ANGEL DUST [SubITA]

Titolo originale: Enjeru dasuto
Nazionalità: Giappone
Anno: 1994
Genere: Thriller, Visionario
Durata: 116 min.
Regia: Gakuryû “Sogo” Ishii

Nell’affollata metropolitana di Tokyo, ogni lunedì alla stessa ora, un misterioso serial killer uccide le sue vittime con un’iniezione di veleno. Indagando sul caso, l’investigatrice psicologa Setsuko (Kaho Minami) trova un legame fra gli omicidi e un centro di lavaggio mentale – il “Refreezing Psychorium” – gestito da Rei Aku (Takeshi Wakamatsu), uno psichiatra con cui ai tempi dell’università aveva avuto una relazione.

Ritorno di Sogo Ishii al cinema dopo un intervallo di dieci anni (l’ultima sua pellicola era stata il cult The Crazy Family del 1984) in cui si era dedicato a lavori video, cortometraggi sperimentali, progetti per la televisione e film concerto. Con un netto distacco dalle sue opere precedenti – furibondi punk-movies che fra gli anni Settanta e Ottanta gli avevano dato notorietà fra i circuiti underground – Ishii si cimenta in un ipnotico e controllato thriller investigativo-psicologico, con evidenti influenze da Il silenzio degli innocenti (1991) di Jonathan Demme (a partire dalla costruzione della fragile protagonista sull’impronta di Clarice Starling). Al centro del film Ishii mette la riflessione sul concetto di identità, una scelta che nella seconda parte lo porta a rallentare decisamente la narrazione, e a concedere uno spazio predominante allo scavo introspettivo. Atmosfere rarefatte e magnetiche (ma, con i successivi August in the Water del 1995 e Labyrinth of Dreams del 1997, Ishii si spingerà verso una direzione ancor più astratta e metafisica) tradite in parte dalla volontà di ricondurre tutto, nei concitati minuti finali, a una spiegazione razionale. Poco noto precursore del ben più celebre Cure (1997) di Kiyoshi Kurosawa.

Che strano oggetto filmico che è Angel Dust

Imbrocca subito la strada di Manhunter (e Ishii aumenta l’accostamento con Michael Mann per quanto riguarda anche le riprese di una Tokyo sospesa, futuristica, notturna, livida, “metallica”), poi vira nelle cliniche alla Brood (il film e imbevuto di umori cronenberghiani fino al midollo, dalle atmosfere, alle ambientazioni-anche queste molto futuristiche, quasi da “fanta-70”-dai temi della mente e dalla sua malneabilità), cita il Lang di M (il fischiettio dell’assassino pronto a colpire), regala le “dolci morti” di Murderock (iniezioni letali e quasi impercettibili), e accosta la stessa teoria “argentiana” dell’assassino impresso sulla retina di 4 Mosche

Ma non è un thriller americano, ne tantomeno europeo, e quindi esce dai soliti schemi prestabiliti, diventando quasi un esperienza onirica, sospesa, straniante, abbagliata da momenti di rara suggestione (la clinica sotto la luna, la strada per raggiungerla, il monte Fuji che troneggia, le saune zen, le corse in automobile della criminologa, gli scorci di Tokyo, i boschi, la luna che si tinge di rosso), che non lascia spazio a spiegoni a tutti i costi, all’azione e agli stilemmi “americani” presenti in questo tipo di film

Spesso soporifero, che sfiora la narcolessia (ero lì lì, a metà film, pronto a affibbiarle il pallino e mezzo, voto che si da ai filmacci), ma che poi si “risveglia” donando momenti visivi di rara potenza e suggestione, fino a un pre finale che riecheggia Videodrome (la stanza chiusa con il televisiore) e twist completamente folli (e inaspettati) che arrivano dritti dritti da Un rantolo nel buio

Sembra che ti prenda per “sfinimento”, poi Ishii ci mette dentro (ad esempio) la bizzarra citazione alla Bella addormentata, che detta così può suonare inutile, ma che e uno dei valori aggiunti del film, che ne dà (tra i tanti) un aspetto quasi “fiabesco”

Non c’è un perché logico (come ci ha abituati il cinema occidentale) e il racconto si fà astruso, ermetico, dove l’audio viene sopresso di colpo per poi riprendere, flash visivi affascinanti (gli incubi in “stati di allucinazione” di Sezuko, come il letto che percorre la strada della clinica, la grotta) in mezzo a noia e fitti dialoghi sulla mente e il lavaggio del cervello

Va da sè che il film presenta una scena di omicidio (il quarto per esatti) tra le più belle e poetiche mai girate, da far rodere Brian De Palma

Guarda anche  THE GUARD FROM UNDERGROUND (SubITA)

Le strade affollate di Tokyo sotto la pioggia, ombrelli ovunque, la vittima designata (una donna con vestito e ombrello rosso) attraversa le strisce pedonali e si accascia a terra (con ripresa dall’alto), mentre la detective Sezuko la pedina. Oppure il terzo omicidio, con la ragazza che attraversa la periferia di Tokyo, una lavatrice di una lavanderia nasconde una mano e…

Gran pezzo di cinema, che mostra la quintessenza del talento di Sogo Ishii, autore molto personale e originale, che nonostante la lentezza quasi insostenibile in alcuni momenti, riesce a catturare l’attenzione e se ne diviene quasi ipnotizzati

Si astenga chi cerca sangue, frattaglie, azione o spiegoni, gli altri si abbandonino (come ho fatto io) a questo quid rallentato e seducente

Ci scometto lo stipendio che Michael Mann (e David Cronenberg), se se lo sono visto, sono letteralmente impazziti

Da vedere a mente lucida.

davinotti.com

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By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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