Titolo originale: Noroi
Nazionalità: Giappone
Anno: 2005
Genere: Horror
Durata: 115 min.
Regia: Kôji Shiraishi
Chi odia i mock stia alla larga, o forse no, un’occhiata la dia lo stesso perchè a mio parere ci troviamo davanti ad uno dei migliori esponenti del genere, uno che davvero ha la credibilità del falso documentario tanto che a volte ci si dimentica che sia soltanto fiction cosa che, per ora, mi è successa solo con Lake Mungo (che mannaggia a me non recensii).
Certo, quasi due ore di un genere indigesto sono ancora più indigeste…
Noroi ha la straordinaria qualità, come il già citato Lake Mungo, di non ricorrere a nessun trucco, nessuno spavento facile, nessuna scorciatoia per metter paura. Semplicemente tiene il suo passo, indaga, racconta incastonando nello stesso racconto immagini, parole, sequenze che non possono che dare una certa inquietudine allo spettatore.
E ha dietro una grandissima sceneggiatura che si muove nel tempo e negli spazi per creare un’incredibile tela di personaggi, luoghi, vicende, temporalità che piano piano cominciano sempre di più ad intersecarsi tra loro.
Ricorda alcuni giochi nippo, ad esempio Forbidden Siren, sia per questa sua trama rapsodica che per una certa atmosfera mista di magia, terrore, male atavico.
Il giornalista Kobayashi realizza documentari sul mistero, è una brava persona e sa fare il suo mestiere. La conoscenza con un’attricetta, una bambina prodigio e un pazzo misantropo, tutti e tre persone dotate della capacità di vedere “oltre” e sentire qualcosa, diciamo medium, lo porterà a un’indagine che solo a metà film avrà un nome, Kagubata, un demone che un paese, ora sommerso da una diga, teneva a bada ogni anno con un rituale. Ora Kagubata è libero.
C’è un uso dei media superlativo, telegiornali, vhs, riprese dal vivo, reality show, altri documentari, c’è di tutto, in una rete grandissima che si regge in piedi alla grande e, come detto, ha tanta verosimiglianza al suo interno.
Lo spettatore può perdersi, è vero, ma alla fine ritroverà la strada. Lo farà però attraverso sequenze da brivido che certo cinema moderno, vedi Wan, si sogna soltanto.
Impossibile negare che ci si appesantisce un pò durante la visione, tra l’ora e l’ora e mezzo il rischio di perdere tutta l’atmosfera in cui il film ti ha coinvolto è alto ma il finale vale l’attesa.
Più si va avanti più lo spettatore comincia a vedere che tutti i personaggi del film, principali o secondari muoiono di continuo (e anche qua, forse soprattutto qua, sta l’eccezionale onestà del film, visto che nessuna morte, a differenza degli altri mock, avviene sotto l’occhio della telecamera, ma viene riportata o dai tg o dagli appunti dello stesso Kobayashi, tutto molto veritiero),si avverte che c’è, e forte, una qualche maledizione (Noroi). Tanti elementi iniziano a ritornare, quella maschera (da brividi ripensare al disegno della bimba nell’esperimento), quelle corde intrecciate, tutto.
Fino ad arrivare al finale, quasi un triplo finale che ha in quello definitivo il capolavoro del film.
Prima ho tremato all’inchino in barca e sono rimasto di sasso alla terribile immagine notturna nel bosco.
Ma gli ultimi 2 minuti, anche qui incastonati perfettamente nella sceneggiatura (capiamo come si è creato l’incendio e tante altre cose) sono strepitosi. Quell’immagine fugace su quel bambino mi ha regalato un brivido come da tempo, forse proprio quando lei vede sè stessa deforme in Lake Mungo, non mi capitava.
E la moglie che va là…
Questo è un film che va diffuso perchè non si è preso una telecamera e si è girato in 5 giorni.
Qui si è scritto, si è costruito, si è creata una struttura quasi incredibile per un mockumentary.
Kagubata, almeno per una notte, vi tormenterà.
Recensione: ilbuioinsala.blogspot.it
I’m A Fucking Dreamer man !