PASOLINI: A FILM MAKER’S LIFE [SubITA]

Titolo originale: Pier Paolo Pasolini: A film maker’s life
Paese di produzione: USA
Anno: 1971
Durata: 29 min.
Genere: Documentario
Regia: Carlo Hayman-Chaffey 

Un ritratto ‘in movimento’ di Pasolini, inedito in Italia, realizzato nel 1970 da un cineasta indipendente statunitense. Il poeta-regista ha appena presentato Medea e sta progettando il San Paolo, progetto che sarà sostituito dal Decameron e finirà per rimanere irrealizzato. Lo vediamo percorrere la periferia di Roma e parlare dell’avvento del Nuovo Potere, della Chiesa, della componente autobiografica di Re. Nel film vengono anche intervistati Alberto Moravia, Sergio Citti, Franco Citti, Ninetto Davoli e Cesare Zavattini. 

Il film non era mai stato citato in nessuna filmografia e in nessun repertorio. Finora aveva circolato esclusivamente negli Stati Uniti ma soltanto dal 2003, quindi oltre trent’anni dopo la sua realizzazione e in un circuito d’essai molto circoscritto. Dell’autore, Carlo Hayman-Chaffey, non si ha nessuna notizia e pare che non abbia realizzato altri film. L’ipotesi più probabile è che A Filmaker’s Life fosse rimasto inedito, o quantomeno fosse stato proiettato solo in un ambito di pubblico molto ristretto, fino al 2003, quando è stato ritrovato. L’importanza dell’intervista consiste innanzitutto nelle dichiarazioni di Pasolini, legate al periodo immediatamente successivo al ’68, quando la sua poesia Il PCI ai giovani!!!, uscita su “L’Espresso”, e ispirata da un profondo dissenso nei confronti del movimento studentesco di contestazione, aveva sollevato feroci polemiche. Il Pasolini che viene intervistato e filmato da Hayman-Chaffey, è nella fase che precede il periodo “corsaro” e “luterano”, pochi mesi prima di iniziare la realizzazione del Decameron, il film che inaugurerà la Trilogia della vita. È quindi un periodo-cerniera: infatti nell’intervista si sofferma sul recente Re (1967), ribadendo che si tratta di una sorta di autobiografia calata nel Mito. L’evocazione di un “Nuovo Potere”, dotato di armi più subdole e caratterizzato da una fisionomia più indistinta, è già l’accenno ad uno dei temi del periodo successivo. Un altro elemento importante che affiora dal film, è il modo in cui Pasolini dirige la messa in scena della propria immagine senza darlo a vedere, ossia con la semplice esibizione della propria presenza e con la scelta di luoghi e spazi che rimandano alla sua opera. Infatti il poeta-regista guarda spesso in macchina con una durezza e una gravità inconsuete in un documentario di questo tipo.
Recensione: cinetecadibologna.it

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By Anam

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