DER BUNKER [SubITA]

Titolo originale: Der Bunker
Nazionalità: Germania
Anno: 2015
Genere: Commedia, Drammatico, Horror
Durata: 85 min.
Regia: Nikias Chryssos

Venghino venghino, Signore e Signori! Assisterete al terrificante, incredibile, indimenticabile spettacolo della famiglia nucleare! Vedrete: l’Uomo bambino!, la Matriarca nave spaziale!, il Marito inutile! e infine lui… l’Ospite malcapitato!

Una bizzarra famiglia, composta da madre, padre e un… “bambino”, sta consumando un pasto seduta al tavolo in cucina. Mentre il padre si perde in vani filosofismi attorno all’ fritto nel suo piatto, un uomo sta camminando da solo nel bosco, nel bel mezzo di una tempesta di neve. Egli è l’ospite atteso dalla famiglia, la cui casa si trova evidentemente isolatissima in mezzo al nulla. E’ uno studente che ha affittato una camera per ritirarsi nelle sue (non meno bizzarre) ricerche… camera che si rivela subito essere nient’altro che uno scantinato, scarno all’inverosimile (muri di nuda pietra, una rete cigolante, una misera sedia, un tavolino, un lume e poco altro) e totalmente privo di alcun tipo di finestra – insomma, allegro e funzionale più o meno come una cella d’isolamento. Nonostante la spiacevole sorpresa, dopo una breve e poco convinta lo studente accetta la sua nuova dimora, mentre il padrone di casa gli offre un pediluvio ristoratore. Il povero studente non sa che l’isolamento, unico vantaggio ottenibile in simili condizioni, gli verrà presto negato: sotto il ricatto di ripagare il misero vitto offertogli, sarà costretto a fare da tutore a Klaus, il “piccolo” di casa. Un ragazzo idiota – o forse mantenuto volutamente nell’idiozia… – che un giorno, a detta sua e dei suoi genitori, sarà nientemeno che il nuovo Presidente…

Al suo primo lungometraggio Nikias Chryssos (classe 1978) sforna un’interessante commedia nera, un Kammerspiel grottesco – realizzato con soli quattro attori – sull’intrinseca atrocità del contesto famigliare, il cui successo nel circuito underground è decisamente ben meritato. In Der Bunker, che Chryssos scrive e dirige, è rappresentata una realtà domestica che pare uscita da un dipinto di Otto Dix, opportunatamente trattata con un pizzico di surrealismo vagamente à la Lynch. Un microcosmo opprimente, malato, cortocircuitato nell’autoreferenzialità del suo disagio, e caratterizzato perciò da un senso sospeso di catastrofe imminente.

E in un’attualità come la nostra, gonfia alla nausea di appiccicosa retorica familista, un lavoro come Der Bunker sfolgora come un dono celeste. Dietro la trasfigurazione visionaria operata da Chryssos, infatti, vediamo pulsare il reale fallimento della famiglia come contesto educativo personalizzante – sin dall’inizio si considerino il simbolo dell’uovo, e lo sguardo stranamente reale del busto di Socrate all’inizio del film. Klaus, che dichiara di avere otto anni, è chiaramente un adulto costretto nei panni insufficienti e clowneschi di un bambino (il bravo Daniel Fripan, che lo impersona, aveva almeno trent’anni all’epoca delle riprese!): sottoposto a un’istruzione che è ripetitiva e sterile (conoscere a memoria le capitali degli Stati del mondo), a un’educazione che è puro orpello retorico (le chiacchiere dei genitori intorno alla necessità di avere una buona cultura), finalizzate a uno scopo chiaramente irrealizzabile (diventare il Presidente!); il tutto, in un’aula privata che è praticamente una prigione – appena un poco più vivace della camera dello Studente. La famiglia come realtà concentrazionaria e plagiante insomma, che annichilisce anziché coltivare lo spirito – termine all’uopo, considerate le continue citazioni nel film di figure della filosofia e dell’arte.

Significativamente, la personalità di Klaus conoscerà una svolta solo quando il suo nuovo tutore, lo Studente, lo introdurrà alla dimensione del libero gioco che gli è sempre stato negato – cessando così di fatto di essere semplicemente il suo tutore, e diventando piuttosto il suo mentore. Il nostro “piccolo uomo” troverà pian piano persino la forza di opporsi alle assurde costrizioni genitoriali.

Questo fatto scatenerà ira e della Madre, autentica padrona di casa a dispetto della verbosità del Padre (David Scheller) – il quale a un certo punto, spodestato dal ruolo di insegnante del figlio, viene messo dalla moglie a “concentrarsi su uno dei suoi altri talenti”: nientemeno che lavare i pavimenti! La Madre (Oona von Maydell) è figura insieme minacciosa e suadente, carica di una sua distorta sensualità, e in fin dei conti notevolmente vittima di se stessa. Ella, che per premiare Klaus lo allatta (!), ha uno strano “segreto”, che in realtà sembra confidare fin troppo facilmente non appena gliene si presenti l’occasione: l’essere in contatto sin da bambina con Heinrich, il leader di un avanzatissimo popolo alieno giunto sulla Terra. In seguito però Heinrich si è ammalato: il che lo ha costretto a trasferirsi, con tutta la sua gente, nel… corpo della Madre, attraverso una brutta ferita infetta alla gamba destra che è nascosta, solitamente, sotto una vistosa fasciatura. Tutto chiaro no?

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Quale che sia la realtà di Heinrich, tema sul quale vi lascio il piacere di soffermarvi per conto vostro, è a seguito dell’apparente incontro con questi “via Madre” che lo Studente otterrà una notevole svolta nel lavoro. Quest’ultimo (interpretato da Pit Bukovski, tenace e stralunato quanto serve) è un ben atipico ricercatore, un po’ scienziato un po’ filosofo un po’ chissà, che dichiara di occuparsi dei bosoni di Higgs e di un campo nuovo che ne unificherà altri (forse si riferisce alla teoria del tutto in fisica?). Stranamente, egli svolge le sue ricerche sedendosi di fronte a un foglio bianco, sul quale si concentra usando una banale squadra come una sorta di monocolo; dopodiché il nostro inizia a tracciare segni tanto automatici quanto incomprensibili. Inizialmente fatica anche solo a tracciare un righino, di seguito si rifarà ampiamente… ma non per questo il suo assurdo metodo risulterà meno ermetico. Che diavolo di sta facendo costui?

Tra Faust e Münchhausen, lo Studente potrebbe essere tanto un genio incompreso, quanto solamente un altro velleitario in fuga dalla realtà. Inizialmente egli rappresenta forse una scienza chiusa in se stessa, una sapienza sterile e sostanzialmente inutile alla dimensione umana. Dunque se dapprincipio egli sembra vittima della situazione, in seguito – e probabilmente per la prima volta nella sua vita – avrà finalmente l’occasione di usare la sua conoscenza per contribuire positivamente e direttamente ad un’esistenza umana… a un progresso, cioè, fatto di autentico retaggio e non soltanto di teoria. Può essere che alla fine, il gioco valga tutta la candela.

Der Bunker è un’opera prima inquietante e disturbante, per quanto forse pecchi un po’ di didascalismo (ironico per un’opera che sembra propugnare istruzione ed educazione libere…). Tuttavia la realizzazione, in sé visionaria, compensa in parte questo limite: la regia è efficace, la fotografia molto attenta nell’uso dell’illuminazione, sfruttando così al meglio la mimica espressiva – verrebbe da dire “espressionista” – degli attori: maschere più che efficaci nell’incarnare ruoli che (evidentemente) sono piuttosto degli archetipi. Bella la soundtrack, che spazia tra pezzi ben differenti (da Chopin a pezzi punk belli tosti e cattivi) integrandoli perfettamente alla narrazione filmica e ai temi originali di Leonard Petersen. Buona visione.

Recensione: shivaproduzioni.com

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By Anam

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