THEY LOOK LIKE PEOPLE [SubITA]

Titolo originale: They Look Like People
Paese di produzione:
Anno: 2015
Durata: 80 min.
Genere: Psicologico, Thriller
Regia: Perry Blackshear

Diaboliche creature vivono sulla Terra dalla notte dei tempi nascondendosi sotto sembianze umane. Wyatt una notte riceve una chiamata che lo informa che queste stanno progettando di prendere il controllo sulla popolazione terrestre. Chiamato a far parte dell’imminente guerra tra bene e male, si arma e in caso di necessità è pronto a uccidere. Nessuno è in grado di fermarlo, neanche il vecchio amico Christian, preoccupato dello strano comportamento dell’amico.

They Look Like People è il film d’esordio del newyorkese Perry Blackshear, un tesissimo thriller horror psicologico a basso budget con accenni di sci-fi. Il film racconta di due amici, Wyatt (MacLeod Andrews) e Christian (Evan Dumouchel), che si rincontrano a New York, dopo aver perso i contatti per dieci anni. Il poco che succede in termini di eventi narrativi nel corso di un periodo di quattro giorni, è ampiamente secondario rispetto a ciò che si svolge nelle menti dei due uomini. Il film oscilla tra le loro vite esterne ed interne, i loro personaggi pubblici e segreti, ed è la dinamica tra questi aspetti e il riaccendersi del loro rapporto che guida il film a livello emotivo, creando un universo di alta suspense. Visivamente scarno, They Look Like People trasmette la sensazione di qualcosa che non ha via d’uscita. Questo può derivare da ragioni di budget, ma si adatta perfettamente all’argomento trattato, in particolare al diffuso di e alienazione che pervade i personaggi e alla minaccia incombente. Una specie di bomba a orologeria, che procede ineluttabile, con inquadrature statiche e grandi primi piani, spostandosi da atmosfere strane e inquietante ad altre in cui dominano la suspense e paura. Intanto, però, Blackshear ha molto da dire sul legame maschile e l’amicizia. Le cose sono ambigue fin dall’inizio. Il film si apre con due scene sorprendenti, che danno il tono a ciò che verrà. Un travagliato Wyatt è sveglio di notte, con fare confuso, a fissare il buio, come se fosse perplesso dallo sconvolgimento che c’è nella sua testa. Si sentono delle mosche ronzare, il crescendo del loro suono diventa un leit-motiv sonoro per tutto il film. Poi la telecamera inquadra Christian, che fa esercizi in una palestra, coltivando il corpo da culturista per una questione di autostima. Entrambe queste inquadrature sono costruite in modo ravvicinato e teso, lasciando sfuocato lo sfondo e consentendo un assaggio dei demoni interiori dei personaggi che emergeranno nel corso del film.

I due amici sono molto diversi. Wyatt è insicuro e riservato, paranoico e perso. A volte, è un “bravo ragazzo”, fedele al suo amico e incline ad abbassare la guardia nei momenti di convivialità maschile. Altre volte è un come un serpente furtivo, nascosto in attesa di colpire. Il suo comportamento è ambiguo e fa scorte di armi. Da solo nell’appartamento di Christian, nasconde misteriosamente un coltello sotto un tavolo, e carica la pistola sparachiodi nel seminterrato. Inoltre ha delle scorte segrete di acido solforico. Si intuisce lentamente che Wyatt obbedisce a istruzioni di voci sul suo telefono cellulare che lo convincono di essere circondato da mostri che hanno preso il sopravvento sui corpi umani. La guerra contro di loro è imminente, l’ingannevole voce lo informa, evocando Donnie Darko: «Sei benedetto. Puoi sentire la loro presenza», designandolo come il prescelto che deve prepararsi per la guerra. Wyatt delira, ai confini della follia, oppure le voci sono reali? Sia Andrews sia Dumouchel offrono due eccellenti prestazioni, ma è soprattutto il secondo che ci rapisce con un fine ritratto di Christian, il più sensibile dei due. All’apparenza è entusiasta, spontaneo e affidabile; sotto sotto è tutto fuorché eccentrico, ma la sua mancanza di confidenza e autostima confina con l’odio nei confronti di se stesso. Christian non sente voci misteriose; le ascolta in forma di audio libri, che ha comperato per aumentare la fiducia in se stesso. Incapace di affermarsi con le donne e in ufficio, cade vittima del loro linguaggio incomprensibile, facendolo diventare un surrogato di un superman o qualche fatua divinità. “Tu sei una montagna.” “Tu sei invincibile.” “Tu sei una roccia”. “Tutto il mondo è racchiuso in te.” Ingenuo e credulone, Christian prende il messaggio troppo alla lettera, e si trasforma nello stronzo dominante dell’ufficio. Finchè non viene licenziato per la gioia dei collghi. Le voci, come il ronzio delle mosche, sono cruciali per il film. Non solo accentuano il peso della di Christian e dell’alienazione Wyatt: aumentando la loro frequenza accelerano il consolidarsi della paranoia di Wyatt e la inculcano nella sua testa fino alle estreme conseguenze. Con semplicità agghiacciante, esse martellano i loro messaggi distruttivi (e seducenti) come se fossero spiriti disincarnati perniciosi e malefici, che portano chi le ascolta fuori dalla retta via.

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They Look Like People non è sprovvisto di momenti felici. Gli appuntamenti doppi di Wyatt e Christian. Mara (una Margaret Drake molto bella), oggetto del desiderio non dichiarato di Christian ed esperta di arti marziali, condivide con lui momenti di spensierata intimità. Quando Wyatt riesce a tenere la sua paranoia sotto controllo, condivide momenti di tenerezza maschile con Christian, ma queste scene e altre simili, fungono perlopiù come pause dalla paura e tensione crescenti. Mano a mano che la loro si approfondisce, Wyatt diventa sempre più pericoloso, e il ticchettio della bomba a orologeria aumenta. Le sue voci aumentano e stringono su di lui, intimandogli di prepararsi per la guerra. L’acido solforico è l’arma scelta, lo informano. Il suo mondo interiore non può più essere contenuto e, iniziando a palesarsi, avverte Christian dei mostri e della guerra. Inizierà alle sei del pomeriggio, ma a quel punto non sarà più sicuro che Christian sia ancora umano. Le voci di Wyatt ora sono in preda al panico e sembrano più una costruzione della sua mente, ma la porta della fantascienza è ancora aperta, nel momento in cui la tensione raggiunge il culmine, nelle straordinarie scene finali. La conclusione sorprenderà ma è coerente, in quanto Blackshear è troppo abile per adagiarsi sul colpo di scena abusato ma ancora di moda del twist. Se la conclusione sia rivelatoria, risolutiva o catartica, spetta agli spettatori deciderlo. TLLP fa parte di quel cinema low budget di qualità con molti premi ottenuti in vari festival americani al suo arco. I fan attendono con ansia il prossimo film di Blackshear, attualmente in post-produzione.

Recensione: nocturno.it

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By Anam

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