Titolo originale: Farväl Falkenberg
Nazionalità: Danimarca, Svezia
Anno: 2006
Genere: Drammatico
Durata: 91 min.
Regia: Jesper Ganslandt
David, Holger, Jesper, Jörgen e John, cinque amici d’infanzia ormai diventati adulti trascorrono insieme la loro ultima estate a Falkenberg, una piccola cittadina sulle coste svedesi, tra i ricordi del passato e i progetti per il futuro.
La scintilla è immediata. Farval Falkenberg, opera prima di Jesper Ganslandt, stringe il cuore e bagna lo sguardo dopo averlo più volte immerso nell’incanto. Cinque amici, un luogo (la cittadina Falkenberg del titolo) e un’estate. Forse l’ultima che i giovani amici riusciranno a passare tutti insieme, prima degli addii, dell’approdo all’età adulta, del tempo che scorre. Il cuore di questa pellicola svedese è tutta qui.
È un progetto che il giovane Ganslandt (classe ’78) è riuscito a mettere in piedi con un budget decisamente poco rilevante, utilizzando collaboratori tecnici e attori con cui è cresciuto e le cui esperienze sono servite durante la stesura del progetto. Farval Falkenberg è infatti, prima di tutto, una stranissima commistione tra la rappresentazione autobiografica e il racconto poetico-generazionale dove i ricordi e i sapori di un luogo vengono a confondersi con l’improvvisazione riuscendo a raggiungere intensità ed equilibrio. Un vero e proprio work in progress suddiviso in capitoli, dove a turno i personaggi del film (che, come in Elephant di Van Sant, portano lo stesso nome degli attori che li interpretano) vengono messi a nudo davanti a una cinepresa che gli sta sempre addosso.
È una sincerità, quella mostrata da Ganslandt, che però non rimane mai ancorata alla semplice cronaca del quotidiano, ma, anzi, abbraccia un respiro più ampio, che travalica i corpi stessi per diventare ‘scrittura mentale’. Il film è stracolmo di momenti magici, in cui la macchina da presa riesce a liberarsi da ogni rigida sovrastruttura per abbracciare pensieri e spazi, aprendosi verso un astrattismo miracoloso, puro, lontano da ogni falso compiacimento. Montato e fotografato splendidamente, Farval Falkenberg ha la stessa dolce malinconia della canzone pop preferita, del racconto di formazione, della ‘linea d’ombra’ che attraverso la confezione diaristica assurge a esperienza percettiva sorprendente. Un bellissimo esordio che getta rinnovata luce sul cinema scandinavo e non solo.
Recensione: sentieriselvaggi.it