FREWAKA (SubITA)

Titolo originale: Frewaka
Paese di produzione: Irlanda
Anno: 2024
Durata: 93 min
Genere: Horror, Psicologico, 
Regia: Aislinn Clarke

Sinossi
In una zona rurale dove il passato non è mai davvero passato, una giovane infermiera viene mandata ad assistere una donna anziana che vive isolata in una casa impregnata di rituali, superstizioni e presenze che nessuno vuole nominare. Quello che sembra un semplice incarico domiciliare presto si trasforma in un viaggio nel cuore oscuro delle tradizioni che l’Irlanda preferirebbe dimenticare.

Recensione
“Frewaka” è uno di quei film che ti si stringono attorno come un rosario di storie sussurrate, tutte fatte di ombre, di tabù mai del tutto confessati. Aislinn Clarke, che ha già dimostrato di saper maneggiare il non-detto con una ferocia controllata, qui costruisce un incubo rurale che non punta allo spavento facile, ma a quella corrosione lenta dell’anima che arriva sempre e soltanto dai posti che hanno una memoria più lunga degli esseri umani.

Qui il folklore non è mai pittoresco: è un sistema di controllo. Le superstizioni diventano strutture di potere in miniatura, trappole collettive che avvolgono personaggi troppo fragili o troppo colpevoli per opporsi. Il film vive di un’atmosfera lattiginosa, sospesa, come se tutto fosse immerso in una nebbia che trattiene i suoni e amplifica i sospetti. Clarke sa esattamente come farci percepire la presenza del “non visto”: porte che non cigolano, stanze troppo immobili, rituali fatti come se fossero gesti quotidiani, e quel senso che la casa stessa stia respirando da sola.

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La protagonista, costretta a decifrare ciò che nessuno vuole spiegare, diventa una sorta di medium inconsapevole tra un mondo in decomposizione e uno che cerca disperatamente di rinascere solo attraverso la paura. E mentre lei scava nel passato della donna che assiste, il film costruisce una spirale di rivelazioni che non esplodono: si insinuano. La paranoia cresce come una muffa, lenta e inevitabile.

“Frewaka” colpisce perché combina politica, memoria e superstizione senza proclami, preferendo un linguaggio simbolico che vibra come una minaccia antica. È un horror che parla di colpa collettiva, di silenzi pesanti come tombe e di un femminile che si trova sempre, suo malgrado, in mezzo a riti che non ha scelto. Clarke firma uno dei racconti più inquietanti del nuovo cinema irlandese, un’opera che ti rimane addosso proprio perché non offre mai una vera via di fuga: ti guarda, e basta.

By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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