THOSE WHO ARE FINE [SubITA]

Titolo originale: Dene wos guet geit
Nazionalità: Svizzera
Anno: 2017
Genere: Drammatico
Durata: 71 min.
Regia: Cyril Schäublin

Alice lavora in un call center nella periferia di Zurigo, vendendo abbonamenti e prodotti assicurativi agli sconosciuti che rispondono al telefono. Dopo il lavoro vaga per la città, dove tutto sembra funzionare senza intoppi. Ispirata dal suo lavoro, Alice chiama nonne solitarie spacciandosi per la loro nipote e chiedendo soldi. Mentre con questo trucco accumula un patrimonio, il film esplora luoghi e persone di Zurigo misteriosamente collegati con le azioni di Alice.

Quattro anni dopo i sui ultimi cortometraggi Modern Times e Public Library, creati per la mostra “Culture:City” curata dagli architetti Mathias Sauerbruch e Wilfried Wang all’Akademie der Künste di Berlino, il giovane regista svizzero Cyril Schäublin torna al Festival Locarno (ha partecipato nel 2013 alla Filmmakers Academy con Winter e Modern Times) con il suo primo lungometraggio Those Who Are Fine [+] (selezionato alla sezione Cineasti del Presente), un ritratto freddo ed elegante di una prigioniera del proprio benessere.

La protagonista e filo conduttore di Those Who Are Fine è Alice, una ragazza che lavora in un call center alla periferia di Zurigo. La monotonia del suo lavoro (deve vendere abbonamenti e assicurazioni) è accentuata da una serie di piani ravvicinati sui dipendenti del call center il cui volto, impassibile, riflette la disumanità della situazione. Dopo il lavoro Alice si ritrova a girovagare per la città, apparentemente senza una meta precisa. Alice nasconde un segreto: chiama delle persone anziane facendosi passare per la loro nipote e le imbroglia supplicandole di prestargli dei soldi. Grazie a questo stratagemma il suo conto in banca aumenta di giorno in giorno, senza troppa fatica. Alice, come tutti gli altri personaggi che popolano il film, non mostra mai le sue emozioni, come una marionetta mossa da fili invisibili. Il film di Schäublin ci guida tra le strade di una città misteriosa, seducente nella sua estrema austerità, un no man’s land che attira e respinge allo stesso tempo.

In Those Who Are Fine ritroviamo la ricercatezza di Schäublin, già nei suoi cortometraggi, sorta di ossessione ricorrente che ci guida nei meandri oscuri della nostra società, iper tecnologica, (apparentemente) sicura e economicamente florida (una critica implicita, acerba della svizzera che guazza apparentemente nel benessere non è mai lontana). Il titolo stesso (“Quelli che stanno bene”), che nella versione originale ci fa pensare a un brano del cantautore, filosofo e giurista svizzero Mani Matter (anche lui portavoce di una critica sottile ma incisiva della società dei consumi), è un rimando ironico ad un’ipotetica tranquillità data dal benessere economico, dall’ipertecnologia e dal controllo.

Attenzione però, Those Who Are Fine non è un film di denuncia diretto e violento, al contrario l’atmosfera che domina il film è piuttosto calma, dolorosamente calma, glaciale, clinica. Schäblin trasmette al pubblico un messaggio ben preciso, ma lo fa attraverso l’eleganza dei piani sequenza, il distacco austero della profondità di campo, la banalità incisiva dei dialoghi (a proposito di un pacco da rispedire o del proprio conto in banca) e un’ossessione per le inquadrature dall’alto (come se ci fosse un’entità superiore, distaccata che osserva i personaggi). In Those Who Are Fine l’architettura urbana, i dettagli di azioni in apparenza banali come ritirare soldi da un distributore automatico diventano parte integrante del film, come dei personaggi tra i personaggi. Gli esseri umani dipinti da Schäublin non sono più umani che l’involucro che li accoglie (in questo caso la città). I loro visi sono inespressivi e le loro vite, malgrado un’apparente stabilità, non sono che una serie infinita di gesti ripetuti, senza passione, automaticamente. Il regista ci mostra la bellezza inquietante di un quotidiano ritmato dall’ipercontrollo. Un film dal seducente cinismo.

Guarda anche  BAD GENIUS [SubITA]

Recensione: cineuropa.org

 

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By Anam

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