WOMAN IN THE DUNES (SubITA)

Titolo originale: Suna no onna
Paese di produzione: Giappone
Anno: 1964
Durata: 123 min.
Genere: Drammatico, Erotico, Thriller, Visionario
Regia: Hiroshi Teshigahara

Un giovane entomologo, trovatosi in un deserto di sabbia per le sue ricerche e perduta la corriera per la città, chiede ospitalità agli abitanti di un villaggio. Questi lo conducono alla capanna di una donna sola che si trova in una fossa di sabbia e che si raggiunge mediante una scala di corda. La mattina seguente si accorge di essere in trappola perché la scala è stata tolta. La donna, sola dopo aver perduto marito e figlia, vuole aiuto e amore ma lo scienziato pensa esclusivamente al modo per riconquistare la libertà. Presto però, la solitudine li porta ad attrarsi l’un l’altra. Il giovane prova una simpatia per la donna, per la sua rassegnazione, il suo coraggio e la sua forza d’animo. Nei suoi tentativi di fuga, l’entomologo scopre un mezzo per ottenere l’acqua in quel deserto. Quando la donna, in stato interessante, dovrà andare in ospedale, il giovane, malgrado possa riconquistare la sua libertà, rimarrà con lei.

La donna di sabbia è un felice punto d’incontro tra talenti ed espressioni artistiche: alla potenza immaginifica della messa in scena di Teshigahara, cresciuto tra l’eleganza dell’ikebana e le linee sinuose di Hokusai e Gaudì, si sommano e si (con)fondono le musiche di Tōru Takemitsu e la scrittura del romanziere e sceneggiatore Kōbō Abe.

L’entomologo Niki Jumpei, in cerca di insetti tra le dune, chiede ospitalità agli abitanti di un villaggio, che lo accompagnano alla capanna di una donna. L’abitazione è in fondo a una depressione sabbiosa e si può raggiungere solo con una traballante scala di corda. Nel corso della notte la scala viene rimossa. L’uomo, a questo punto intrappolato, cerca ripetutamente e inutilmente una via di fuga. Disilluso dall’insuccesso, l’entomologo si troverà diviso tra il di riconquistare la propria libertà e l’affetto che nutre verso la donna… [sinossi]

Tra i granelli di sabbia che avanzano quotidianamente minacciando di seppellire case e abitanti del villaggio si nasconde il senso della nostra esistenza, la disperata ricerca di una ragion d’essere, un tangibile motivo per alzarsi, produrre, consumare e andare a dormire, in di un nuovo giorno. La donna di sabbia (Suna no onna, 1964) di Hiroshi Teshigahara è un manifesto esistenziale, una metafora sinceramente spietata, affascinante, perfetta sintesi del cinema spesso illuminato della Nuberu bagu, dell’Art Theatre Guild, della aspirazioni artistiche e al contempo politiche di una generazioni di cineasti. Un film raffinato, complesso eppure diretto, perfettamente fruibile. Teshigahara appartiene a un’élite culturale [1], è un predestinato, ma non realizza opere solo per se stesso, per il proprio ego: nella produzione del poliedrico artista nipponico l’attenzione è rivolta al mondo esterno, alla complessità della realtà, agli anni tumultuosi che i giapponesi stavano vivendo.

La donna di sabbia, come il precedente Pitfall (Otoshiana, 1962) e il successivo The Face of Another (Tanin no kao, 1966), è un felice punto d’incontro tra talenti ed espressioni artistiche: alla potenza immaginifica della messa in scena di Teshigahara, cresciuto tra l’eleganza dell’ikebana e le linee sinuose di Hokusai e Gaudì [2], si sommano e si (con)fondono le musiche di Tōru Takemitsu e la scrittura del romanziere e sceneggiatore Kōbō Abe. La macchina da presa di Teshigahara si incolla ai volti e ai corpi dei due protagonisti come un microscopio che studia degli insetti, mentre la colonna sonora di Takemitsu si intreccia con l’incessante spirare del vento, in una sorta di claustrofobico spartito: le immagini e i suoni trascinano il plot kafkiano di Abe, che riprende un proprio romanzo, su un piano quasi documentario, amplificandone la valenza universale. E così i punti di si sovrappongono: l’entomologo Niki Jumpei (Eiji Okada), che cerca e studia i minuscoli insetti, si trova costantemente osservato, guardato dall’alto dagli abitanti del villaggio, mentre lo spettatore finisce per osservare se stesso, la propria vita tra i granelli di sabbia.

Il linguaggio cinematografico di Teshigahara raggiunge con quest’opera la piena maturità, smussando alcune asperità del lungometraggio precedente. Liberato da un simbolismo a tratti eccessivo che limitava la fruibilità di Pitfall, La donna di sabbia è un esempio quasi paradossale di prodotto d’avanguardia con potenzialità mainstream: la forza ipnotica della messa in scena di Teshigahara, amplificata dalle sonorità di Takemitsu, con la macchina da presa che scorre tra le dune e tra le pieghe dei corpi seduce lo spettatore con visioni e suggestioni, prendendolo per mano e calandolo sequenza dopo sequenza nei panni dell’entomologo e della donna del deserto.

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Dall’abbacinante distesa di dune fino a primissimi piani che sembrano mescolare pelle sgranata e granelli di sabbia siamo messi di fronte alla storia di un uomo che diventa Storia dell’uomo, diviso tra le necessità primarie, il senso della vita e l’ancora di salvezza della passione. Avvolgente ed emotivamente coinvolgente è infatti la storia d’amore tra i due protagonisti, intrisa prima di brutalità e poi di tenerezza. Inevitabile e amara.

Premiato al Festival di Cannes nel 1964 e in corsa per due Oscar (regia e film straniero), La donna di sabbia non ha mai goduto di una sufficiente e meritata visibilità, nonostante la distribuzione home video [3]. Un’invisibilità, un’indifferenza, che avvolge e inghiotte gran parte del cinema giapponese. Come la sabbia.


1. È del celebre Sofu Teshigahara, fondatore della di ikebana Sogetsu, l’arte della composizione floreale. Seguirà le orme paterne, studiando pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Tokyo e prendendone il posto, dopo la morte nel 1979, alla guida della scuola.
2. Teshigahara esordisce alla regia nel 1953 con il documentario breve Hokusai. È del 1985, invece, Antonio Gaudí, documentario di settantadue minuti sul celebre architetto catalano.
3. Nel Bel Paese è disponibile una versione in dvd, targata Passworld, con audio originale e in italiano. Con sottotitoli in inglese, e la consueta ammirevole cura della Criterion, è disponibile invece il prezioso cofanettoThree Films by Hiroshi Teshigahara. Tre lungometraggi (Pitfall, La donna di sabbia e The Face of Another), molti contenuti extra (anche un documentario sulla collaborazione tra Teshigahara e Kabe), due documentari (Hokusai e Ikebana) e due cortometraggi (Tokyo 1958 e Ako/White Morning).

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