ormai adulti hanno lottato a lungo per avere una vita normale dopo che il loro padre è stato arrestato per violenza sessuale su una ragazza minorenne. Le loro esistenze finiscono però nel caos il giorno in cui il genitore, scontata la condanna, torna in libertà e nella casa di famiglia. A complicare la situazione vi è anche il padre della vittima di violenza, che aspetta il torturatore della con un coltello in mano.

Volete provare un senso crescente di disagio? “I am trash” allora fa per voi.
Ultimo capitolo della trilogia dedicata alla famiglia disfunzionale (dopo “Mather is a whore” e “Father is a dog”), Sang-Woo chiude il cerchio “regalandoci” una pellicola la cui visione è davvero difficile da sopportare… come spesso accade, però, per quanto mi riguarda non è quello che si vede a provocare rabbia e disgusto.
Un padre pedofilo che esce dal carcere dopo aver scontato la sua pena e che s’installa in casa dei figli, contro la del maggiore.
I tre fratelli: il maggiore (Sang-woo, interpretato difatti dallo stesso regista) fa il netturbino e non appena torna a casa costringe il fratello minore a masturbarsi in maniera ossessiva per “placare” i suoi istinti ed evitare che possa seguire le orme del padre; il più piccolo dei tre, invece, sta svolgendo il servizio di leva ma questo non gli impedisce di sfogare le sue pulsioni su un commilitone, chiaramente sottomesso.
Il padre di una ragazzina, vittima del padre pedofilo, che quando non è impegnato nel suo lavoro in macelleria staziona con un coltellaccio sotto casa dei fratelli, in attesa che il maniaco torni per avere la sua vendetta.
La ragazzina abusata, inquadrata quasi sempre fugacemente, vive reclusa in casa… chiaramente vittima della depressione, incapace di comunicare col padre, sempre più ossessionato dal ritorno dell’aguzzino.
Infine un parente di una vittima del fratello che a sua volta tiranneggia su Sang-woo, estorcendogli denaro per non denunciare l’accaduto alla polizia, e sputandogli ripetutamente addosso (in maniera quasi scientifica).
Se vi turba già la semplice descrizione di questo ameno quadretto, non proseguite oltre perché la Corea non è Hollywood: quanto di disgustoso immaginato finora sarà amplificato all’inverosimile ed il lieto fine non esiste, anzi… se qualcosa può andar male, andrà sicuramente peggio.
Il problema tuttavia sarà arrivare alla fine: l’ansia monta sempre più grazie alle location, quasi sempre piccole ed anguste camere; per una resa migliore del senso di lucida follia che pervade tutto il film, il regista predilige la camera a mano con scatti improvvisi; spesso si avvale delle immagini riflesse dagli specchi, amplificando il senso d’alienazione; altre volte ricorre ai primi piani, inquadrando occhi talvolta invasati, altre volte vitrei. I dialoghi sono pochi ma totalmente malsani: come quando il Padre (in effetti un nome non ce l’ha) utilizza il pollo come metafora per un altro tipo di “carne”.
Piccole “curiosità” a margine: i fatti narrati prendono spunto da fatti di cronaca reali; il regista ha realizzato tutto il girato senza, a suo dire, aver richiesto alcun tipo di permesso alle autorità (scene di stupro comprese) ed ha avuto un gran bel da fare per convincere il pubblico, dopo la visione durante un festival, che è una persona sana di mente.
Salvo smentirsi asserendo che, per lui, questo è un film per famiglie.
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By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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