THE SADDEST MUSIC IN THE WORLD [SubENG]

Titolo originale: The Saddest Music in the World
Nazionalità: Canada
Anno: 2003
Genere: Commedia, Musicale, Vsionario, Sperimentale
Durata: 100 min.
Regia: Maddin

1933: la grande ha raggiunto il suo peggior momento. Quando Chester Kent, un impresario di Broadway ormai fallito, e la sua smemorata fidanzata Narcisa ritornano a Winnipeg, si ritrovano nel bel mezzo di una fastidiosa riunione di famiglia per non parlare dell’accesa gara nata nella fabbrica di birra per scegliere quale sia la canzone più triste al mondo.

Colpo di fulmine

Ci sono diversi livelli di lettura in questo interessante progetto artistico (chiamarlo film sarebbe riduttivo) del canadese Maddin:
– c’è la linearità di uno script che funziona (la sceneggiatura è tratta da un soggetto di Kazuo Ishiguro, autore del famoso romanzo “Quel che resta del giorno”) con personaggi strepitosi a cui abbandonarsi: affascinante, divertita e divertente Isabella Rossellini, mai stanca di sperimentarsi e questa volta nei panni di una lady senza gambe, spietata e dissoluta, che con due protesi di vetro ripiene di birra fa un baffo alla soporifera Helena dell’omonimo “Boxing” film; strepitosa l’eterea Maria de Medeiros, una delle poche attrici capaci di mantenere intatta la credibilità nel dire battute acide con un candore da educanda (“È americana? No, ninfomane!”);
– c’è la ricerca di uno stile personale in grado di reinventare la narrazione attraverso il cinema; il regista pesca a piene mani dal passato: film muti, musical hollywoodiani, espressionismo tedesco, reportage d’epoca, comiche, il tutto frullato e centrifugato fino ad ottenere immagini anticate, pervase da un grande senso di modernità. È vero cinema post-moderno che, però, non si accontenta di citare o di rifare, ma adotta e rielabora stili diversi per crearne uno nuovo, personale, autentico e comunicativo. Un’idea non troppo dissimile da quella di Baz Luhrmann in “Moulin Rouge”, con la differenza che “The saddest music in the world” ha anche una sceneggiatura efficace, con personaggi vivi e pulsanti;
– c’è un discorso politico sui giochi di potere e sullo sfruttamento delle etnie più sottosviluppate; la storia prevede infatti un concorso mondiale per eleggere la canzone più triste del mondo e mostra con ironia gli stratagemmi adottati dai singoli paesi per colpire al cuore i giudici di gara;
– il livello più entusiasmante, però, è l’assoluta follia che trasuda da ogni fotogramma; una libertà creativa mai debordante che lascia da parte l’autore e il suo ego per concentrarsi sulle potenzialità del mezzo espressivo.
Può non piacere, risultare pesante, eccessivo o magari gratuito. Ma se si sta al gioco, c’è da divertirsi ed imparare.

Recensione: spietati.it

 

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By Anam

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