BABYLON [SubITA]

Titolo originale: Babylon
Nazionalità: UK
Anno:
Genere: Serie TV, Commedia, Poliziesco, Thriller
Stagioni: 1 [miniserie]
Episodi: 1 + 6 [totale]
Durata: 90 min. [pilot] – 60 min. [episodio]
Ideatore: Danny Boyle

Una commistione di generi e approcci diversi per un unico tema: la comunicazione.

Il capo della polizia assume un’americana esperta di nuovi media per rinnovare l’immagine pubblica della polizia britannica. Garvey deve rivoluzionare il reparto delle PR che fa fatica a stare al passo con l’era moderna in cui le notizie si accumulano continuamente, con gli smartphone che dominano le comunicazioni e con un pubblico sempre affamato di informazioni.

Siete ancora arrabbiati per la cancellazione di Utopia? Credete sia stata un’offesa che non potrà mai essere mai ripagata dal a cui stanno lavorando HBO e David Fincher? Channel 4 nel cancellare la serie ha dichiarato che era l’unico modo per portare avanti la produzione di nuovi show originali; tra questi c’è Babylon.

Con questa sua nuova creatura la rete attua una strategia insolita trasmettendo il pilot nel mese di febbraio per poi far partire la serie a novembre con un episodio totalmente rivisitato, tanto da rendere il segmento di inizio anno una sorta di prequel. Tuttavia, la puntata d’apertura (della durata monstre di quasi un’ora e mezza) risulta fondamentale alla genesi della serie, sia dal punto di vista narrativo (presentazione di contesto e personaggi), sia da quello estetico-formale, in quanto mette i paletti per i successivi sei episodi.

You don’t spin against Madre Teresa even if she is a smacked out prick.

La lunghezza insolita del pilot può risultare senza dubbio spiazzante, ma non c’è dubbio che in questo caso la pazienza paghi. Eccome. I primi minuti hanno l’obiettivo di mostrare il contesto narrativo e il registro stilistico della serie, e di introdurre i personaggi. Siamo nel centro di Londra, in un calderone fatto di piccoli furti, persone sgradevoli, lotte tra bande, criminalità di ogni livello, rivalità politiche e chi più ne ha più ne metta. Il mantenimento dell’ordine di una città del genere, dove ogni sventura può dar luogo a situazioni di cinica comicità, è sulle spalle della polizia metropolitana, ovvero il cuore narrativo della serie. I protagonisti sono Liz Garvey (stupenda Brit Marling), al suo primo giorno da Director of Comunications del dipartimento e Richard Miller (James Nesbitt, protagonista anche della contemporanea The Missing), direttore del dipartimento. Si tratta di un racconto corale diviso sostanzialmente in due parti, indicate dalle differenti mansioni dei suddetti personaggi: da Liz si dipana tutto l’aspetto relativo alle public relations e quindi anche alla politica; da Richard quello legato alle vicende poliziesche on field, nei meandri della metropoli londinese. L’episodio racconta il primo giorno di Liz, ventiquattro ore più che mai incasinate, dove è costretta a fronteggiare crisi politiche, inadempienze di dipendenti, licenziamenti e reintegri a causa di ricatti politici.

Tell him to tuck his dick up his ass and fill himself with piss.

Una delle cose spiazzanti di Babylon è, paradossalmente (ma neanche tanto), la sua originalità. È davvero molto difficile staccarsi dalla dicitura “comedy-drama” in quanto le due categorie sono così intrecciate che appena viene innescata una situazione comica succede qualcosa di tanto drammatico da porre lo spettatore in una condizione di grande disagio, o alla meglio, di spaesamento. Il mondo messo in scena dalla serie è molto simile a quello di Veep, serie che mette insieme comedy e drama per rappresentare un reale trasfigurato, masticato attraverso i codici della parodia e presentato in tutte le sue più paradossali forme. Tra gli sceneggiatori principali della serie c’è Jesse Armstrong, già co-autore di Veep, ed estremamente a suo agio nel mostrare la crudele banalità di alcune situazioni, dove la morte può arrivare all’improvviso, come il suono di una sirena, e coinvolgerti senza che neanche tu te ne accorga. Da sempre i prodotti inglesi risultano più sfuggenti alle categorizzazioni di genere, offrendo una fusione estremamente più armonica (e significante) di tanti dramedy d’oltre oceano – come dimostra, ad esempio, un lavoro come Sherlock – e nel caso di Babylon nulla avrebbe lo stesso effetto se non fosse condito (anzi affogato) con la caustica ironia che pervade la serie, sin nelle piccanti battute di dialogo, spesso messe in bocca a un volto delicatissimo come quello della Marling.

You can’t take control. That is the reality. Put your dick in the dyke and you’re just going to look like a jerk if the floodwaters pour over.

La ragione principale della vendita della serie è il grande nume tutelare che c’è dietro: Danny Boyle. Benché non sia garanzia di qualità, il profilo dell’autore si distingue per una serie di importanti meriti sia in campo nazionale che internazionale: è stato il della cerimonia d’apertura dei Giochi Olimpici di Londra; ha vinto il premio Oscar per la regia di Slumdog Millionaire (film che ha ottenuto anche il premio più prestigioso); è autore di una delle opere maggiormente di culto degli ultimi anni, Trainspotting. In Babylon è co-creatore e regista del pilot, ovvero colui che ha l’onere di tracciare le linee guida estetiche della serie. La collaborazione con Armstrong appare da questo punto di vista molto produttiva, mettendo al servizio della macchina da presa del regista di 28 giorni dopo il suo background lavorativo, che conta, tra le altre cose, anche Black Mirror. Come nella serie creata da Charlie Brooker, di cui Armstrong ha scritto “The Entire History of You” – a mio parere il miglior episodio della serie – Babylon ricostruisce il caleidoscopio della vita londinese attraverso una serie lunghissima di rappresentazioni mediali differenti, dalla telecamera dei reporter freelance a quelle a circuito chiuso del centri commerciali, dagli obiettivi degli smartphone dei passanti alle macchine da presa delle televisioni. Ciò che ne viene fuori è una dominata dalla socialità, dove Twitter e dettano l’agenda ai telegiornali e sono il veicolo per lo sviluppo della cronaca nera, dove i media sono vere e proprie protesi degli essere umani, per riprendere una vecchia (ma sempre attuale) definizione di Marshall McLuhan (se il nome dello studioso canadese vi è familiare ma non vi ricordate perché, qui c’è la risposta).

Guarda anche  MI GRAN NOCHE [SubITA]

Babylon arriva come una ventata d’aria fresca, confermando (come se ancora ce ne fosse bisogno) la perenne voglia di sperimentare di quella meravigliosa rete televisiva chiamata Channel 4.

Recensione: seriangolo.it

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