ALEXFILM [SubENG]

Titolo originale: Alexfilm
Nazionalità: Messico
Anno: 2015
Genere: Documentario
Durata: 60 min.
Regia: Pablo Chavarría Gutiérrez

Pablo Chavarria Gutiérrez documenta i ritmi di un uomo in attesa di un evento importante. Mentre cucina la colazione, fa un pisolino, dipinge, prova gli occhiali da sole e vaga per diverse stanze della sua casa.

Di primo acchito Alexfilm (2015) potrebbe apparire come un non-film vista la sua natura portata ad annientare i canoni del cinema così come lo conosciamo. Ma il cinema che abbiamo visto per buona parte della nostra esistenza, almeno fino all’avvento purificante di Internet, non era vero cinema, ed anche se il sottoscritto non possiede la nel taschino abbiate l’accortezza di rispettarne l’opinione: fino a poco tempo fa non avevamo visto ancora niente. Da questa “nuova” angolazione Alexfilm del messicano Pablo Chavarría Gutiérrez è eccome un film, e lo è più di quanto la nostra limitata mente possa comprendere, il nodo cruciale al quale aggrapparsi con tutta la nostra forza spettatoriale è che un’opera così forgiata nel reale, così aderente ai tempi della vita vera da farne detonare i confini (ma mai del tutto), possiede comunque una lettura propria, una profondità che si dà a noi senza particolari artifici né intensificazioni; Chavarría Gutiérrez nonostante la giovane età (trent’anni tondi e già un paio di titoli da visionare ad ogni costo) carpisce con maestria le potenzialità smisurate della realtà e mettendoci un pizzico di suo riesce a ricreare una situazione con una sua logica: indubitabilmente non c’è soltanto la bizzarra e noiosa quotidianità di un tizio corpulento sullo schermo. Bisogna essere pazienti, ma ecco un segnale: l’uomo appeso ad una finestra che sembra formare delle sbarre, poi una rapida sequenza di codici a barre, poi un ragno sulla sua tela, infine nuovamente la finestra. Il suggerire (ci sono anche delle ripetizioni quasi autistiche prima), l’instillare luci nel buio, attivarci, destarci da lunghi letarghi celebrali. Questo è quello che deve fare il cinema, e questo è quello che fa Chavarría Gutiérrez.

Ma verso la mezz’ora succede che si va aldilà. Delle immagini sfocate accompagnate dalle riflessioni del protagonista confermano quanto supposto, ossia che la casa altro non è che un limbo, una dimensione di mezzo che potrebbe essere grembo come potrebbe essere loculo, non importa, l’importante è renderci consapevoli che i primi trenta minuti sono stati soltanto la prefazione ad una seconda parte che, lo dico senza alcuna remora, è Cinema Totale. Con un procedimento che ricorda parecchio i lavori di Lisandro Alonso (soprattutto il dittico Los muertos [2004] e Fantasma [2006]), il regista porta il suo film ad un grado assoluto di naturalità, davanti a noi non c’è più luce ma solo vento e il rumore delle frasche, e in una tale regressione l’uomo, che diventa così l’Uomo, racchiude nell’errare per il tutto un immaginario che sprigiona un’intensità devastante e che contiene all’interno tutte le storie possibili già raccontate o ancora da raccontare. E nell’area archetipica che viene a crearsi si realizza un’evocazione ectoplasmica che piacerebbe molto a Weerasethakul (dove perfino i sottotitoli diventano parte vivente del corpo filmico), poiché in un cinema che si fa spazio illimitato ogni misura è possibile, ogni suggestione è lecita, ogni esegesi è ammessa. Ed è da presupposti del genere che io fruitore qualunque voglio partire per approdare in territori di libertà e sentire davvero ciò che le componenti basiche della settima arte sono capaci di esprimere: bambino-biglie-solo; buio-buio-vento; l’altro-gli occhi-paura; silenzio-gli occhi-gli occhi. Baluginii lontani. E un sibilo…

Recensione: pensieriframmentati.blogspot.it

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By Anam

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