THE ROE’S ROOM [SubITA]

Titolo originale: Pokój saren
Nazionalità: Francia
Anno: 1997
Genere: Sperimentale, Visionario, Musicale
Durata: 90 min.
Regia: Lech Majewski

Padre, madre e figlio, vivono in un vecchio appartamento con camere ampie e luminose e un’aria di quiete. Hanno la loro routine, ogni giorno la tovaglia bianca è accuratamente disposta sulla tavola, dal padre o dal figlio, mentre la madre porta la cena e la serve. Tutto avviene in silenzio, ci si concentra sui piatti mentre lo sguardo assente viene catturato dal televisore acceso di fronte a loro. Un giorno la madre scopre un piccolo germoglio cresciuto nella cavità di una parete, tira dolcemente, ma non riesce a estirparlo, a cedere è la parete che lo circonda… Lech Majewski, scrittore, pittore, regista nonché, in questo caso, compositore definisce Pokój saren “un’opera autobiografica”, strutturata come un’opera con tanto di libretto, la pellicola unisce musica, video e pittura con la vitalità del mondo naturale in una coinvolgente rappresentazione, quasi un inno, alla fantasia creativa e alla forza vitale che hanno riempito l’infanzia del regista.

Il film è strutturato in quattro sezioni che riflettono i cicli della natura attraverso le stagioni: primavera, estate, autunno e inverno e all’interno di queste fasi i protagonisti silenziosi e timorosi si muovono, le loro “generanti” pareti non sono di alcuna protezione contro i cicli di nascita, crescita, raccolta, e morte in questo magico giardino.

Lech Majewski è un regista, poeta, compositore e pittore nato in Polonia nel 1953 ma residente negli Stati Uniti dal 1981. Autore sperimentale, ama fondere diverse discipline nelle sue produzioni, tra le quali si può ricordare Basquiat (1996, nelle vesti di soggettista), oppure Life Hurts (1999) che racconta la vita del controverso poeta polacco Rafał Wojaczek, senza dimenticare Glass Lips (2007) opera composta da 33 video sull’infanzia di un giovane poeta che furono presentati alla 52 ° Biennale di con il titolo Blood of a Poet.Per questo Pokój saren (titolo originale, 1998), Majewski compone tutte le musiche che sono la colonna portante del film poiché ci troviamo dinanzi ad un’opera, definita autobiografica dallo stesso autore, che può essere considerata sotto certi punti di vista una vera e propria opera lirica tanto poetica e bella da vedere quanto indecifrabile nella sua sostanza.

Ciò che noi vediamo è una famiglia composta da un padre anziano, una madre e il loro figlio, vivere la quotidianità della vita all’interno del proprio appartamento, mentre in sottofondo scorrono le carambole musicali dell’orchestra sinfonica accompagnate dalle potenti voci che descrivono (più o meno, molto meno che più) ciò che accade.

L’impostazione registica è molto particolare, sfruttando il fatto di aver costruito una sorta di opera lirica, Majewski filma il tutto con teatrale; quasi tutte le scene sono riprese attraverso carrellate che si muovono in orizzontale proprio come se si stesse assistendo ad uno spettacolo in teatro e il nostro sguardo si muovesse da un punto all’altro del palco. Gli unici momenti di stacco sono costituiti dal primo piano del figlio sovrapposto ad una inquadratura in movimento sullo sfondo che fa molto Medea (1988) trieriana.
Il film si costituisce in quattro parti corrispondenti alle rispettive dell’anno. Partendo dalla primavera il regista pone un parallelo tra la vita e la natura, con il procedere del tempo all’interno della casa nasce della fitta vegetazione che verrà estirpata dal padre con una falce che si tramuta in sinistro presagio di morte. Morte che inevitabilmente arriva con il gelo dell’inverno.

Recensione: asianworld.it + pensieriframmentati.blogspot.it

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By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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