Titolo originale: Proyecto Lázaro
Nazionalità: Belgio, Francia, Spagna
Anno: 2016
Genere: Drammatico, Fantascienza, Visionario
Durata: 112 min.
Regia: Mateo Gil
Presentato al Trieste Science Fiction Festival 2016, Realive di Mateo Gil è un ambizioso lungometraggio che si interroga sui confini etici e morali della medicina futura, sulla ricerca della rigenerazione del corpo, dell’allungamento della vita, per una ipotetica immortalità. Uno scenario futuribile, ma anche una storia d’amore, una riflessione sulla memoria, sui ricordi, sul valore degli affetti passati, delle immagini che hanno segnato la nostra vita.
Finché vita non ci separi
Marc è un uomo ambizioso, di successo e con tanti progetti in corso. Quando scopre che ha un cancro terminale con un’aspettativa di vita di uno o due anni, ne rimane scioccato. Incapace di accettare la morte e la prospettiva del deterioramento del proprio corpo, Marc decide di ibernarsi nelle migliori condizioni possibili: così si suicida unicamente a questo scopo, prima che la malattia raggiunga uno stadio troppo avanzato. 2083, sessanta anni dopo: siamo alla Prodigy Health Corporation, l’istituto che ha in carico la resurrezione di Marc. Le cose non sono così idilliache come Marc aveva sperato; anzi, il suo ritorno alla vita è accompagnato da una serie infinita di problemi medici e da enormi sofferenze… [sinossi]
Il futuro ci sembra sempre più vicino. Scienza e tecnologia avanzano impetuosamente giorno dopo giorno. E, come sempre, la fantascienza si dimostra parecchi passi avanti rispetto a tanto cinema del reale, indagando oggi, adesso, il futuro che ci aspetta, interrogandosi sulle implicazioni etiche, sulle vite che vivremo, sulle persone che saremo. Fantascienza ambiziosa, a volte fin troppo, col rischio di finire per specchiarsi e di girare a vuoto su se stessa. Corre questo rischio Realive (Proyecto Lázaro, 2016) di Mateo Gil, regista e scennegiatore noto soprattutto per la fruttuosa collaborazione con Alejandro Amenábar (Agora, Mare dentro, Apri gli occhi e Tesis).
Pregi e difetti di Realive si intrecciano nei numerosi e reiterati flashback della vita del protagonista Marc Jarvis (Tom Hughes), sequenze dal montaggio a volte serratissimo e dall’estetica – forse inevitabilmente – malickiana. Sequenze indubbiamente suggestive e che danno corpo al fulcro della pellicola, all’importanza della vita vissuta, dei ricordi, anche del dolore. La persona come centro gravitazionale dell’individuo, prima ancora del suo corpo, della salute e giovinezza, della agognata vittoria della vita sul tempo. Perché l’immortalità, in fin dei conti, è solo una questione di tempo.
Mateo Gil balza in avanti, in un 2083 non troppo diverso dal 2016, connotando questo prossimo futuro con design e architetture ariose e sinuose, con un bianco dominante e altre scelte pacatamente monocromatiche. Siamo all’interno della clinica dell’avveniristica Prodigy Health Corporation, peraltro perfettamente integrata nell’ambiente naturale circostante, ma l’impressione è che la parte valga per il tutto. Un’idea di futuro efficiente, consapevole, ma non privo di lati oscuri: si torna sempre lì, ai limiti etici della ricerca, al senso della vita, al peso dell’anima. Alla centralità dei sentimenti, al contrasto con una concezione asettica dell’esistenza.
Realive riesce a far coesistere le riflessioni (fanta)scientifiche e l’altalenante e frammentaria storia d’amore tra Marc e la bella Naomi (Oona Chaplin), ma alla lunga si rivela un’arma a doppio taglio: gli insistiti flashback, seppur suggestivi e densi di significato, finiscono per prendere il sopravvento, per cannibalizzare anche gli snodi narrativi, frettolosi soprattutto nella parte finale.
Diviso un po’ forzatamente in cinque capitoli, Realive è una coproduzione targata Spagna e Francia, ma dal respiro internazionale. Gil riesce a far fruttare il non elevatissimo budget [1], Tom Hughes e Oona Chaplin funzionano, ma alla fine la pellicola scivola via, godibile, stimolante, dimenticabile. Ancora una volta, il tempo e la memoria. E una superficie un po’ troppo levigata. Presentato al Trieste Science+Fiction Festival 2016.
Recensione: quinlan.it